L'eurocomunismo muore a Barcellona? di Frane Barbieri

L'eurocomunismo muore a Barcellona? PARLANO I PROTAGONISTI DEL GOLPE CATALANO CONTRO CARRELLO L'eurocomunismo muore a Barcellona? I leninisti che hanno cancellato il termine dal documento programmatico non sono che la punta di urilceberg - Dice il segretario del partito comunista spagnolo: «C'è un piano preciso per liquidare l'eurocomunismo qui e negli altri Paesi» Frutos, capo dei golpisti, afferma: «L'abbiamo abolito perché si identifica con la svolta a destra e con Fantisovietismo» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BARCELLONA — L'eurocomunismo è nato a Madrid. Si vorrebbe che ora morisse a Barcellona. Durante il congresso del partito della Catalogna, con un improvviso e ben congegnato attacco in contropiede gli anticarrillisti hanno fatto cancellare dal documento programmatico la parola -eurocomunismo». Per niente sintattica, la soppressione del fatidico termi¬ ne ha avuto come effetto il rovesciamento dello stesso gruppo dirigente del psuc. Il presidente e il segretario, Lopez e Guttierez, si sono ritirati per cedere il passo agli esponenti dell'ala leninista, Ardiaca e Frutos. Prima delle votazioni, l'emendamento è stato illustrato con motivazioni piuttosto curiose: «Noi che non siamo filosovietici però nemmeno antisovietici, noi che credia- mo necessario conservare l'unita del movimento comunista internazionale, noi pensiamo che il termine eurocomunismo non ci aiuti ad avanzare politicamente... . immensa maggioranza dei militanti non si sentirà rappresentata dall'eurocomunismo». Hanno detto sì a questa impostazione 424 delegati, hanno detto no 359, con 21 astenuti. In un primo momento sia i vincitori sia i vinti, ugualmente sorpresi e frastornati, cercavano di riparare sostenendo che «una parola non può dividere il partito» (tanto meno se si tiene conto che la relazione eurocomunista di Guttierez era risultata approvata a larga maggioranza). A sciogliere le ambiguità sono stati gli stessi filosovietici. Per suggellare il successo hanno fatto approvare un altro emendamento che fissa, nel «confronto fra i Paesi socialisti e l'imperialismo», «una delle principali manifestazioni della lotta di classe a livello internazionale». Non è passato il tentativo di porre l'Unione Sovietica «alla guida» di questa lotta, ma è rimasto sottinteso, come non è passata nemmeno la tesi secondo cui nell'Afghanistan «si salva una rivoluzione». Tuttavia, con quell'emendamento aggiuntivo, la soppressione dell'eurocomunismo e il riflusso anticarrillista del congresso hanno acquisito i loro precisi connotati. Il colpo è stato assestato nel punto giusto e nel momento giusto. Il partito catalano è la più forte componente del pc spagnolo, doveva essere anche il caposaldo della linea eurocomunista dato che la Catalogna, per posizione e sviluppo, viene considerata la più. europea delle regioni spagnole. Tornato precipitosamente dalla Romania, Carraio ha convocato subito l'esecutivo per sentenziare: «Il congresso del psuc ha rappresentato l'abbandono della politica finora seguita. Ciò comporta il grave rovesciamento delle posizioni dei comunisti catalani con ripercussioni molto negative nella Spagna e nell'intero quadro europeo». Incontro Carrillo nella nuova sede del pce, appena inaugurata nella Calle Santisima Trinidad, avendo lasciato il famoso ^bunker* sotterraneo. Un attacco se lo aspettava. Era del resto una specie di parafulmine per tutte le frecciate antieurocomuniste. Ma non credeva che avvenisse in questi termini: •E' un cambio radicale di orientamento che non sta solamente nella soppressione del termine, ma in ciò che risulta dominante nel contenuto delle tesi programmatiche». La manovra viene da lontano, da dove vennero anche le aspre critiche al suo libro e all'ultimo congresso del suo partito, quando fu soppressa la qualifica di leninista? Dice Carrillo: «Noi non attribuiamo i risultati del congresso del psuc essenzialmente alle manipolazioni di una mano straniera, di un direttore d'orchestra occulto. Ma ciò non vuol dire che non esista qualcosa di simile. E che non ci sia un piano preciso per liquidare l'eurocomunismo