I falchi armati di Reagan di Arrigo Levi
I falchi armati di Reagan I falchi armati di Reagan ' (Seguedallai*pàgina)" trattato, in modo da permettere di proteggere con missili antimissili un certo numero di postazioni di lancio di missili intercontinentali non «mobili». Le città rimarrebbero invece indifese, veri «ostaggi» della pace atomica. Quando Weinberger ha detto che intende studiare questa eventualità, il suo predecessore, Brown, lo ha criticato sostenendo che l'assenza dei missili antimissili rimane la base degli equilibri nucleari, e quindi della pace: siamo alle prime battute di una polemica complessa. Più in generale, quali nuove spese debbono avere la priorità? Les Aspin mi ha detto che a suo parere la priorità numero uno è l'aumento delle paghe dei militari (in Usa non c'è servizio di leva, e gli effettivi di molte unità sono pericolosamente incompleti); la numero due è l'aumento dei depositi di munizioni, la numero tre il rafforzamento della «forza di rapido impiego», mentre i nuovi missili strategici, per Aspin, stanno al quarto posto; ma può darsi che per Weinberger stiano al primo. La scelta politica più importante riguarderà però il trattato Salt 2: finora. Usa e Urss lo rispettano tacitamente, anche se manca la ratifica del Congresso americano; ma Reagan, si sa, non approva il testo attuale del trattato, che giudica squilibrato a favore dell'Urss. Reagan non è però contro i negoziati strategici e contro gli accordi sul controllo degli armamenti. Del resto, questi sono elementi essenziali di qualsiasi politica della difesa: sono i trattati Salt I e Salt 2 che consentono di garantire la sicurezza ad un prezzo minore, e con più garanzie di stabilità. Weinberger ha tuttavia avvertito che prima della ripresa dei negoziati Salt bisogna attendere che l'America «abbia fatto i suoi piani per chiudere il gap strategico nei confronti dell'Urss»: quanto tempo ci vorrà per questo? E intanto, non c'è il rischio di una frattura tra l'America e i suoi alleati europei, che ritengono indispensabile la ripresa del negoziato strategico? Altre tensioni potranno sorgere nell'Alleanza Atlantica anche sul livello delle spese militari europee, che nessuno dei governi interessati intende far aumentare a ritmi «reaganiani», e sull'ipotesi di un'accresciuta partecipazione militare europea alla difesa di aree vitali «extra-atlantiche», come il Golfo Persico. L'Europa è d'accordo con l'America sulla necessità di un certo riarmo, per replicare all'aumento della potenza sovietica negli ultimi 10 anni. Ma non crede che l'obiettivo debba essere quello di un'ormai irrealizzabile «superiorità» occidentale; e vuole che il negoziato con l'Urss sul controllo degli armamenti vada avanti, per evitare una «corsa al riarmo» senza freni e per dare una base concreta al tentativo di rilanciare la distensione. Nell'amministrazione Reagan vi è chi condivide in sostanza quest'impostazione, cosi come vi sono dei «falchi» con maggiori ambizioni. E' soprattutto su questo terreno che si dimostrerà la capacità dell'Europa e dell'America ci Reagan di far politica insieme negli Anni Ottanta per fronteggiare la sfida sovietica. Arrigo Levi
Persone citate: Aspin, Brown, Les Aspin, Reagan, Weinberger
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