Un mese di ricatti

Un mese di ricatti Un mese di ricatti SCADE OGGI un mese dal giorno in cui il magistrato Giovanni D'Urso è stato rapito dai terroristi. E proprio oggi — se si può attribuire un minimo di credibilità ai deliranti messaggi delle Brigate rosse — la tragica vicenda potrebbe concludersi. La vita di D'Urso sembra essere appesa a un filo il cui capo sta nelle mani di un gruppo di uomini che vivono nella clandestinità e che hanno più e più volte dimostrato di essere freddi, crudeli assassini. Da un ricatto all'altro, si è giunti a un punto in cui, non ci fosse la vita di un uomo in gioco, il dramma sconfinerebbe nel grottesco. Come condizione per .salvare la vita» del magistrato, le br avevano in un primo tempo chiesto la chiusura, del supercarcere dell'Asinara. Ottenutala (in un modo che ha fatto ritenere a mezza Italia che il governo ha ceduto alla pressione dei terroristi), le Brigate rosse avevano allora subordinato l'esecuzione della «condanna a morte» — da loro nel frattempo resa pubblica — al parere dei carcerati di Trani e di Palmi. Proprio a Trani, intanto, era scoppia-, ta una rivolta, domata dalle forze speciali dei carabinieri: per vendetta i terroristi hanno ucciso davanti alla moglie il generale dei carabinieri Galvaligi. Ottenuto il parere dei carcerati — i quali sembra ritengano, bontà loro, che non si debba eseguire la «condanna a morte » — le br hanno inventato un altro ricatto: i maggiori giornali dovrebbero pubblicare «integralmente» i lunghi comunicati dei comitati dei carcerati, appunto, di Palmi e di Trani. A questo ennesimo ricatto la quasi totalità dei quotidiani italiani — compresi «La Stampa» e «Stampa Sera» — hanno opposto un logico rifiuto, conseguenza di una linea di informazione che si ispira all'onestà e alla libertà. Non è ammissibile, del resto, consentire in un Paese democratico alle folli pretese di un gruppo di terroristi il cui obiettivo dichiarato ed esplicito è distruggere la società in cui viviamo: cedere significherebbe fornire armi, diventare complici in questo tentativo di eversione. Il fatto che i terroristi abbiano detto di legare la sorte di Giovanni D'Urso — da loro «condannato a morte» — all'accettazione del ricatto, ha reso più penoso il compito di decidere; ha fatto nascere spinte umanitarie; ha indotto la moglie di Giovanni D'Urso a umiliarsi per chiedere — in questo momento per lei di straziante angoscia — la diffusione dei messaggi propagandistici di coloro che le stanno uccidendo il marito e che già hanno ucciso colleghi di suo marito, e giornalisti, e avvocati, e carabinieri, e poliziotti, e ancora tanti giovani la cui unica «colpa» era di star facendo il proprio onesto dovere. Quale disegno più vile potevano inventare i terroristi in questa loro esibizione di spregio di ogni valore? E quale nuova violenza vigliacca hanno ancora in programma? FORSE IN QUESTI giorni molti ricordano che sessant'anni fa la debolezza dello Stato, l'aver accettato il dialogo con le bande dei manganellatori, l'aver acconsentito ai «camerati assassini» di aver credito e di occupare via via posti sempre più importanti e determinanti nella vita pubblica, permisero l'avvento della dittatura fascista. Già il Presidente del Senato ha denunciato che la situazione di oggi in Italia ripete quella che rese possibile il ventennio di Mussolini. Molti hanno creduto di consolarsi replicando che «però oggi non c'è in Italia un minacciante partito fascista». Trincerarsi dietro questa certezza è ignorare che un dittatore può anche nascondersi dietro le paciose apparenze di un leader «democratico». E' ignorare che il terrorismo è sempre la prima manifestazione di ciò che poi diventa dittatura. s.d.

Persone citate: D'urso, Galvaligi, Giovanni D'urso, Mussolini

Luoghi citati: Italia, Palmi, Trani