Il vento Usa a Gerusalemme di Giorgio Romano

Il vento Usa a Gerusalemme OSSERVATORIO Il vento Usa a Gerusalemme 1 rapporti con Washington sono di nuovo al centro delle inquietudini di Gerusalemme dopo che l'amministrazione Reagan è entrata in carica e mentre si inizia nello Stato ebraico la campagna elettorale per la consultazione del 30 giugno. Poiché non mancano incertezze e contrasti tra le promesse elettorali del presidente eletto e le prime dichiarazioni e atti del suo governo, i politici israeliani cercano di decifrare, dal comportamento iniziale, quali saranno i prossimi sviluppi delle relazioni tra i due Paesi e l'atteggiamento americano nella complessa situazione del Medio Oriente. La reazione ufficiale di Israele all'intervista concessa qualche giorno fa da Reagan alla stampa, in cui si è parlato del Medio Oriente, è stata cauta e si è limitata a contestare le parole del presidente circa gli insidiameli ti nei territori occupati che, a suo avviso, sebbene legali, costituiscono provocazioni non necessarie. I giornali sono stati più aggressivi ricordando tra l'altro le dichiarazioni anche recenti di Reagan sull'Olp quale organizzazione terroristica, non rappresentante legittima dei palestinesi. Anche il discorso del segretario di Stato alla Difesa, Caspar Weinberger, sulla propensione dell'America a inviare truppe in Israele qualora ne fosse richiesta, è stata confutata ribadendo che Gerusalemme non vuole soldati americani per la sua.difesa, ma è disposta a mettere a disposizione degli Stati Uniti installazioni per accrescere le capacità strategiche americane nella regione. In questo contesto è intervenuto il ministro degli Esteri Itzhak Shamir, che si rivela molto più duttile di quanto non si ritenesse al momento della sua nomina undici mesi fa. Shamir ha dichiarato che «rei sono fondati elementi per ritenere che sotto l'amministrazione Reagan le relazioni tra i due Paesi saranno più strette che nel passato, perché le voci che giungono da Washington sono molto incoraggianti». Queste e altre espressioni sono state pronunciate all'indomani del primo incontro ufficiale dell'ambasciatore israeliano Efraim Evron col segretario di Stato Alexander Haig. E' stato deciso che Shamir si recherà a Washington a fine mese e per incontrare Haig, e per discutere il problema della forza internazionale. Questa, secondo gli accordi di Camp David, deve pattugliare il Sinai e Israele chiede agli Usa di rinnovare gli sforzi per cercare Paesi disposti a partecipare alla sua formazione. La visita di Shamir a Washington, nel corso di un viaggio che si accinge a compiere nel Messico, appare ancor più importante dopo le voci discordi circa il viaggio in America di Begin e la notizia, trapelata dalla Casa Bianca, che Reagan non avrebbe ricevuto il premier israeliano negli ultimi due mesi che precedono le elezioni. Fonti vicine al presidente hanno hanno affermato che Reagan intende ricevere tanto Sadat che Begin a Washington separatamente nelle prime settimane di aprile. Le stesse fonti hanno escluso la possibilità di un vertice americano-egiziano-israeliano prima della consultazione popolare in Israele. Un'altra notizia incoraggiante è stata quella che lo Stato di Israele non è incluso nei tagli che l'amministrazione americana intende portare negli aiuti ai Paesi stranieri e che probabilmente, per compensare le forniture d'aerei e accessori all'Arabia Saudita (che tanto inquietano Gerusalemme), Israele riceverà certe forniture supplementari. Giorgio Romano Begin: l'incontro con Reagan dopo il responso delle urne