Storie antiche del Medio Evo piacentino «prigioniere» fra le mura del Municipio di Ernesto Leone

Storie antiche del Medio Evo piacentino «prigioniere» fra le mura del Municipio Fra i ritrovamenti, il metro-campione dei tessitori Storie antiche del Medio Evo piacentino «prigioniere» fra le mura del Municipio PIACENZA — Anche un Municipio può diventare una zona archeologica. Capita a Piacenza, nel cui antico palazzo municipale si susseguono da qualche tempo «scoperte» che destano sorpresa e sollevano interrogativi. «Altro che di vetro, questa è la casa dei misteri», potrebbe dire qualcuno in vena di battute, se non fosse che le scoperte non avvengono fra le montagne di carte inevitabilmente accumulate dalla burocrazia. Le sorprese giungono dai muri stessi del palazzo, dagli antichi mattoni che sembrano custodire davvero le tracce di secoli di storia cittadina. Per avere un'idea della situazione, bisogna sapere che il Municipio di Piacenza sorge in un gruppo di edifici di varie epoche che formano un'intero isolato nel cuore della città. Da lato c'è piazza Cavalli, dagli altri piazzette minori. La perla» di questo complesso è rappresentata da Palazzo Gotico, un edificio che venne costruito nel xill Secolo per le adunanze pubbliche e che i testi di storta dell'arte indica¬ no fra i più importanti esempi dell'architettura civile pubblica della nostra penisola. Il «Gotico» — come lo chiamano familiarmente i piacentini — non ha più molta importanza dal punto di vista pratico, serve ormai solo per qualche esposizione. Tuttavia mantiene un'enorme importanza simbolica; assieme ai cavalli farnesiani della piazza e alla lupa capitolina, rappresenta il vero emblema della città, un po' come il Duomo per i milanesi e la Mole Antonella n& per i torinesi. Il palazzo è giunto fino a noi più o meno come è stato costruito: il pianterreno formato da un portico con i grandi archi gotici che danno il nome dell'edificio, il primo piano costruito da un'unica grande sala (700 metri quadrati). Modifiche però ce ne sono state, anche se non hanno mutato l'impronta d'assieme. Finora si era ritenuto di sapere tutto sulle vicende architettoniche di questo palazzo, ma si tratta di una sicurezza infondata. Il piccone, ha recentemente portato alla luce addirittura uno scalone di cui non si conosceva l'esistenza. La scoperta è stata fatta durante i lavori per il rifacimento del pavimento di un ufficio. Sotto le piastrelle sono stati trovati alcuni gradini in muratura che hanno indotto a proseguire Massaggio. E' saltato fuori lo scalone di cui si è detto: naturalmente non un manufatto completo di marmi e rivestimenti, ma comunque una lunga rampa che finisce, si è poi accertato, sopra la volta dei portici. E' saltato fuori, insomma, che un tempo doveva esserci.una grande scalinata che saliva dal pianoterra del porticato; anzi dovevano essercene due considerando le tracce che una «rilettura» lascia adesso intravedere in posizione simmetrica alla prima scala, sul lato opposto del palazzo. Probabilmente le rampe iniziali, sotto il porticato, erano in legno e non in muratura. Un altro rinvenimento è stato fatto spostando un armadio in un ufficio nelle immediate adiacenze del salone del Gotico. Dietro il vecchio mobile è stata trovata una singolare asta di ferro, fissata ad un incavo, sopra una stri scia di pietra arenaria che porta incisa una scritta in latino di non chiara interpretazione. Per la verità l'esistenza di questa misteriosa testimonianza non era proprio sconosciuta; si può meglio dire che fosse stata dimenticata. La recente riscoperta ha però stimolato un ulteriore approfondimento della questione che ha portato alla soluzione del mistero. Adesso sembra quasi l'«uovo di Colombo», dato che l'asta metallica è nientemeno che il «metro» dei sarti e dei mercanti piacentini di cinquecento anni fa. La sbarra serviva come termine di comparazione per le stecche di legno che i venditori di stoffa usavano per misurare le loro pezze. La stecca, per essere in regola, doveva combaciare esattamente con la sbarra: misurava cosi esattamente «due braccia da tela e da panno», cioè 135 centimetri di oggi. Bisogna dire che Palazzo Gotico ebbe, fra le tante, anche la funzione di ufficio metrico ante litteram. Nella struttura dell'edificio sono tuttora incorporate le varie «misure unificate» che servivano come confronto per chi ne aveva bisogno. Nei pilastri dei portici, si trovano ad esempio, incavati a forma di tegola e di mattone che servivano di paragone per chi doveva fabbricare o comperare materiali da costruzione del genere. Bastava inserire i campioni per avere il raffronto. Ernesto Leone

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