Usa e Urss: chi più malato? di Paolo Garimberti

Usa e Urss: chi più malato? IN UN LIBRO DI RONCHEY DUE GIGANTI A CONFRONTO Usa e Urss: chi più malato? All'alba deeli Anni Settanta All'alba degli Anni Settanta La Stampa, diretta allora da Alberto Ronchey, propose un polemico confronto tra i due massimi sistemi del globo: l'America, società «repubblicana», pluralistica, protestante e devota all'etica della responsabilità personale; e la Russia, società «monarchica», militare, ortodossa e devota alla velikoderzhavnost, l'ideocrazia di grande potenza. L'America ne usciva vincente con ampio margine. Mentre il prodotto nazionale lordo americano si avvicinava trionfalmente al traguardo di mille miliardi di dollari l'anno, a Mosca «/' dirigenti più vecchi del mondo» governavano un Paese che perdeva «velocità di sviluppo nell'economia». E il quadro mondiale, nonostante il Vietnam, appariva allora «più rassicurante per l'America di quanto non fosse da tempo». mentre la Russia era stretta tra lo scontro diplomatico-militare con la Cina ad Est e i postumi della ribellione cecoslovacca ad Ovest. ¥¥'" " Era un quadro netto, perfino rassicurante, nelle sue certezze, per l'Occidente europeo, che si sentiva protetto da un'America vigorosa e selfconfident e corteggiato da una Russia bisognosa di tecnologie e rosa dai primi tarli del consumismo. Ma è bastato un decennio — davvero dieci anni che sconvolsero il mondo — per confendere quel quadro con pennellate di incertezza e di angoscia. Anzi, meno, avverte Alberto Ronchey nel suo ultimo libro, Usa-Urss, i giganti malati (ed. Rizzoli), perché «/a seconda guerra fredda (...) non è cominciata all'alba degli anni '80» con il «colpo di Kabul». Le origini della crisi possono essere fatte risalire al periodo 1974-1975: «Fu allora che i sovietici, di fronte alla coincidenza tra la crisi politico-militare I degli Stati Uniti nel Vietnam, /adegli Stati Uniti nel Vietnam, la crisi istituzionale di Watergate e la generale crisi energetica seguita dall'iperinflazione, cominciarono a prevedere un collasso dell'altra superpotenza in un mondo occidentale ingovernabile». Intanto sono radicalmente mutati i rapporti di forza, grazie ad un'accelerazione spaventosa degli investimenti militari sovietici, che nel decennio hanno superato quelli americani di almeno 100 miliardi di dollari. Se ancora durante la crisi del '73 nel Medio Oriente l'America aveva una superiorità di otto testale nucleari contro una, oggi la prospettiva degli Anni 80 è che l'Urss, già prevalente nelle armi convenzionali con una proporzione di quattro a uno (e un soldato su sei nel mondo è sovietico), imponga alle nazioni vicine la propria superiorità nelle armi nucleari «di teatro», mentre il trattato Sali 2 ha consacrato la parità tra gli arsenali strategici delle due superpotenze con una crescita esponenziale del grado di vulnerabilità dell'Europa. Henry Kissinger, nelle sue memorie, paragona Usa e Urss a «due giganti ciechi, armati fino ai denti, che si muovono in una stanza sentendo la reciproca presenza, reputandosi ciascuno in pericolo mortale a causa dell'altro». Ma, osserva Ronchey, «non aggiunge che i giganti sono anche malati». Quale dei due è più malato? Non fosse per il capitolo iniziale, che al titolo quasi dimesso («Breve introduzione ai massimi sistemi») sovrappone una sintesi densa e penetrante delle differenziazioni e delle analogie (due macrosocietà, cosi opposte e così eguali: due crisi parallele, dei valori e della civiltà materiale), la diagnosi di Ronchey sembrerebbe più spietata, e la prognosi più iiv fausta, verso l'America. l" La unsi d'epoca» america-La «crisi d'epoca» america na, della quale il carterismo «i5 stato un'espressione contemplativa, erratica e spesso penitenziale» (ma Ronchey, pessimisticamente, teme che il reaganismo «più che una soluzione» sia «anch'esso espressione della crisi», ancorché di segno contrario), è innanzitutto crisi economica tra iperinflazione da superconsumo o da xenodollari e drammatiche notizie dal Golfo del petrolio, penuria energetica e febbre dell'oro. E' crisi della «società post-industriale», che. di fronte alla «revolution of rising expectations». si è rivelata incapace di soddisfare aspettative smisurate, immediate e incompatibili. Eppoi è crisi dei grandi partiti tradizionali, stremati dinanzi alla complessità dei problemi, ma anche crisi di un sistema politico «a circolazione extracorporea, che perde i suoi tradizionali strumenti, i meccanismi selettivi dei partili, senza il controllo dei nuovi strumenti e senza superare gli anacronismi del rito elettorale» (il «morbo di Washington», acutizzato dal Watergate). Sicché «mentre il Cremlino è visibilmente sediimperiosa e temibile di potere politico, la Casa Bianca di Washington appare il pulpito inascoltato della più mutevole società pluralistica». ** E', infine, crisi della superpotenza americana. V «aquila senza artigli», mai apparsa cosi impotente come tra la vertenza con l'Iran, l'invasione sovietica in Afghanistan e la guerra iracheno-iraniana. Non è solo un censimento di armi, ammonisce Ronchey. «è in questione la credibilità o l'intima saldezza politica del massimo potere oc' cidentale». Diversa e soprattutto meno visibile a occhio nudo, in un Paese dove ancor oggi, secondo Viktor Nekrasov. in tutte le 1 case «basta accennare alla noli case «basta accennare alla politica perché sul telefono venga gettato in fretta un cuscino», è la crisi déll'Urss. Il rigelo ha congelato le aspettative di vent'anni fa e. tra liberalizzazione o rìstalinizzazione, è prevalsa una terza soluzione, «la tutela empirico-autoritaria della stabilità purchessia». Colosso totalitario all'interno (dove prevale la conservazione più tenace tra gulag e gulash) e all'esterno (l'espansioni.sino di potenza surroga il declino del modello di società), l'Urss è oggi «il massimo impero dopo il tramonto di tutti gli imperi coloniali», ma è anche un colosso che vive «con un piede sulla luna e l'altro nel fango», il cui reddito globale, soffocata la riforma economica di Kossighin e fallita la sfida di Kruscev. è ancora al 67 per cento di quello Usa: una sorta di «terza Roma», salva all'interno finché dilata il suo potere all'esterno. Quale dei due «giganti malati» decadrà per primo? Ronchey, in questo libro fondamentale quale punto di riferimento per capire l'America di Reagan e la Russia del dopoBreznev. non fa seguire una prognosi alla lucida diagnosi. Avverte: «Le stesse dimensioni e l'immane potenza dei due sistemi, malgrado le loro crisi parallele fra guerra e pace, non permettono tuttavia di pensare al collasso dell'uno o dell'altro». Ma questa tremenda «età dell'incertezza», che oggi viviamo (come sembra lontana l'età della certezza del mondo bipolare, quasi un idilliaco minuetto tra pranzi e aperitivi di Kissinger e Dobrynin: ed era soltanto l'inizio degli Anni 70). presenta un'angosciante analogia con il 1914: «La differenza maggiore, anzi fondamentale. osserva Ronchey. è che ora esistono le armi nucleari. Senza le quali, del resto, la guerra calda sarebbe già scoppiala ». Paolo Garimberti