Così parla la batterìa di Max Roach
Così parla la batterìa di Max Roach Jazz Così parla la batterìa di Max Roach RACCONTA Stan Levey che si senti cogliere dal panico quando ascoltò per la prima volta Max Roach, nel '44all'«0-nyx». un club di New York. Coetanei (bianco il primo, nero l'altro) suonavano entrambi la batteria. Avevano diciannove anni e credevano nel Bebop, la nuova musica di Parker e Monk. Ma Roach era già il maestro che tutti avrebbero imitato o cercato di imitare. Non era solamente il più bravo a suonare la batteria, la stava inventando. Il tratto clamoroso del nuovo stile (che lasciava esterrefatto Levey) si evidenziava nella stupefacente facilità di Roach nell'esprimere un fraseggio intenso ma subito melodico, dalla straordinaria cantabilità. Sideman di primo piano accanto a Parker, Roach diviene nella metà degli Anni Cinquanta l'abile e fortunato leader (il quintetto in ditta con Clifford Brown) di una corrente innovatrice, l'-hard bop». Ha vissuto da protagonista anche le stagioni successive: da quella che precede e anticipa la ribellione »Free- fino a oggi, i giorni del rinascimento Bop quando la semplice arte del jazz rifiuta i profeti in cattedra e trova in Roach un Raymond Chandler che parla chiaro. Documentata sempre e ampiamente, la discografia di Max Roach si fa lacunosa durante il breve periodo compreso tra il '60 e il '62. Due anni trascorsi negli studi della -Mercury- americana: dischi ormai irreperibili. Di tale epoca ci informa ora la -Affinity-, neo etichetta internazionale prodotta in Italia dalla Arislon di Milano, la quale pubblica un doppio long playing /«Max Roach Again»^ che contiene le registrazioni di due concerti europei. L'album propone due formazioni differen- ti: la più recente (1961) si estrinseca nel quartetto dove la voce di Abbey Lincoln e il sax tenore di Clifford Jordan hanno abbondante spazio. Più interessanti i brani (registrati a Parigi nel '60) in cui appaiono il formidabile Tommy Turrentine (allora rivale di Freddy Hubbard, il trombettista in odore di celebrità), il sassofonista Stanley Turrentine, il trombonista Julian Priester, il bassista Bob Boswell, affiatati solisti per un jazz orchestrato sulle voci dei tre fiati. Manca il pianoforte secondo una formula che Roach adotta a partire proprio da allora. Accanto alla tromba di Turrentine si impone naturalmente la batteria del leader: quel .Mop Mop- (eseguito e improiwisato in solitudine da Roach) esemplifica uno stile e documenta la ricerca dì un musicista sempre attuale. Franco Mondini Max Roach
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