Anche le stagioni fanno la storia di Francesco Rosso

Anche le stagioni fanno la storia RICORDANDO LA BATTAGLIA DI PALESTRO Anche le stagioni fanno la storia I luoghi del Risorgimento d'Italia durante l'inverno; può sembrare idea oziosa da turisti svagati, però, a pensarci bene, ci si avvede che le stagioni possono avere influenza determinante anche sulla storia. Un esempio: se Vittorio Emanuele II anziché «non essere insensibile al grido di dolore» eccetera, il 10 gennaio 1859 avesse ascoltato quel «grido», poniamo il 10 novembre, o dicembre, probabilmente il nostro Risorgimento avrebbe svicolato in ben altri meandri. Pensavo a questo alla periferia di Palestra, dove sorge l'alto edificio poligonale dell'ossario eretto a memoria dei morti nella primavera del 1859, resti umani spolpati dal tempo, ignoti protagonisti vittoriosi di una battaglia che i piemontesi potevano vincere soltanto fra aprile ed agosto, quando il Vercellese deborda acque da ogni parte. Se combattuta nell'inverno 1859, la battaglia di Palestra, si sarebbe risolta in un disastro. Guardavo il modesto parco che circonda l'Ossario oggi, inverno poco diverso da quello di oltre un secolo fa; alberi spogli, rami duri e secchi su cui la brina aveva ricamato candide trine di galaverna che nel primo sole del mattino splendevano effimere come ogni bellezza. Era un mattino indescrivibile di questo sorprendente inverno piemontese, così luminoso, terso, lungamente asciutto che, piromani aiutando, i boschi s'incendiano come a luglio. Entro quel gelo di diamante, Palestra, poco più di duemila abitanti, era come assopito in un torpido, agiato letargo. Se non ci fosse l'Ossario, i palestresi ricorderebbero oggi la battaglia vittoriosa del maggio 1859? Non in questi giorni invernali, col cielo sempre sgombro di nuvole e di nebbia, ed i boschetti nei gerbidi della Sesia trasformati nell'incantato giardino del gelo. La vittoria di Palestra, provincia di Pavia, quindi già Lombardia, fu in realtà preparata a Vercelli, già Piemonte, da cui dista meno di undici chilometri. La Sesia che fa da confine fra le due regioni non impedì la collaborazione tattica che consentì ai Risorgimentali una luminosa vittoria, grazie soprattutto al piano dell'ing. Carlo Noe, il quale aveva predisposto l'allagamento della piana vercellese nel caso che gli austriaci avessero oltrepassato il Ticino. E questo avvenne il 29 aprile, quando il gen. Gyulai ordinò alle truppe di Sua Maestà Imperiale Giuseppe Bl di invadere il Piemonte e occupare Torino prima che arrivassero gli alleati francesi. Scattò il piano dell'ing. Noè, tutto il Vercellese divenne un lago e le truppe austriache affondarono nelle acque che cancellavano strade, ponti, viottoli, argini. Furono costrette ad un disordinato dietrofront oltre la Sesia dove, proprio a Palestra, i Piemontesi li attendevano per dargli la mazzata. u 22 giugno 1860, in Parlamento, Cavour disse: «Se coll'incendio di Mosca l'impero russo ha potuto respingere l'invasione francese, io credo che a buon diritto noi possiamo affermare che mercè dell'allagamento della intera provincia vercellese, noi abbiamo impedito all'invasione austriaca di estendersi fino alla Capitale. Senza quella risoluzione... alla quale cooperarono con esemplare abnegazione le popolazioni, certamente questa sala medesima sarebbe stata profanata dalle armi straniere». Le risaie vercellesi, in quella fine d'aprile 1859, imitarono le oche del Campidoglio; acqua, acqua, ed ancora acqua della Sesia, della Dora, della Stura, di ogni rio, fossatello, gora, canale, roggia salvarono Torino e diedero un via quasi trionfale al Risorgimento ed all'Unità d'Italia. E qui siamo al punto: che cosa sarebbe accaduto se la campagna bellica, anziché a fine aprile, si fosse scatenata in dicembre, o anche solo in ottobre, quando non c'è più acqua e la risaia diventa ai ida come uno zolfanello? Gyulai ed i suoi soldati avrebbero marciato spediti su Torino e le cose si sarebbero tremendamente complicate. E' vero che «con i se e con i ma la storia non si fa», ma la fantasia è legittima in queste giornate in cui il cielo s'incurva come una coppa di diaspro sul giallo arido delle stoppie strinate dal gelo e dalle zebrature nere della paglia bruciata. Tutto è limpido, glaciale, immobile nella sterminata risaia con all'orizzonte pioppi e salici stagliati come candelabri bianchi di brina. Lontano e sfumato, un sogno azzurro, si erge il Monte Rosa, a sinistra s'allungano le colline del Monferrato simili al dorso di un dinosauro fossilizzato, fossi e canali sono sécchi, nella Sesia scorre un rigagnolo che, presso le rive, si condensa in cristalli di ghiaccio. Ingaggiata di questa stagione, la battaglia sarebbe finita male per il Piemonte e l'Italia; invece, l'acqua benedetta, che porta ricchezza al Vercellese ed alla Lomellina, dove sorge Palestra, ha dato una mano decisiva alla vittoria. Anche storici insigni hanno scritto che Vercelli ed il suo comprensorio hanno subito gravi danni da quell'inondazione artificiale; trascurano il dettaglio che da sempre, a fine aprile, le risaie sono già allagate; allora, bastò sollevare interamente le chiuse, aumentare il volume dell'acqua. Vinta la battaglia, le chiuse si riabbassarono, e la risaia tornò ad essere quella che è ancor oggi però, con più uccelli, rane, bisce, poi sterminate dai diserbanti. Inoltre, assicura e scrive l'ing. Pietro Monti, vercellese, che per molti anni ebbe in mano il rubinetto delle acque della risaia nell'OvestSesia, nel 1859 il Vercellese fece un raccolto eccezionale di riso. Vittoria campale e magazzini colmi; il Risorgimento è stato anche questo, ma ha avuto bisogno dell'estate per realizzarlo, e di tanta, tantissima acqua che ora, in questo inverosimile riarso inverno piemontese, non c'è. Francesco Rosso