in Spagna e negli altri Paesi. Questo esiste, è una nostra profonda convinzione». Car- mio non ha dubbi nemmeno sul momento prescelto per l'operazione: «Siamo consapevoli che prima del nostro decimo congresso possono essere tessute delle reti che operino in questo senso. Di fronte a queste difenderemo il partito e la sua politica eurocomunista. Questa e non altro sarà la vera battaglia dei prossimi mesi». A Madrid non è un segreto per nessuno che i sovietici sono in piena azione per smontare le preponderanti posizioni di Carrillo in seno al partito. Puntano soprattutto sulla federalizzazione del pce, sulla scia del processo di decentramento e di autonomia regionale dello Stato spagnolo. Forti fronde anticarrilliste si sono fatte sentire, contestandogli i presunti eccessi centralistici della segreteria, oltre che nel partito catalano anche nel partito basco, in quelli della Galizia, delle Asturie e delle Canarie. Nella stessa Moncloa, a livelli governativi, credono di intravedere un disegno strategico atto a creare dei capisaldi filosovietici lungo tutta la fascia periferica, di frontiera, e tendenzialmente centrifuga, della Spagna. Nella Catalogna i sovietici non si sono preoccupati tanto di camuffare la loro operazione. Il veicolo principale dell'ideologia antieurocomunista, la rivista Novoe Vremja, stampata in spagnolo come Tiempos Nuevos, è la lettura più diffusa fra i comunisti, anche perché distribuita gratuitamente. Migliaia di militanti sono stati portati in vacanze più o meno gratuite nell'Urss dall'-Aeroflot». L'ambasciata sovietica, come mi dice un funzionario comunista, si occupa più del pce che dei rapporti con il governo spagnolo. Carrillo tuttavia non attribuisce un valore decisivo alle manovre sovietiche quando giudica il riflusso dell'eurocomunismo. Sono le circostanze interne e la situazione internazionale a non aver «concesso il tempo sufficiente perché l'eurocomunismo si sviluppi e affondi le radici». La crisi economica, l'aggravarsi dei problemi sociali, la frustrazione degli immigrati nelle zone industriali, la crescente disoccupazione, specificamente in Catalogna, dove la società opulenta sta per crollare, tutto insieme ha portato alla radicalizzazione. «Come i cattolici ritornano alla religione, cosi i comunisti si rifugiano nei vecchi valori religiosi nei momenti di tensione». La congiuntura mondiale non ha fatto che aggravare i fenomeni involutivi. Riemergono i blocchi, si approfondiscono le spaccature e i militanti si pongono meccanicamente la domanda: «Con chi stiamo? Chi ci difenderà se non l'Urss?». Il vero problema, secondo Carrillo, è quello della «incultura politica». Il numero due del pc spagnolo, Sanchez Monterò, attribuisce buona parte delle colpe per il rovescio catalano alla debolezza e all'ingenuità dei dirigenti deposti. Se non di eccesso di democrazia parla di una democrazia «malintesa». Guttierez infatti ha messo in discussione le tesi programmatiche senza preoccuparsi di difenderle. Ha lasciato che le Agrupaciones, le sezioni, facessero tutti gli emendamenti che volevano, eleggessero i delegati che volevano per sostenerli al congresso, senza badare che in un momento di calo generale del partito (un terzo non ha rinnovato le tessere) alle assemblee partecipava soltanto il 15 per cento: i più impegnati e radicali, in maggior parte leninisti e filosovietici. Secondo Sanchez Monterò, •la democrazia malintesa ha creato una pericolosa ambiguità si prendevano risoluzioni in cui trovavano posto il bianco e il nero, il che ha dato un margine di manovra alla corrente afghana, da sempre minoritaria nel psuc». A Barcellona vado a vìsitare Antonio Guttierez, il segretario sconfitto, per verificare le ragioni della débàcle eurocomunista e sentire che cosa dice sui rimproveri che gli vengono mossi anche da Madrid. Lo trovo in un ufficio semiclandestino. E' la controcentrale del psuc da dove si prepara la rimonta degli eurocomunisti. Medico pediatra di professione, non ha alcuna intenzione di ritornare all'ospedale. Punta sulla Calle audaci, sede del comitato centrale, anche se vede il recupero come «un'operazione a lungo termine». Alle votazioni finali