Piogge d'oro sui cavalieri di Fouquet

Piogge d'oro sui cavalieri di Fouquet Piogge d'oro sui cavalieri di Fouquet Accanto ai grandiosi ritratti, esposte le celebri miniature del pittore la verità in un foglio di venti centimetri» - Dipinse la storia, i re, quattrocentesco: «Uno stile che condensa il Papa, la religione, il buffone, la morte NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE PARIGI — Jean Fouquet. massimo pittore francese? Dirlo può sembrare arrogante, soprattutto perché bisogna ammettere che di lui si sa ben poco. Eppure è cosi, per una doppia, innegabile evidenza: da una parte la carica ineguagliata di ogni opera, di ogni particolare, dall'altra il suo posto di rilievo nella storia. Per le miniature, qui al Louvre, alla mostra che resterà aperta fino al 19 aprile, vengono presentate le riproduzioni delle opere che non si sono potute portare (Chantilly, la famosa pagina del Boccaccio di Monaco) e quelle delle grandi raccolte come le Antichità giudaiche, che la Biblioteca Nazionale ha si prestato, ma di cui soltanto grazie alla riproduzione foto¬ grafica si possono mostrare le pagine. Per fortuna, il Louvre possiede due fogli del libro d'ore di Etienne Chevalier. la Biblioteca Nazionale un altro. Con la Carità di San Martino e le Tre Sant'Anna, c'è tutto quello che occorre per scoprire Fouquet, per cogliere la capacità di uno stile che condensa la verità del mondo in un foglio di 20 centimetri, per provare infine la strana sensazione che questa struttura minuziosa e ricca di forme spruzzate d'oro espone in ultima analisi un qualcosa che si può definire la vocazione dell'arte francese. Certo, c'è un che di fiammingo, e più precisamente la lezione di Van Eyck alla base di quest'arte; ma una lezione compresa, filtrata, dominata. La sagoma del ponte di Pari¬ gi, dove il cavaliere Martino incomincia la sua azione caritatevole, è l'immutabile articolazione dello spazio urbano, dove le strade si snodano in bell'ordine; i grossi posteriori dei cavalli sulla sinistra rappresentano il rovescio del gruppo frontale che avanza sulla destra, e cosi via. Passiamo ai fogli vicini, alle straordinarie scene storiche delle Antichità giudaiche avvolte in paesaggi della Turenna; alle scene evangeliche, ritmate da chioschi all'antica, venuti direttamente da Firenze, ma sottolineati da filetti d'oro che ne fanno uno scenario da tavola sacra. Sempre si trova la forma piti valida, come nel grande scrittore si trova la parola giusta e il tono gustoso. La stessa sensazione di. compiutezza ritorna senza fine, la stessa evidenza di un'arte perfettamente libera nel minuscolo formato della miniatura, un'arte che domina e possiede tutto in una celebrazione pacata, come in Piero della Francesca, l'inevitabile contemporaneo. Questa sovranità insieme intellettuale e sensibile si esercita nella distribuzione cosi originale dei due registri, scena «vera» in alto, in basso gli emblemi, le iscrizioni. Un piacere inesauribile. Se si guardano i quadri del maestro Jehan, si ha ancor più la tentazione di attribuire a Fouquet il motto di Picasso: •Non cerco, trovo». Ogni ope-" ra — il grandioso Ritratto di Carlo VII, purtroppo un po' sbiadito dagli anni, quello di Juvénal, risplendente e sonoro, per non parlare della Vergine di Anversa, dal seno perfetto, indimenticabile — ogni dipinto è una scoperta; la storia del «genere» è stata modificata ogni volta dall'intervento di Fouquet. Si è saputo, grazie a fonti italiane, che dipinse a Roma verso il 1447 il ritratto di Papa Eugenio IV (ne resta il ricordo in un'incisione): l'evoluzione, come ha intuito Focillon, e come recenti studi confermano, porta ai grandi ritratti romani del Rinascimento. E si capisce perché quel grande conoscitore delle miniature francesi che è il professor O. Pacht abbia recentemente proposto di attribuire al maestro Jehan il ritratto di buffone mal sbarbato detto Gonella, ora al museo di Vienna. La proposta ha buone possibilità di essere valida • Trovando cosi perfettamente la sua collocazione in un grande momento dell'arte d'Occidente, Fouquet illumina in profondità il destino dell'arte francese. Esattamente 50 anni fa, nel 1931, è stato scoperto un grande pannello della Pietà, dimenticato in un piccolo villaggio. Ora ha un posto d'onore nell'esposizione, e ben merita di averlo: ha un rigore da bassorilievo, con figure decisamente scandite dalle ampie pieghe dagli orli luminosi che richiamano irresistibilmente il taglio nitido delle figure giacenti e piangenti scolpite. Soprattutto, i bianchi rispondono ai bianchi con una scelta di un'originalità affascinante. sottolineata, come una chiave musicale, dal turbante della pia donna in lacrime, gli occhi arrossati, dietro il legno della croce. Un inno funebre bianco e ocra, con un contrappunto di gres, che in origine doveva ravvivare lo sfondo azzurro, accentuando l'effetto di rilievo dipinto. Bisogna soffermarsi sulla bellezza delle mani che si congiungono o si posano (quella di Giovanni incornicia la Madonna) con nitidezza e dolcezza. La nobiltà dello stile è più commovente che mai. Forse, come pensava Focillon, c'è qui l'affermazione di una maniera francese che non verrà più dimenticata. C'è una consonanza eccezionale fra la densità delle forme e le esigenze della pittura. Ed è davvero meraviglioso che, per trovare l'autore di quest'opera eccezionale, occorra risalire al miniaturista del Libro d'onore di Etienne Chevalier. Soltanto lui, intorno al 1445-1460, poteva creare una composizione cosi padroneggiata. E si sa che ha dipinto delle pale ispirandosi a fonti della Turenna Lo strato dipinto è molto sottile, come si addice ad un pannello di grandi dimensioni. Una recente analisi di laboratorio ha confermato questa teoria. L'opera è stata presentata all'esposizione del Grand Palais sulla scienza e l'arte, con commenti contrastanti che l'ottimo, piccolo catalogo fatto da N. Reynaud ha il merito di rettificare. Poiché, come ci si aspettava, Fouquet, che ha la mano cosi felice nei particolari minimi e nelle sottili piogge d'oro della miniatura, affronta da perfetto artista plastico il formato monumentale, dall'ampio e semplice drappeggio. Anche in quest'arte è di casa. Stupisce che critici recenti abbiano esitato a riconoscerlo. Fouquet isola e esalta la forma con la stessa maestria con la quale la stempera nella miniatura ai riflessi del cielo e allo scintillio del fiume. La religione, la storia, il re, il Papa, il buffone, la grande scena della morte, tutto risponde alla sua particolare invenzione, ma anche alla stessa celebrazione, prodigiosamente attenta, rispettosa e sicura. André Chastel Copyright di «Le Monde» e per i'iiaiia di «La Stampa»

Luoghi citati: Anversa, Firenze, Monaco, Parigi, Roma, Vienna