Riconquistare i mercati stranieri di Mario Salvatorelli

Riconquistare i mercati stranieri Inaugurata la conferenza nazionale sul commercio estero Riconquistare i mercati stranieri Il presidente Foriani: abbiamo un interesse vitale a mantenere buone relazioni con tutti i Paesi, indipendentemente dal loro regime politico - Prodi: per le esportazioni ci vogliono cervello e coesione sociale ROMA — «Abbiamo un interesse vitale a mantenere buone reiasioni economiche e sociali con tutti i Paesi, indipendentemente dal loro regime politico-, ha detto il presidente del Consiglio Foriani inaugurando la conferenza nazionale sul commercio estero, che si è aperta ieri a Roma. «Un ritorno alla dura opposizione dei blocchi contrapposti», ha detto ancora Foriani, « sarebbe grave anche in questo settore, e non solo per la sicurezza e la pace». Il presidente del Consiglio ha poi dato atto a Manca di muoversi verso quel rilancio e potenziamento del ministero del Commercio con l'estero, che è l'unica e più valida alternativa al suo scioglimento, nell'attuale situazione di incertezza. Dopo il discorso di Foriani, le relazioni sono state aperte da Romano Prodi che ha tentato di spiegare, anche ai più distratti, non solo il «dramma» della nostra situazione energetica, che i recenti «black-out» hanno riproposto, ma anche quello delle nostre esportazioni, che nel 1980, per la prima volta negli ultimi trent'anni, sono diminuite in termini reali, cioè di quantità. •Ogni 37 ore in media» ha detto l'economista, «si scarica nei porti italiani una petroliera da messo milione di tonnellate, o un carico equivalente di petroliere più piccole. Per compensare la spesa, circa 100 miliardi di lire, in termini di scambi con l'estero, l'Italia dovrebbe esportare, con la stessa cadenza, ogni 3/ ore, 20 mila automobili, cioè la produzione Fiat di una settimana, o quella Mirafiori di due settimane». Dubitiamo molto che Prodi sia riuscito nell'intento, dato il grado di sordità che per questi argomenti si registra a tutti i livelli. Non c'è dubbio, però, che il problema sia grave, se si considera che le nostre esportazioni equivalgono a quasi il 25% del prodotto interno lordo (il doppio del Giappone), significano milioni di posti di lavoro, e richiedono ogni giorno una riconquista: di mercati, di settori e di pubblico. E a questo proposito. Prodi ha dimostrato come sia facile, in questo campo, che significa competitività mondiale, all'estero ma anche all'interno, perdere posizioni. Il dato è questo: nel 1980, in base a consuntivi ancora provvisori, abbiamo accusato un disavanzo negli scambi con l'estero di 18 mila miliardi di lire, di cui 7500 miliardi in tre soli settori: chimica, siderurgia, autoveicoli. Ma, mentre per i primi due, e soprattutto per la chimica, si tratta di un deficit che si ripete da anni, per gli autoveicoli la lampadina rossa del disavanzo si è accesa, per la prima volta, nel novembre 1979. Ebbene, in un anno il passivo ha raggiunto la cifra di 2500 miliardi di lire, à caUBa di unaumento delle importazioni nel settore del 60-70% e di un andamento praticamente statico, in termini di quantità, delle esportazioni. Conseguenza: in un sistema di mercato aperto, libero, dal quale non si può tornare indietro anche perché sarebbe un suicidio, ma nel quale la concorrenza è ogni anno più agguerrita e spietata, ogni debolezza in termini di puntualità nelle consegne, di smagliature nella rete di distribuzione commerciale e di assistenza, di aumento dei costi e dei prezzi, si paga subito con un passo indietro, il cui recupero, però, non è altrettanto rapido. Da questo, e altri esempi, il relatore Prodi ha tratto l'invito a considerare il commercio con l'estero come una delle carte decisive del nuovo decennio, per il quale ha coniato alcuni «slogans». Per esempio: gli Anni Ottanta dovranno essere quelli della «limatura», cioè dell'ottimizzazione delle possibilità di produzione e di commercializzazione, per le grandi imprese, cosi come sono stati gli Anni Settanta per le medie ' Un altro slogan: stimolare il cervello e la coesione sociale, e questo vale, ovviamente, non solo per le esportazioni. Infine, Prodi ha ammonito che il settore industriale ha già raggiunto, e superato, il livello massimo di occupazione. E questo implica la mobilità della manodopera, anche verso altri settori, soprattutto il terziario, che negli altri Paesi industrializzati oggi occupa dal 50 al 60% e più della popolazione attiva totale. L'incoscienza, ha detto ancora Prodi, con la quale si è trattato, o meglio ignorato, in Italia il problema energetico, lo scarso impegno per le esportazioni, anche a livello di agevolazioni al credito, di assicurazioni sui rischi e di altri aiuti alle aziende minori, che peraltro si sono affacciate a migliaia sui mercati esteri, sono «difetti» da correggere anche per l'agricoltura. Infatti, sarebbe sufficiente, ma ciò non significa facile, aumentare la nostra produzione agro-alimentare del 2-3% l'anno, per eliminare, nei nostri scambi con l'estero, il disavanzo di questo settore, che nel 1980 ha raggiunto i 6000 miliardi di lire. Tra i numerosi interventi dì ieri, tutti tendenti a sottolineare l'importanza vitale per l'Italia delle esportazioni e ad offrire un contributo di proposte valide per il loro sostegno, possiamo solo ricordare quelli di Guido Carli, dei presidenti dell'Iri, Pietro Sette, della Confcommercio, Giuseppe Orlando, della Confindustria, Vittorio Merloni, della Sace, Antonio Longo, dell'Eni, Alberto Grandi. Mario Salvatorelli

Luoghi citati: Giappone, Italia, Roma