Alto Adige, l'etnia über alles

Alto Adige, l'etnia über alles LE PICCOLE PATRIE ITALIANE TRA TENSIONI E ASSIMILAZIONI Alto Adige, l'etnia über alles Al prossimo censimento ognuno dovrà dichiarare con effetti giuridicamente vincolanti la propria appartenenza etnicolinguistica: tedesca, italiana, ladina - Un sistema rigido per distribuire impieghi pubblici e alloggi in proporzione alla consistenza dei vari gruppi - Dure polemiche - «Tagliano e cuciono Stati e Regioni e Province sulla nostra pelle» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BOLZANO — Walther von der Vogelweide, poeta medievale di queste montagne, guarda corrucciato dal suo piedistallo di pietra verso il ponte Druso, che essendo intitolato al conquistatore romano della Rezia ha evidentemente intenti celebrativi del tutto diversi. Una volta la statua del bardo tirolese dominava la piazza che porta il suo nome. Ma per i fascisti un simbolo così tedesco nel cuore dell'-italianissima Bolzano» stonava maledettamente: e così una notte lo trasferirono in questo giardinetto un po' fuori mano. «Presto lo riporteremo al centro della Waltherplatz», dice Bruno Hosp segretario della SUdtiroler Volkspartei. Sarà un altro piccolo passo verso il recupero delle radici, da sempre al centro dell'azione di questo mpartito di raccolta' degli altoatesini di lingua tedesca. Si fa un gran parlare di radici, a Bolzano. Non ne parlano soltanto i tedeschi. E non se ne parla soltanto in termini di recupero. «Molti di noi rinnegheranno la propria identità etnica», dice il ladino Eugen Stuffer. L'occasione di simile abiura è indicata nel censimento che si farà il prossimo ottobre. Allegata al modulo statistico ci sarà una carta in cui ognuno dovrà indicare l'appartenenza a uno dei tre gruppi etnico-linguistici: tedeschi, italiani, ladini. Sarà una dichiarazione giuridicamente vincolante per dieci anni, fino al prossimo censimento. Perché dunque i ladini, e non soltanto loro a quanto si dice, potrebbero dichiararsi per un gruppo diverso? Perché è sulla base della dichiarazione che sarà applicata la proporzionale etnica, pilastro della politica di autonomia praticata dalla Volkspartei. Ciò significa che le assegnazioni di impieghi pubblici, di alloggi sovvenzionati, di contributi e benefici di varia natura, saranno direttamente collegate allo status di cittadino appartenente a uno dei tre gruppi. «Un sistema rìgidamente garantista, dice il ladino Stuffer, che all'esterno delle nostre vallate ci taglia fuori da tutto». Se infatti in Val Gardena e Val Badia i ladini, che sono maggioranza, continueranno a godere della loro locale posizione di forza, nel resto della provincia, dove rappresentano globalmente non più del quattro per cento, non avranno nemmeno le briciole. •Quattro per cento significa che un posto è garantito soltanto in organici di almeno venticinque persone: ora, poiché non ci sono organici cosi numerosi ai livelli direttivi delle amministrazioni pubbliche, è chiaro che la gente ladina è condannata a ruoli subordinati». Ecco perché molti di loro saranno tentati di dichiararsi tedeschi. •Vedrà che al censimento il nostro gruppo andrà sotto la sua quota tradizionale». Volontà di assimilazione? «Forse no: ma certo l'effetto è esattamente questo». Il censimento, o meglio questa parte del censimento, ha aperto a Bolzano una vivace polemica. Gli oppositori parlano di «opzione», richiamando così il sinistro precedente dell'accordo italo-tedesco del 1939. Allora i sudtirolesi furono chiamati a scegliere: o il Reich germanieoo la loro terra italianizzata. Alternativa drammatica, e resa ancor più tale dal fatto che l'Austria, loro naturale punto di riferimento, ormai non esisteva più dopo l'Anschluss. Così molti abbandonarono le loro vallate e presero i treni del nord, preferendo l'identità linguistica alle stesse radici territoriali. Certo il richiamo a questo precedente appare forzato. Ma si va anche oltre. Alex Langer, consigliere provinciale del gruppo Neue LinkeNuova sinistra, parla di apartheid, di compartimentazione etnica, di soluzione libanese o cipriota. Dal punto di vista culturale, il suo discorso è dì grande interesse: «Perché dovrei dichiarami tedesco, o italiano, o ladino? E se la mia identità non corrispondesse a nessuna di queste definizioni, se io mi sentissi semplicemente sudtirolese?». E' il discorso che quelli della Volkspartei non vogliono sentire. «Si può anche immaginare un Tiralo diverso, dice Bruno Hosp: ma per noi sarebbe la fine». In quella che definisce «promiscuità culturale» il segretario della svp vede il pericolo della resa etnica. Qualche tempo fa i