Il commercio dei cannoni raddoppiato in sette anni

Il commercio dei cannoni raddoppiato in sette anni Cifra per cifra il più recente bilancio degli armamenti Il commercio dei cannoni raddoppiato in sette anni Nel mondo, in servizio 26 milioni di militari - L'Italia tra i grandi produttori di armi •Alla fine degli Anni 60 l'Onu aveva proclamato gli Anni 70 il "Decennio del disarmo": pur non disponendo ancora di dati definitivi per l'intero decennio è comunque possibile affermare fin da ora che questo auspicio è andato completamente disatteso. Anzi, per molti aspetti il decennio trascorso si presenta in modo del tutto rovesciato come "Decennio del riarmo". Queste le prime righe del libro intitolato -Il problema degli armamenti' (Autori vari, casa editrice Vita e pensiero, 7 mila lire). Nell'introduzione, l'economista Giancarlo Mazzocchi dà le cifre che confermano gli Anni Settanta come decennio del riarmo. Mazzocchi scrive: «Fra il 1970 e il 1978 le spese militari mondiali sono cresciute in termini reali dell'Ila per cento (fonte Sipri); secondo un'altra autorevole fonte tali spese sarebbero cresciute in misura ancora maggiore e cioè del 14,5 per cento (fonte Acda, per il periodo 1970-77.. .Secondo nostre stime — aggiunge Mazzocchi — una popolazione di circa 750 milioni di persone è attualmente coinvolta in modo diretto in conflitti armati interni o di frontiera; inoltre circa 800 milioni di persone sono formalmente sotto il dominio di governi militari. Si tratta, si noti, di stime deliberatamente cautelative e quindi probabilmente in difetto». Il libro è ricchissimo di dati. Eccone altri: fra il 1970 e il 1977 il commercio mondiale di armi è cresciuto del 94,9 per cento in termini reali. In particolare si è quasi quadruplicato quello con il Terzo mondo, tra il '70 e il '78. 'Contemporaneamente sono cresciute le forze armate, tanto che quattro anni fa contavano 26,3 milioni di uomini. In quello stesso anno, in tutto il mondo, gli insegnanti erano 26,9 milioni, medici e infermieri 3,3 milioni. Allora le spese militari rappresentavano il 5,7 per cento del prodotto lordo mondiale, contro una corrispondente quota del 5,2 per cento per l'educazione e del 2,6 per cento per la salute. Cifra eloquenti. Gli autori del .Problema degli armamenti, citano i dati delle tre fonti più autorevoli che si conoscano: lo .Stockholm International Peace Research Institute» (Sipri), costituito nel 1966 per commemorare i 150 anni di pace ininterrotta della Svezia; \'.(United States) Arms Control and Disarmament Agency» (Acda); l'inglese .International Instante for Strategie Studies» (Iiss), che elabora un rapporto annuale. Proprio nel .Bilancio militare 1979-1980» dell'Iiss si legge che .attualmente, esiste all'incirca una parità di forze nucleari (in Europa) fra la Nato e il Patto di Varsavia, anche se si sta spostando a favore del Patto di Varsavia». Luigi Campiglio, altro autore della pubblicazione dell'Università Cattolica di Milano, fa notare che dal 1945 al 1969 nel Terzo mondo si sono registrate 93 guerre, con una durata complessiva di 255 anni e sette mesi. .Prendendo una media annuale di questi dati — spiega il professor Campiglio — abbiamo una media di circa dieci guerre per ogni anno e, quel che è più preoccupante, se consideriamo i singoli sot- toperiodi troviamo una media costantemente crescente, con una concentrazione dei conflitti in Asia e nel Medio Oriente». .Di fatto, insomma, il dopoguerra appare come una denominazione puramente convenzionale, perché in realtà la guerra è continuata nel mondo, anche se con modalità e estensione diverse», scrive ancora Campiglio. E' pensabile che la situazione non sia migliorata negli Anni 70. Probabilmente s'è verificato soltanto uno spostamento dell'area principale di conflitto: dall'Asia al Medio Oriente. Sullo sfondo restano, naturalmente, le due superpotenze, Urss e Usa, maggiormente coinvolte nel commercio delle armi. Infatti, il 47 per cento delle armi vendute sono esportate dagli Stati Uniti, il 27 per cento dall'Unione sovietica. Tra i grandi fornitori figurano, dopo le due superpotenze, la Francia (11 per cento), l'Italia e la Gran Bretagna, con il 4 per cento. Secondo il Sipri, quindi, l'Italia è al quarto posto nella classifica mondiale degli esportatori di armi, almeno lo era nel '78. La stessa fonte però fa rimarcare che il nostro Paese si trova al terzo posto nella graduatoria dei Paesi industrializzati che importano più armi. Per quanto riguarda ancora il nostro Paese, gli autori hanno tentato una ricostruzione dell'occupazione nel settore militare. Nel '79 i posti erano 864 mila, se si comprendono i circa 200 mila coscritti. Le forze militari professionali contavano 349 mila uomini. A questi bisognava aggiungere gli 84 mila dipendenti civili, gli 80 mila occupati nell'industria degli armamenti, i coscritti. Questo significa che ogni cento lavoratori, in Italia quattro sono occupati nel settore militare. r. bo.

Persone citate: Autori, Giancarlo Mazzocchi, Luigi Campiglio, Mazzocchi, Peace