Anni di fuoco nell'Ulster di Mario Ciriello
Anni di fuoco nell'Ulster OSSERVATORIO Anni di fuoco nell'Ulster La storia dell'Irlanda, con tutte le sue passioni e le sue lotte, è stata dipinta, durante queste settimane invernali, da due vivide narrazioni televisive: e il passato non è sembrato molto diverso dal presente. Violenze, paure, minacce, il ciclo continua. Anche i riti sono sovente i medesimi. Ora, è di scena il reverendo Ian Paisley, con una magnifica interpretazione di sir Edward Carson, il «padre» dell'Ulster protestante. Il tonante sacerdote ha assunto la regia di una rievocazione degli «anni di fuoco» 1911-1912. Che sta accadendo? Per comprendere le attività di Paisley nonché l'aumento in quello che le autorità definiscono tuttora «un livello tollerabile di violenza» (in tre giorni, l'Ira ha ammazzato due poliziotti e, dopo aver fatto scendere il suo equipaggio, ha affondato una piccola carboniera al largo della contea di Donegal), per comprendere questo e altro, bisogna fare un passo indietro: e tornare al vertice pre-natalizio anglo-irlandese. I due premier, Thatcher e Haughey, costituivano vari «gruppi misti di studio» e affidavano loro un incarico ambizioso e urgente: un esame della «totalità delle relazioni» Londra-Dublino. Subito, la maggioranza protestante nell'Ulster chiedeva ragguagli alla signora Thatcher, la quale invece si chiudeva in un silenzio inviolabile, tanto più sconcertante in quanto il premier Haughey non nascondeva invece che i «gruppi di studio» avrebbero discusso anche la questione nord-irlandese. Haughey dice il vero: è evidente che un discorso su tutti i futuri rapporti Lnldtltcvtgzsflgp Londra-Dublino non potrà non abbracciare la possibilità di creare qualche canale diretto di comunicazione tra Dublino e Belfast. Cosi la reazione dei «falchi» protestanti non poteva essere che una: «L'Inghilterra vuole disfarsi dell'Ulster». E' una reazione infondata, perché, come Londra ha garantito più volte, la «posizione costituzionale dell'Ulster» non potrà essere modificata senza il consenso della maggioranza, una maggioranza che é saldamente protestante. Ma i sospetti e timori si erano adesso acuiti, e Paisley li sfruttava. Indossava i panni di sir Edward Carson (il leader che aveva organizzato le masse protestanti dell'Ulster), ne imitava i gesti più teatrali. «Non ci lasceremo vendere a Dublino. Non vogliamo far parte dell'Eire. Siamo pronti a morire». ~ Venerdì sera, Paisley invitava cinque giornalisti e mostrava loro, nell'oscurità, tra le colline dell'Antrim, cinquecento uomini, il «nucleo di un esercito». Ieri, sempre copiando Carson, Paisley annunciava una serie di undici dimostrazioni ed esortava i protestanti a firmare un Covenant, un patto solenne. Il gioco di Paisley é chiaro: mira a sottrarre seguaci ai movimenti protestanti più moderati e a rafforzare ulteriormente il proprio, il democratic limonisi party. Ancora poche settimane e i nord-irlandesi voteranno alle elezioni amministrative. Con le sue folgori, Paisley arroventa però una temperatura già scottante. Gli ultras protestanti tornano sul «sentiero di guerra»; l'Ira azzanna occhio per occhio, dente per dente. Mario Ciriello Paisley, il tonante reverendo dell'Irlanda protestante
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