comunisti proposero Che l'insegnamento della seconda lingua, italiano per i tedeschi e tedesco per gli italiani, previsto dallo statuto a partire dalla seconda elementare, venisse anticipato alla scuola materna. Dura opposizione della svp: perché si vuol difendere lo statuto C«se lo tocchiamo in un punto, non si sa dove si va a finire-;, ma anche perché si accetta sì il bilinguismo, ma non una società bilingue, una cultura mista. S'insiste sulle 'due culture», anzi tre, si respinge la «commistione». / dirigenti della svp si rendono ben conto che non è facile spiegare questi atteggiamenti: «Bisogna avere alle spalle la snazionalizzazione fascista, per poter capire». / monumenti imperiali di piazza della Vittoria, Siegesplatz, come vuole un bilinguismo toponomastico in questo caso pesantemente ironico, danno corpo allo spettro dell'assimilazione. Una ferita Brucia ancora la vecchia ferita, di cui questo improbabile trapianto di romanità in pieno Tiralo è il simbolo, la cicatrice. Anche se poi pare abbastanza remoto un rischio di assimilazione per una 'minoranza' che gestisce un territorio dove conta i due terzi della popolazione, che tanta è la forza relativa dei sudtirolesi di lingua tedesca. Tanto che qualcuno comincia a indicare negli italiani, per non parlare dei ladini, la vera minoranza minacciata: e un attentato recente ha dato a questo stato d'animo, serpeggiante e insidioso, la voce tradizionale del tritolo. A parte questo, il censimento pone alcuni problemi particolari, come quello delle famiglie miste. Gianna Mascis Benedikter è di madrelingua italiana, ha sposato un sudtirolese tedesco, ha due figli che frequentano la scuola tedesca e sono perfettamente bilingui, anche se uno di loro qualche giorno fa si è lamentato con la madre: «Gli italiani mi hanno dato del crucco». Dunque, in un caso come questo, «come diavolo dichiareremo la nostra appartenenza?». E i figli, con madrelingua e «padrelingua» diverse? E' vero che è stata messa a punto una norma, per cui il ragazzo che compie diciott'anni può fare entro sei mesi la sua dichiarazione al di fuori del censimen to. Ma parecchi problemi restano. C'è anche quello degli alloglotti: alcune centinaia di sudtirolesi con madrelingua diversa dalle tre dominanti. Cosi la Mascis Benedikter è fra gli animatori di un «comitato d'iniziativa contro le opzioni 1981». Il programma di azione resta da definire, lo si farà in un convegno il mese prossimo. Ma già un obbiettivo minimo è stato fissato: che si consenta la possibilità di una dichiarazione di appartenenza plurima: italiano e tedesco, ladino e tedesco, ladino e italiano. mente tenere una porta aperta sul futuro Piuttosto, aggiunge Hosp, ci sono ancora norme di attuazione da definire. Il bilinguismo negli uffici giudiziari, nella polizìa. Il tribunale amministrativo regionale, che la svp vuole di unica istanza, a meno che non si studi un sistema di appello su base paritetica. Si parla di un grande disegno da perfezionarsi. •Noi non abbiamo problemi di quantità dello sviluppo: noi puntiamo ora alla qualità». In questa provincia che gode il raro privilegio della piena occupazione, chi ha consuetudine con i guai nazionali ha l'impressione di trovarsi su un altro pianeta. Non che non esista una questione sociale, dicono quelli di Neue Linke: anzi è proprio questa che si vuole esorcizzare, trasferendola sul piano etnico. Langer parla di •spartizione svp-dc, all'insegna della conservazione», di un etnocentrismo estremo, studiato per chiudere la porta davanti a ogni dibattito politico. Il caso dei ladini è un po' a parte. «Siamo il terzo incomodo dell'autonomia, e cosi ci rinchiudono nelle riserve», dice Eugen Stuffer. Strano destino, il loro. Sono ciò che resta dei Reti, abitatori celtici di queste montagne prima delle irruzioni romane e germaniche. Vivono sparsi su un'area che dal cantone svizzero dei Grigioni, attraverso le Dolo/miti, arriva al Friuli. Hanno sempre sognato una loro regione, le loro valli unite in una sola amministrazione, qualcosa di simile al regno leggendario dei Monti Pallidi. Invece, eccoli divisi fra tre regioni: tutelati a Ortisei ma non a Cortina. «Il guaio, dicono, è che i confini li fa la gente di pianura. Gente che non capisce come uno stesso popolo possa abitare i due versanti di una stessa montagna. E cosi tagliano e cuciono Stati e Regioni e Province, sulla nostra pelle». Alfredo Venturi Sylvia Lady Chatterley Los Angeles. Sylvia Krìstel si prepara a girare «L'amante di Lady Chatterley», tratto dal romanzo di D.H. Lawrence (Tel.)

Luoghi citati: Alto Adige, Austria, Bolzano, Cortina, Friuli, Los Angeles, Ortisei