I giapponesi importano la nostra storia

I giapponesi importano la nostra storia Ricerca I giapponesi importano la nostra storia TOKYO, gennaio — A prima vista c'è da restar soprattutto sorpresi. L'associazione giapponese di storia italiana, che si è costituita a Tokyo, poco tempo fa. raccoglie già una trentina di ricercatori, affronta un arco di problemi che spazia dal medioevo all'età contemporanea, incomincia a presentare una bibliografia originale di molte decine di titoli. Ma la sorpresa iniziale cede il posto assai presto a qualcos'altro, di più attivo e meno generico, se si ha modo — come è capitato di recente a chi scrive — di discutere a lungo con alcuni di quegli studiosi (soprattutto con chi si occupa dell'età moderna e contemporanea) e di verificare su quali basi culturali e per quali motivazioni lo studio delle vicende italiane ha attratto negli ultimi anni molti giovani storici di diverse università giapponesi. Tre anni fa un pioniere degli studi storici italiani in Giappone, Atsushi Kitahara, aveva pubblicato sulla Rivista storica italiana diretta da Franco Venturi un bilancio degli studi di storia italiana moderna e contemporanea in Giappone negli ultimi due decenni mettendo in luce l'influsso notevole che. a partire dal 1960. avevano esercitato i Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci finalmente tradotti, sugli storici giapponesi interessati all'Europa. « Quando Gramsci venne presentato in Giappone — scriveva nel 1977 Kitahara — noi ci trovavamo in una condizione di assoluta ignoranza della storia d'Italia. Avevamo sì una certa immagine di Croce, ma dalla concezione storica di Croce non avevamo ricavato alcun influsso profondo... Nelle condizioni in cui ci trovavamo allora, prima che ci occupassimo di come leggere Gramsci, il contatto con Gramsci significò per noi il primo sorgere dell'interesse per la storia italiana-. Ebbene, in questo ventennio seguito alla traduzione di Gramsci, ma soprattutto negli ultimi sette-otto anni gli italianisti giapponesi hanno concentrato l'attenzione su alcuni dei nodi più decisivi della nostra storia: il processo di unificazione nazionale, la gestione del potere nell'Italia liberale, la nascita del capitalismo industriale, la questione meridiunn:i_. fascismo, il movimento operaio e in particolare il partito comunista. Lo hanno fatto partendo dall'analisi di alcune significative connessioni che esistono tra le vicende giapponesi e quelle italia¬ ne, pur all'interno di un quadro di riferimento grandemente differenziato. Anzitutto, la rivoluzione industriale che nei due paesi è iniziata in anni vicini, in ritardo rispetto all'esperienza inglese, francese, tedesca, americana, ed è cresciuta su un'agricoltura ancora semifeudale. In un articolo apparso quest'anno su una rivista giapponese specializzata. Keu-ichi Sakai è andato oltre questo primo, sommario confronto e ha messo in discussione tesi consolidate all'interno degli studi meridionalistici italiani a proposito del decollo industriale italiano e della perdurante arretratezza del Mezzogiorno rilevando che nel Giappone del periodo Meji esistevano condizioni per certi aspetti assai simili a quelle ritrovabili nel Sud ma che l'esito, rispetto all'industrializzazione, è stato radicalmente diverso. Da quel saggio, scritto in forma ancora problematica e ipotetica, emerge uno stimolo alla discussione del modello giapponese di rivoluzione industriale rispetto a quello italiano che può servire molto anche a noi per uscire dalle secche di un dibattito troppo ristretto alle peculiarità della storia meridionale. Un altro aspetto centrale riguarda l'analisi del fascismo. Gli studiosi giapponesi che si occupano del fenomeno e che hanno ormai iniziato ricerche dirette in archivi e biblioteche italiane hanno il merito (se non ho capito male) di mettere in discussione opinioni dominanti nel nostro paese a proposito di fascismo rurale e fascismo cittadino e di cercar di collocare il regime corporativo all'interno di un quadro non soltanto europeo od occidentale ma addirittura mondiale, o perlomeno di tutti i paesi industrializzati negli Anni Venti e Trenta. Gli esempi potrebbero continuare. Ma forse qui importa di più sottolineare l'attenzione estrema con cui gli italianisti giapponesi hanno affrontato il mondo complesso degli studi storici italiani, la presenza di differenti correnti storiografiche, l'esistenza di questioni centrali che percorrono le vicende nazionali negli ultimi due secoli. Non vorrei far profezie ma la mia impressione è stata quella di trovarmi di fronte a un processo di conoscenza e di appropriazione (in senso intellettuale, si intende) della storia italiana destinato a dar nei prossimi anni frutti copiosi e sicuramente originali. Il che, mi pare, non è poco. Nicola Tranf aglia

Persone citate: Antonio Gramsci, Atsushi Kitahara, Franco Venturi, Gramsci, Sakai

Luoghi citati: Europa, Giappone, Italia, Tokyo