Ma al regime non piacque lo «stile fascista» inventato da Sironi

Ma al regime non piacque lo «stile fascista» inventato da Sironi Ma al regime non piacque lo «stile fascista» inventato da Sironi NELL'ATTUALE interesse per il Novecento Italiano, testimoniato sia da testi, come quello recente di Rossana Bossaglia che ricostruisce il movimento negli anni tra il 1922 e il 1935, sia da mostre, come «La Metafisica: gli Anni Venti» tenuta alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna, e quella ora aperta al Beaubourg di Parigi su «Realismi fra rivoluzione e reazione, 1919-1939», la pubblicazione degli scritti editi e inediti di Mario Sironi a cura di Ettore Camesasca, costituisce un ulteriore elemento di riferimento e di chiarificazione in tale complessa problematica. Sironi è un artista importante, e complesso, che Iva attraversato il Futurismo, a cui ha aderito nel 1915, e la Metafisica, negli Anni Venti; divenendo quindi uno dei fondatori e protagonisti del «Novecento Italiano»: in seno a questo movimento fu propulsore e inventore di uno «stile fascista» mediante la funzione epico-sociale della pittura murale, nella quale auspicava l'unità latina delle arti. Come sottolinea Camesasca nell'introduzione, egli fu fascista come molti altri pittori del tempo: Carro, Soffici, Rosai, Gentilini e vari scultori, primo fra tutti Martini Nonostante ciò, e come si intende chiaramente da questi scritti, la campagna culturale e muralistica condotta da Sironi cadde nel nulla, poiché ad ostacolarla fu il fascismo stesso. In quest'ambito ideologico è interessante leggere la polemica da lui condotta dalle pagine del Popolo d'Italia, organo del PNF, ove dal 1922 collaborava dapprima come disegnatore e grafico e quindi dal 1927 come critico d'arte, contro gli attacchi di Farinacci al movimento novecentista del quale, con la Sarfatti, Sironi si riteneva il maggiore esponente. In questa raccolta di scritti si è dato ampio spa¬ zio alle testimonianze autobiografiche quali, ad esempio, le lettere a Boccioni (a lui legato da profonda amicizia). Esse chiariscono i suoi rapporti con il Futurismo (fu firmatario di alcuni manifesti); rapporti che finora erano visti oscuri, anche a causa della querelle con Marinetti, che a sua volta lo ignorò nella voce Futurismo dell'Enciclopedia Treccani del 1932. Accanto a riflessioni sulla storia, sull'etica, sulla società, sono importanti gli interventi critici, già pubblicati nel Popolo d'Italia, sul Novecento Italiano, delle cui vicende fu lucidissimo testimone, e i saggi su Antelami, Mas olino, Arturo Martini e ancora su Boccioni. La sua prosa e la sua poetica sono scarne, essenziali e meditate come la sua pittura che, lontana da. ogni formalismo estetizzante, sembra tesa all'incessante ricerca di plastiche compostezze arcaiche. Ancora tra gli scritti, il «Manifesto della Pittura Murale» del 1933, firmato anche da Campigli, Carrà e Funi, che lavoravano con lui alla decorazione della V Triennale di Milano, non è da leggersi soltanto come portabandiera dell'arte di regime, ma nel concetto europeo dell'unità delle arti proclamato dal Bauhaus e da De Stijl Mirella Bandini Mario Sironi, Scritti editi e inediti, a cura di Ettore Carnesasca con la collaborazione di Claudia Gian Ferrari, Feltrinelli, 496 pagine, 50.000 lire. Mario Sironi, «Periferia»

Luoghi citati: Bologna, Milano, Parigi