Woody Alien: non c'è niente da rìdere speriamo in Reagan

Woody Alien: non c'è niente da rìdere speriamo in Reagan Woody Alien: non c'è niente da rìdere speriamo in Reagan NEW YORK — Woody Alien non è felice perché la gioia, specialmente la gioia nel formato natalizio, con i babbi Natale e l'Esercito della Salvezza che suona davanti a «Bloomingdale's» non è in carattere con il suo personaggio. Woody Alien non è felice perché il suo film Stardust, nonostante le lunghe file del pubblico, è piaciuto poco, è stato accolto maluccio, e soprattutto, non se ne parla. Woody Alien è infelice perché il suo libro, Side Effects (Effetti collaterali), nelle vendite va benissimo, ma non ha spinto su di lui né l'attenzione della critica militante né quella del popolo americano. O forse Woody Alien è infelice perché vuole nascondersi, ma non è tanto cercato, vuole sfuggire nell'ombra, ma non tutti i riflettori lo inseguono, vuole suonare in santa pace il clarino nella calma appartata di quel piccolo locale che si chiama «Michael Pub», nella terza Avenue, e lo può fare. Suona, ogni martedì sera, e non lo disturba nessuno. Qual è esattamente la sindrome di cui soffre Woody Alien, infelicita da successo (il peso della celebrità) o infelicita da insuccesso (relativo, s'intende, ma la sua ipersensibilità è famosa)? Woody Alien non rilascerà interviste in un momento così delicato, ma vi sono due dichiarazioni a cui non rinuncia. La prima è la seguente: "Non è affatto vero che nel mio ultimo film abbia copiato Fellini e non è affatto vero che mi sia infuriato a sentirmi paragonare a Fellini. Amo Fellini, o almeno lo ammiro moltissimo. Ha contato per me come per ogni americano con gli occhi aperti. Ma anche Bergman è un regista che ammiro. Questo non vuol dire che abbia copiato da lui Interiors. E non vuol dire che abbia preso da Fellini il mio Stardust. E vorrei far notare che Svesia e Italia sono abbastanza lontane. Al tempo di Bergman ho detto che noi americani siamo caldi, emotivi, e dunque possiamo ammirare gli svedesi, ma non imitarli. Adesso, a Fellini, posso dire che il suo calore ci entusiasma. Ma qui è tutta un'altra temperatura». Se provate a spargere su questa sequenza di frasi le celebri esitazioni, a immaginare gli occhi che vagano furtivi, si alzano un attimo, si abbassano all'improvviso, la mano col dito puntato all'in giù intenta a ripetere il segno di un cerchio (o un quadrato, o un triangolo) avete un buon Woody Alien, più amabile che irritato, capace di intrattenere il suo ascoltatore anche quando è in difesa. Ma è in difesa. Dicono i suoi amici (e Diane Keaton. che gli è sempre più vicina di altri): "Soprattutto Woody è seccato. Adesso gli fanno pagare la colpa di essere stato troppo geniale. Basta che scenda messo gradino (che è sempre un chilometro sopra la testa degli altri) e tutti diventano scettici e fanno riserve». La seconda dichiarazione di Woody Alien è questa: "Vorrei sapere di che cosa dovrei ridere. Non sono infelice per il mio libro o il mio film o perché devono sempre paragonarmi a qualcuno. Riconosco che vi sono passaggi nel mio libro che richiamano Tolstoi. In altri momenti mi si può accusare di avere pescato qua e là tra Spinosa e Sartre. Va bene, mi arrendo. Tra rivali qualche volta si finisce per somigliarsi. Ma a parte questo vorrei sapere perette dovrei ridere. Guardatevi intorno. Di cosa, su cosa? Naturalmente, come tutti aspetto il giorno del giuramento di Ronald Reagan, anch'io ho diritto di divertirmi. Ma manca ancora un mese. So che la realtà non ci deluderà, quel giorno, ma sono realista, bisogna aspettare». Tutto questo, raccomanda, è «off record», e infatti non gli verrà attribuito. Rimane un problema più delicato e sono in molti, a