Il mondo è vanità scelgo il deserto

Il mondo è vanità scelgo il deserto Una fiaba bizantina Il mondo è vanità scelgo il deserto IN quel libro di spaventoso smantellamento che sono le Confessioni, Tolstoi raduna dai quattro angoli della terra le risposte dei filosofi veri ai suoi interrogativi; Socrate, Schopenhauer, Salomone, Buddha convergono nelle sue pagine a dimostrare in vario modo l'assoluta assurdità dell'esistenza. L'India vi contribuisce appunto con un episodio leggendario del suo Maestro: come il giovane Buddha, cresciuto in un palazzo asettico, durante una passeggiata in carrozza urta casualmente nell'anomalia delle malattie, della vecchiaia e della morte, tre delle cose che rendono la vita un'intollerabile sciocchezza. Racconto, in verità, largamente diffuso nella novellistica d'Oriente e d'Occidente, tanto da poter essere facilmente collocabile nelle varianti di Propp, senza perdere per questo della sua verità metafisica. Gli zelanti curatori italiani della redazione che, per eredità asiatica, si trova nella letteratura bizantina (il volume è uscito per la serie delle Saghe di Rusconi), ne indicano le discendenze parentali, oltreché nella Provenza dei Catari e degli Albigesi, in Norvegia e nel Quattrocento italiano, in Polonia, in Spagna e nelle Filippine: da Buddha a Hofmannsthal. Il titolo della versione bizantina, un vero «romanzo spirituale» tagliato per il Medioevo, è Barlaam e Ioasaf. Vi si narra di un sovrano indiano, Abenner, a cui un astrologo predice la conversione di suo figlio Ioasaf al cristianesimo. Il re fa costruire per il ragazzo, giovane virtuoso oltreché bellissimo, un padiglione contornato da vasti parchi, in cui egli cresce fra delizie e splendori, ignaro delle miserie del vivere mortale e riparato da ogni rischio ideologico. Senonché arriva pure per lui, mediante l'incontro casuale con due malati, con un vecchio e con un defunto, l'inevitabile rivelazione. Ma in quella sopraggiunge anche un astuto monaco cristiano, che attraverso una lunga serie di abboccamenti e di appropriati apologhi converte il giovane principe e lo induce ad abbandonare regno e corona per farsi monaco anche lui. A nulla servono gli espedienti del padre e il rimpianto della popolazione. Dal paradiso dei suoi palazzi Ioasaf insegue il suo maestro in un infernale deserto indo-etiopico, e là passerà ormai la sua vita, pago almeno della verità. Si ignora l'esatto autore e persino l'epoca (fra Vili e X secolo) di questoromanzo composito, dove ancora si fanno luce a tratti le favole della tradizione indiana. Qui, come tutte le cose poetiche, anch'esse sono soffocate dallintento troppo scopertamente apologetico e dai lunghissimi intermezzi dottrinari, godimento forse della bizantinità, che però adduggiano gli altri lettori e scoloriscono persino la furtiva e misteriosa figura di Barlaam. Presentato all'inizio sotto le mentite spoglie di un mercante, quando per rivelazione divina lascia un deserto, chissà della Mesopotamia o del Sudan e giunge nella capitale dell'India, figura, qui, da Mille e una notte e da Lancieri del Bengala, ma poi verboso missionario ortodosso, finché non si lascia nuovamente inghiottire dalle solitudini monastiche, fra steppe, draghi e spelonche, là • dove lo raggiunge il discepolo, lo assiste nella morte e lo segue nel sepolcro che li conserverà insieme, tranquilli, olezzanti e miracolosi anche a distanza di anni. Certo la più fantasiosa e divertente delle risposte di Tolstoi; ma ricercata fuori della vita stessa. Cario Carena Vita bizantina di Barlaam e Ioasaf, a cura di Silvia Ronchey e Paolo Cesaretti. Rusconi, pagine 313; lire '14.000.

Persone citate: Barlaam, Paolo Cesaretti, Schopenhauer, Silvia Ronchey, Socrate

Luoghi citati: Filippine, India, Mesopotamia, Norvegia, Polonia, Provenza, Spagna, Sudan