E il duce firmò un patto d'acciaio contro la libertà
E il duce firmò un patto d'acciaio contro la libertà L'Italia dell'Asse E il duce firmò un patto d'acciaio contro la libertà MUSSOLINI, che si dilettava di slogan giornalistici, nel discorso del 1° novembre 1936 in piazza del Duomo a Milano, ne coniò uno fatale: Asse. -Questa verticale Berlino-Roma non è un diaframma — disse testualmente — è piuttosto un asse attorno al quale possono collaborare tutti gli Stati europei». Per il vero non si trattava di farina del suo sacco; già due anni prima, il 20 giugno 1934, il presidente del Consiglio ungherese, Gòmbos, aveva dichiarato alla Camera Alta che -Berlino e Roma rappresentano i due estremi di quell'asse che, in condizioni di equilibrio, potrebbe da solo formare la base di una pacifica politica europea'. Ma, col discorso di Mila¬ no, Mussolini andò forse — come spesso gli accadeva e, purtroppo, gli' accadrà negli anni a venire — al di là del suo pensiero: difatti i tedeschi, che cercavano accanitamente una alleanza con l'Italia, lo battezzarono subito -die Taufrede», il discorso battesimale dell'Asse, che — secondo loro — indicava per il futuro-la via di una politica comune fra Italia e Germania antidemocratica, antibolscevica e, con ciò, anche antiebraica». Già quindi da questa parola — Asse — il lettore comprende quale arco di storia patria ripercorre la nuova fatica di Montanelli e di Cervi (ancora una volta impegnati a fare cronaca storica senza accademismi, senza miti e senza quei falsi pudori che, per un secolo, ci hanno lasciato credere che Vittorio Emanuele II fosse davvero il padre della patria di tutti e non un reazionario della più bell'acqua): si trattava, per loro, di ridisegnare, con obiettività e chiarezza. la pericolosa curva che l'Italia discese fra la conquista dell'Etiopia (l'impero che risorgeva sui colli fatali di Roma) e il 10 giugno '40, quando finalmente bisognò saldare il conto col potente e infido alleato, da una parte, e con le democrazie tanto vituperate dall'altra. Gli autori ci sono riusciti mettendo con ordine e diligenza, nel pentolone europeo, tutti gli ingredienti dell'epoca (l'isolazionismo americano, il revanscismo orientale, l'espansionismo stalinista), per il minestrone che ci portò difilato al secondo conflitto mondiale: la grande prova della guerra di Spagna, il mortale abbraccio dell'Anschluss. la penosa resa di Monaco (canto del cigno di Mussolini diplomatico), lo smembramento della Cecoslovacchia, la sterile occupazione dell'Albania finché non suonò prima l'ora della Polonia e poi quella della Francia. Montanelli e Cervi ci guidano lungo questa chi¬ na, ciceroni illustri ma alla mano, mostrandoci e illustrandoci (anche con qualche immagine verissima e tuttavia capace di far rabbrividire gli accademici come «l'antifascismo clandestino era un grattacapo, non una minaccia») tutti gli elementi costitutivi del drammatico prologo che l'Italia visse nel decisivo quadriennio 1936-1940:. dalla prepotenza di un Hitler sorretta dal folle ma lucido disegno di conquista mondiale all'insipienza del fascismo che va crollando come un gigantesco baobab rosicchiato all'interno dalle termiti e con la «grandeur» di un Mussolini che, in crisi di mimetismo, copia tutto dalla Germania, dal passo dell'oca alle leggi razziali, all'«appeasement» dell'occidente disposto a qualsiasi sacrificio o umiliazione pur di evitare di combattere (malgrado le sinistre profezie di Churchill, inascoltata Cassandra). L'Asse, dunque, come strumento che legp. l'Italia al carro perdente, quello di Hitler, con una alleanza, nelle parole e nei fatti, contraria al suo passato e alla sua cultura, e che la condurrà alla catastrofe. Il libro si chiude quando, sulla scena del nostro Paese, è tutto pronto: deve soltanto alzarsi il sipario, poi avrà inizio la tragedia della guerra. Giuseppe May da Indro Montanelli e Mario Cervi, L'Italia dell'Asse, Rizzoli. 449 pagine, 14.000 lire. Mussolini fotomontaggio diM.Berman(1943)
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