è risultato pur sempre il candidato più votato fra i membri del nuovo comitato centrale. «Non ho voluto accettare però l'offerta di rimanere segretario per non dare un avallo personale all'involuzione conservatrice». Scopro che, pur essendo eurocomunista convinto e combattivo, è molto meno carrillista. C'è in tutti i catalani una vena di opposizione verso il centro di Madrid. Ma Guttierez si differenzia anche sul metodo. Respinge le critiche di ingenuità e democrazia malintesa. Spiega: «Ho voluto stimolare il dibattito, non gestirlo. Non c'è eurocomunismo senza una discussione democratica. La democrazia, anche interna del partito, dev'essere una qualità insostituibile dell'eurocomunismo». Perciò, in chiara polemica anche con Carrillo, oltre che con i leninisti, intende «battersi per il rilancio dell'eurocomunismo non più come imposizione dall'alto ma come riflessione alla base». Guttierez scarta subito le manovre sovietiche come fattore decisivo della sua sconfitta. Spiega: «Se qualcuno dalla distanza di 6000 chilometri mi batte politicamente a Barcellona, mi tolgo tanto di cappello. La direzione e il segretario generale hanno nel partito più forza e più strumenti che gli agenti stranieri. I sovietici operano, ma ciò non è determinante quando è la situazione che li ha aiutati. Noi siamo scaturiti dall'Ottobre e questo pesa sulle nostre mentalità e la nostra capacità di trasformazione anzitutto nei momenti generalmente scoraggianti come quello attuale». 17 nuovo segretario generale del psuc si chiama Francese Frutos, mi è stato descritto da Guttierez come un «bravo e onesto compagno» che si è fatto avanti per salvare il partito dopo il suo ritiro e ora sarebbe un po'confuso di fronte alle responsabilità capitategli. Frutos è leninista, ma non filosovietico, e sarebbe asceso tramite la breccia aperta al congresso dalla corrente filosovietica. La differenza fra le due frazioni sarebbe: i leninisti sono ortodossi ma critici verso il. socialismo reale mentre i filosovietici avrebbero una posizione nostalgica verso l'Urss. Passando da quella -parallela» alla sede ufficiale del psuc non ho trovato Frutos per niente confuso né incèrto nel ruolo che si è assunto. Lo ricordavo ancora dal turbolento congresso di Madrid quando fu il portavoce della corrente che si opponeva alla soppressione della qualifica leninista del pce. Infatti ritorna subito su quel tema: «Non si poteva rinunciare al leninismo senza un dibattito approfondito, soltanto in base a una conferenza stampa di Carrillo tenuta negli Usa. Anche Berlinguer, qui a Barcellona, aveva dichiarato che non poteva discutere su un tema tanto complesso in una conferenza stampa». Quando gli chiedo di spiegarmi l'abbandono dell'eurocomunismo, Frutos scarta le intromissioni sovietiche, ma va al di là delle circostanze oggettive: «Non si spiega tutto con il fatto che la Catalogna prospera si trovi in crisi e causi la radicalizzazione sociale. Nell'abolizione del termine "eurocomunismo" ha giocato di più la valutazione della maggioranza dei delegati secondo cui l'eurocomunismo s'identifica con una svolta a destra de! partito. Con i patti della Moncloa il partito aveva perduto la propria immagine. Eurocomunismo era sinonimo di "derechizacion": perciò non è stato accettato come termine programmatico. Viene considerato eventualmente un termine politico commerciale». Poi ha funzionato pure il cordone ombelicale: «C'era la paura che l'eurocomunismo potesse rompere la solidarietà internazionalista e avere un riflesso antisovietico». A Madrid mi avevano messo in guardia: «Frutos farà finta che non sia successo nulla». Al contrario, Frutos è convinto che succederanno ancora tante cose: «Dopo le dichiarazioni dell'esecutivo del pce e di Carrillo sorgono grandi difficoltà che non si riferiscono soltanto alla soppressione del termine ma a tutta l'analisi della politica del pce e delle sue prospettive future». 17 golpe di Barcellona non è che una punta di iceberg, sotto la superficie traspaiono i contorni di una vasta offensiva contro Carrillo, ma anche di una crisi del leader eurocomunista più esposto e, perché no, di tutto l'eurocomunismo. Frane Barbieri