New York, fra amici e ammiratori di Wpody Alien, a proporsi la domanda: che il grande comico abbia tatto il suo tempo? La risposta prevalente è : impossibile. Ragioni? Troppo intelligente. Atte¬ nuanti: è un periodo difficile, il cambiamento è profondo, c'è un paese disorientato che si affaccia sul nuovo. Se ci sarà da ridere, ancora non si riesce a capire di cosa. La vera grande attenuante di Woody Alien è che — almeno per un istante — la comicità in questi mesi sembra essersi spenta nel mondo. Dice Brickman, l'uomo che ha lavorato sempre per lui, scrivendo e sceneggiando insieme per anni: "E'un acrobata a metà del¬ la corda, intento ai suoi esercisi, come sempre perfetti e difficili. Ma per qualche ragione il pubblico si distrae, la luce del circo va da qualche altra parte, l'altoparlante annuncia altre cose. Che cosa deve fare l'acrobata? Non è mica meno bravo di prima. Ma il minimo che gli si possa chiedere è di cambiare spettacolo. Non è una cosa da poco». TI «problema Woody Alien» si pone, convengono anche i più severi critici di cinema e di letteratura, proprio perché Woody Alien è così bravo, proprio perché c'è stato un brusco cambiamento di scena. L'uomo, l'autore, l'attore, il regista, con il suo straordinario fiuto, l'istinto a giocare d'anticipo, deve commentare «non stop» una scena che non conosce. Oppure dà l'impressione di voltarsi indietro. Potrà non essere vero che cita Fellini. Ma è vero di certo che cita se stesso. Succede a un autore in cerca della storia. Spiega pazientemente Truman Capote: "Quando scrivi la tua storia devi sapere dove sta andando la Storia, quella con la esse maiuscola. Oppure devi sapere che fra te e la Storia in quel momento non c'è alcun rapporto, che ti hanno lasciato solo. E' una situasene disperata, ma per un vero talento non è una situasioneimpossibile. L'importante è saperlo». Poi naturalmente sono in tan¬ ti a giocare sull'ossessione anti-pubblicitaria (dunque pubblicitaria) di Woody Alien, su quel suo tono schivo, quella sua timidezza ostentata, che pern lo porta ogni sera a mangiare nella migliore tavola (quella d'angolo, a destra entrando da «Elaine», il ristorante delle «celebrities». "Dopo tutto, ha osservato con cattiveria Sidney Lumet, se vuoi una cuoca e quattro amici per mangiare in casa in santa pace, lo puoi fare benissimo. Costa sempre meno di "Elaine"». Di nuovo insorge la siepe di amici. « Woody lavora da solo, Woody è molto malinconico. Woody ha piacere di vedere un po' di gente la sera, e poi il suo sogno è di vedere (lui adora vedere) sensa essere visto». New York comunque continua a vederlo (e con piacere, certo) nelle case giuste nelle sere giuste, alle tavole giuste. TI suo broncio, se la causa è la piccola folla (quasi sempre altre "Celebrities») che subito gli si stringe intorno, non è motivato. Dopo tutto, come i suoi colleghi, lui vive di quella piccola folla, che a sua volta influenza la grande folla e fa arrivare la gente in fila al botteghino del cinema persino quando il critico autorevole è incomprensivo e cattivo. Se invece la ragione è l'altra («di che cosa dobbiamo ridere, in questa strana stagione di passaggi, di cambiamenti?») allora è giusto che Woody Alien, l'autore, il regista, lo scrittore, il comedian, non sia felice. E' giusto anche che si guardi intorno con una vera ansia, non solo quella, famosa, del suo personaggio insicuro. Dopo tutto, quel che vogliamo da lui è solo che anticipi un'epoca sconosciuta, la capisca, ne colga i segni imprevisti, ne faccia la caricatura e ci faccia ridere, cinque minuti prima, fino alle lacrime. Furio Colombo Woody Alien e Charlotte Rampling in una scena del film «Stardust memories»

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