Il difficile interlocutore di Franco Mimmi
Il difficile interlocutore OSSERVATORIO Il difficile interlocutore La questione libica sta diventando il punto focale — e dolente — della politica estera italiana, e viene giocata pesantemente anche nel dibattito interno. La vicenda è esplosa per la ventilata visita di Gheddafi in Italia: certo i rapporti di fatto tra le due nazioni e i possibili derivanti condizionamenti non perdono, lontano Gheddafi, ogni consistenza, ma la visita sarebbe il punto di partenza di un rapporto assai più impegnativo: molto vantaggioso per l'economia italia, e proprio per questo potenzialmente più vincolante. L'Italia è il maggior partner commerciale della Libia: circa il 25 per cento di quanto Gheddafi importa viene dal nostro Paese, e noi acquistiamo là oltre il 10 per cento del nostro fabbisogno petrolifero. Decine di imprese italiane hanno o vogliono commesse libiche, migliaia di lavoratori italiani si trovano in Libia. Oia, 11 nuovo piano triennale del colonnello prevede una spesa di oltre 60 mila miliardi, e se accettassimo la «cooperazione complessiva» che è stata richiesta, durante la sua recente visita, al ministro del Commercio estero Manca, non v'è dubbio che almeno 10 mila miliardi in commesse troverebbero la via per l'Italia. In un momento come quello che la nostra economia sta attraversando, l'utilità di un tale apporto è ovvia. Al tempo stesso, è evidente che un impegno simile ci renderebbe più deboli di fronte a eventuali alzate d'ingegno di Gheddafi. Come dimenticare che una decina d'anni fa scacciò tutti gli italiani che risiedevano in Libia e confiscò le loro proprietà? A ciò si aggiunge una situazione internazionale che tende a isolare il colonnello, specie dopo l'intervento delle sue truppe nel Ciad. Non solo l'Occidente, ma anche molti Paesi africani sono allarmati dalle ue mosse, e molti Paesi rabi. In Italia, come si è detto, opinione sui rapporti da enere con Gheddafi è dicorde. Il pri ritiene che la politica libica sia contraria gli interessi italiani e europei, il pli giudica la visita un fatto gravemente negatio», il psdi afferma che se Gheddafi venisse «sarebbe una provocazione e un insulo a tutto il popolo italiano». l psi è diviso: una schiera nettamente a favore (Manca, Achilli); un gruppo posibilista (Craxi: «E' una buona occasione per il presidente libico per chiarire i uoi rapporti con l'Europa occidentale»); un drappello ortemente contrario (Accame e soprattutto, anche se non lo può dire esplicitamente, Pertini). Neppure i democristiani sono compatti, mentre per i comunisti Pajetta ha fatto notare l'incongruenza di non accogliere il leader di un Paese con il quale si hanno normali rapporti diplomatici. Tra gli argomenti contrari alla visita di Gheddafi, sta in prima linea il sospetto che egli favorisca il terrorismo internazionale. Ma l'isolamento che pesa oggi sul colonnello potrebbe indurlo a cercare di reinserirsi in un gioco diplomatico con meno ombre; per esempio apponendo, come garanzia di buona volontà, la propria firma al trattato con il quale 'Italia garantisce la neutraità di Malta. Il personaggio è e resta discutibile, però la discussione non può andare avani all'infinito, costrìngendo i nostri ministri (vedi il caso di Colombo al Cairo) a penosi silenzi. Forse Manca sbaglia nel sostenere a oltranza la linea dell'avvicinamento, ma certo ha ragione quando afferma: «Quella che dobbiamo prendere, nei confronti di Tripoli, è una posizione chiara». Franco Mimmi M uh animar Gheddafi: un incerto viaggio in Italia i libi i
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