Sciatori da città di Nerino Rossi

Sciatori da città LA NEVE E' UN SIMBOLO? Sciatori da città Colore azzurro cielo, color rosso e blu notte e perfino un giallo canarino su certe facce da commendatori. Quasi tutti i pastelli sono presenti; c'è un po' di ritegno solo per il verde e il viola. Sembra un grande naufragio. E sono invece, semplicemente, tute, giacche a vento e giubbotti per sciatori. Punteggiano la folla allineata ai semafori, le file degli avventori sulle scale mobili dei grandi magazzini, le code delle segretarie davanti alle macchinette per la timbratura del cartellino. Nelle grandi città, quest'anno, è un fenomeno che colpisce. Si esce e si va al lavoro con questi indumenti da sci: per lo più il «pezzo» di sopra, con il suo bel pelo bianco che fa da orlo all'altezza del bavero; ma anche qualche «completo», con il suo armamentario di «lampo» quasi fatto gioco. Ma perché questo trionfo, in città, dell'imbottito e dell'impermeabilizzato? E' una moda? E' voglia di anticipare i tempi? E' un modo di smarrirsi fra i nevai stando sottocasa? Oppure è un desiderio bruciante di sentirsi immersi in un mondo candido? Non sottovaluterei quest'ultima ipotesi. Perché, infatti, pur dovendo rinunciare a tante cose, a tanti svaghi e piaceri che i prezzi rendono proibitivi, le «settimane bianche» restano intoccabili? Anzi, a contare le prenotazioni, sono un fenomeno che raggiunge cifre cui si stenta a credere? Una suggestione pure ci sarà. Certo la neve significa favola, quindi distacco dal mondo, quindi rifiuto del reale. Ma questa favola è antica. Più attuale mi sembra invece che sia la ricerca, il gusto, la voglia del bianco. E, per di più, un bianco che sappia di cielo, di natura. Un bianco da cui farsi avvolgere e su cui poggiare i piedi. Ma potrebbe anche essere il desiderio di una boccata d'aria buona prima di diventare tutti passeggeri di una sterminata arca di Noè. Forse quest'arca la stiamo tutti costruendo con la nostra fantasia. E mentre vi armeggiamo tutt'intorno, ognuno con i suoi arnesi, ci preoccupiamo della riserva d'ossigeno. Che cosa manca, infatti, sopra quelle nostre tute acriliche se non il casco dell'astronauta? Ma c'è anche chi pensa che questo sciamare sui marcia¬ piedi travestiti da sciatori sia un modo inconscio di volersi riconoscere come appartenenti a un potenziale partito, diversissimo da tutti gli altri. Vestiremmo, senza saperlo, una sorta di divisa, quasi a dichiararci inventori di una nuova ideologia. Ci troveremmo, in questo caso, davanti al partito dell'arcobaleno e all'ideologia della spensieratezza. E chi potrebbe dire che il partito dell'arcobaleno non avrebbe, oggi, i suoi seguaci? Non dovremmo, dunque, lamentarci di quest'irruzione di colori sui marciapiedi e lungo i viali. Saranno anche stonati, ma sono anticonformistici. Saranno anche surrogati di paltò troppo costosi, ma sono sempre il segno di una gaiezza che non si vuol perdere. Saranno perfino (c'è chi l'afferma) una sciatteria, ma sono sempre dei colori. E i colori allargano il mondo. E poi perché non pensare quanto piacciono i colori agli anziani. Non facciamo forse nelle città delle aiuole di fiori per far vedere agli anziani i colori? Non mi sembra allora poi tanto male che gli anziani trovino gli stessi colori aggrappati agli scorrimano di un tram, accalcati a un semaforo, davanti alle vetrine. Per tacere dei bambini, che in attesa d'annaspare fra la neve, già vedono accanto a quei colori slitte e pupazzi bianchi. Non mi pare, insomma, una disfatta del buongusto. E se tutto è avvenuto così all'improvviso, quasi con furia, forse è il furore che precede la poesia. Forse la poesia non c'è e siamo solo noi che la vediamo. Ma già questo non è tanto? Certo dei motivi ci saranno. Abbiamo tentato, prima, di scoprirli. Forse è uno di questi. Forse lo sono tutt'insieme. Ma perché poi volere capire fino in fondo tutte le vertigini da cui è preso il mondo? Piuttosto, perché non ci diciamo che come questi colori sono arrivati all'improvviso, così all'improvviso possono sparire? E se, quasi senz'accorgercene, possiamo perderli da un momento all'altro come si perde il vento, ciò che ora va fatto è di goderceli. E di dire forte che la voglia di un mondo candido è dentro di noi. E che non sappiamo più come cercarlo, al punto che la neve è diventata il nostro incantesimo. Nerino Rossi

Persone citate: Noè