Oggi, S. Valentino

Oggi, S. Valentino MITI E MODI DI FARE L'AMORE Oggi, S. Valentino Oggi, 14 febbraio, è il giorno dedicato agli innamorati. Parliamo dell'amore. Dopo la psicoanalisi, l'esistenzialismo e le riforme sociali, l'amore è diventato «una passione inutile», praticata per U solo piacere del momento. Quell'impulso misterioso nelle origini e nei fini, che ha dato tanto da meditare e da scrivere, nei secoli, a poeti e filosofi, esaltando e sconvolgendo gli animi, suscitando guerre e tempeste e illuminando il nostro e ogni altro mondo, appare ridotto all'alternativa: «Andiamo in discoteca o facciamo l'amore?». Tutte le società in tutti i tempi hanno inventato ostacoli e cautele all'atto che pure è il più naturale della vita e matrice della vita stessa. Perché? Dal mito della verginità al pudore, dalla cintura di castità ai divieti morali, — e tralasciamo quelli religiosi — ogni impedimento si traduce in moltiplicazione dei preliminari e in monito per la durata, come se la mano dell'esperienza si posasse sulla spalla a frenare la natura per suggerire altri modi d'intendere e di fare all'amore. Nei giorni scorsi alla tv si è parlato del mito di Orfeo ed Euridice. Racconta il mito che Euridice, fuggendo nei campi inseguita dal pastore Aristeo, è morsa da un serpe e muore. Tanto si dispera Orfeo, che gli dei gli consentono di scendere all'Ade e di riportare Euridice alla luce, a patto di non voltarsi indietro. Orfeo non tiene il patto e perde Euridice per 'sempre. Dirà Platone nel Simposio: «Gli dei (...) cacciarono dall'Ade Orfeo inappagato, mostrandogli un fantasma della donna per la quale era venuto, senza dare lei, perché ad essi Orfeo sembrava un uomo debole, privo del coraggio di morire d'amore». E Virgilio nelle Georgiche ammonirà: «Ehu, non tua...», per dire che Euridice non gli apparteneva. Il mito è interpretabile e interpretato in vari modi; qui lo leggeremo nei termini della psicologia dell'amore. Il morso di un serpe è un incidente di natura, ma il mito dice che la donna era «inseguita dal pastore Aristeo» e la precisazione non può essere soltanto narrativa; deve avere un significato allusivo: supponiamo che il serpe sia lo stesso Aristeo. Orfeo è bello, è giovane, è glorioso nello splendore dell'amore. Che c'è di più vivo e di più naturale della bellezza che si accoppia nella festa dei sensi? Ma la bellezza è autonoma, basta a se stessa e rifiuta i complementi; cerca conferma di sé, senza accettare nient'altro che già non le appartenga. Quando l'atto amoroso si avvicina al punto estremo, sgorgano lamenti dolci e terribili: forsennatamente, con la voce, con le mani, con le unghie, col sudore, l'uno o l'altro in qualche modo cancella la bellezza, che divide, per arrivare alla «piccola morte» in un corpo solo. Nel pensiero platonico, l'amore è il mediatore tra il sensibile e l'intelligibile, di cui è privo. Figlio di Poros (l'ingegno) e di Penia (la povertà), l'amore è mancanza, è penuria, è bisogno e aspirazione. L'amore sensuale è l'esempio comprensibile a tutti di come possono unirsi due corpi estranei, ma ha in sé i segnali di altri confini. Anche nel rap porto più occasionale e fugge vole, c'è un momento, placati i sensi, di pace condivisa, di calore comune, che non è del corpo ma dello spirito. Nell'arco della vita, dai pri mi balbettii al silenzio della fine, tutto è rapporto e quel penetrare nel corpo dell'altro non ne è che l'esempio. La vita di una coppia è lunga e viva quando continua a penetrarsi, reciprocamente, nella gloria e ■nella «penuria», che è molta di più e che è di tutti, su questa terra, vivi e condannati. Immaginiamo che Aristeo apra e dimostri a Euridice quella disponibilità che insegna a godere della felicità altrui più della propria. Noi abbiamo nella nostra lingua le parole giuste: «Ti voglio bene», voglio il tuo bene, uno spazio che si aggiunge alla vita dell'altro, così che ogni atto e parola lo restituiscono a se stesso. Orfeo amava Euridice con tutta la vita che era in lui; Aristeo ama Euridice con tutta la vita che è in lei. Dirà Euridice ad Aristeo: «Perché non sei tu * Orfeo?». Dal mattino alla sera lei pensa Orfeo. Apre la finestra ed entra Orfeo, con l'aria, con la pioggia, tutta bagnata di Orfeo. Ma Orfeo non c'è mai fuori del suo letto. Il giorno che sarà sfiorita, malata o starà per morire, cercherà la mano di Orfeo e troverebbe quella di Aristeo. Questo pensiero che è entrato in lei come un veleno, immiserisce ai suoi occhi l'amore di Orfeo e la uccide, come sempre il solo amore carnale uccide se stesso. Quando Orfeo discende all'Ade, si volta indietro ricordando i loro tempi felici, piange per ciò che aveva e che ha perduto, mentre dovrebbe piangere per ciò che non aveva, che non ha visto, non ha amato e che per questo è perduto per sempre. «Ehu, non tua...». Le lacrime bisogna guadagnarsele molto prima. / Tutto ciò potrà sembrare mitico, eroico, impraticabile, mentre diventa minuto e quotidiano se ci si affida alla grazia. Che cos'è la grazia? E' l'autenticità, peso specifico dell'amore; è ragionare secondo il proprio sesso e non secondo quello dell'altro; è amare l'intimità più della bellezza; è la capacità di adattare le circostanze a se stesse: sembra che i fatti siano un acciottolato irregolare, non modificabile: la grazia è una luce che cambia le ombre. Pulire la realtà di ciò che al momento non le appartiene, pone l'uno di fronte all'altro, da una parte l'incidente nelle sue presenti dimensioni e dall'altra la smisurata capacità della natura: una luce che cambia le ombre. Vengono i giorni bui e i colpi brutti, vengono i silenzi come fossati limacciosi. La grazia li guada a passo lento tentando col piede il fondo. Le parole si fanno umili come barchette di carta e a poco a poco il silenzio si sgretola, disarmata e disarmante, e riapre le imposte alla vita in comune. Anche l'eroismo femminile, che è capace di raggiungere il sublime, si nutre di attenzione minuta, di mezzi vecchiotti e casalinghi come gli impiastri e gli unguenti, che richiamano la continuità del tempo. L'autenticità è la limpidità dei silenzi; la grazia è il timbro che la convalida. Nelle vecchie osterie si trovano ancora quei vetri a collo svasato col timbro in rilievo, che garantisce la quantità. Oggi non usano più e le bottiglie da «un litro» contengono un quarto di meno. Si tratta di questo anche nell'amore. Nel giorno di San Valentino sacro agli innamorati, ho tracciato il ritratto della grazia di una moglie amorosa, la mia, alla vigilia delle nozze d'oro. Valentino Bompiani

Persone citate: Ade Orfeo, Modi, Platone, Valentino Bompiani

Luoghi citati: Aristeo