Due logiche a confronto di Carlo Tullio Altan
Due logiche a confronto SOCIOLOGIA DEL CASO D'URSO Due logiche a confronto i\ sono avvenimenti che hanno la facoltà di suscitare reazioni sociali molto significative, e tali da portare in piena evidenza alcune dimensioni profonde ed autentiche della nostra compagine sociale. Dei test dei comportamenti collettivi tanto drammatici quanto illuminanti. Quasi tre anni fa, •sulle colonne di questo giornale, ebbi modo di interpretare sotto un tal profilo le reazioni suscitate dalla tragica vicenda Moro e dalla sua conclusione. La vicenda D'Urso si offre allo stesso tipo di analisi Vi è qualcosa di comune fra questi due casi, per quanto riguarda le reazioni che essi hanno suscitato nella società italiana e fra le forze politiche. In primo luogo anche questa volta si è prodotta una netta contrapposizione fra due tipi di logica: quella fondata sul primato morale e sociale della famiglia e della persona singola, contro quella fondata sul valore primario degli interessi della collettività, che si esprimono nelle istituzioni. Questa contrapposizione è un tratto tipico della nostra società. Sul fronte del cosiddetto «non cedimento o della fermezza» si schierarono gran parte di quelle forze sociali che trovano la loro espressione politica nei partiti di tradizione risorgimentale (repubblicani e liberali), nei partiti della sinistra operaia e dei lavoratori produttivi in genere (il pei e la sinistra parlamentare ad eccezione del psi) e nel gruppo della sinistra democristiana che fa capo a Zaccagnini. Dietro queste forze politiche sta la maggioranza dei settori più moderni ed economicamente più progrediti, e soprattutto dotati di senso di responsabilità politico sociale, del nostro Paese. E' un fatto di rilievo che tali forze sociali e le loro rappresentanze politiche, nei momenti cruciali .che abbiamo vissuto in questo decennio, si siano trovate in diverse occasioni — e direi quasi addirittura controvoglia, date le grandi differenze che le separano sul piano ideologico — nettamente schierate dalla stessa parte, imparando così a conoscersi al di là di quello schermo di paranoia — direbbe Gabriele Calvi — che si è istituito fra di loro. Un sincero interesse per le sorti del Paese le avvicina in profondità. Sul fronte della «trattativa», o del dialogo, oggettivamente e sostanzialmente orientato verso il cedimento al ricatto brigatista, nonostante le pratiche levantine e i discorsi fumosi destinati a mascherarlo, si sono invece schierate altre forze presenti nella società italiana e che trovano la loro espressione privilegiata in un'altra serie di partiti e di movimenti politici e culturali. Alcune di queste forze fioriscono in un settore della società italiana che definirei col termine di «strutturalmente irresponsabile», in quanto da sempre scarsamente legato in modo diretto con il mondo e con gli interessi positivi della produzione sociale. Una zona del ceto medio la cui storia an drebbe meditata e scritta in dettaglio, perché la sua importanza nella vita nazionale, da più di un secolo ad oggi, è stata spesso determinante, in certi casi più determinante addirit tura di quella delle stesse forze del lavoro produttivo. La pie cola borghesia intellettuale bollata dalle parole di Salve mini, col suo pericoloso estre mismo, matrice di movimenti di una modernità tanto appari sceme quanto apparente, vi' vaio in cui proliferarono la democrazia radicale, il sindacalismo rivoluzionario, il massimalismo socialista, fino a quando, agli inizi del secolo essa offrì le sue basi sociali più schiette al movimento fascista. Questo ambiente, mai spento e disperso nella storia di fondo della società italiana, ma sempre emergente con nuove maschere sul volto, e con at teggiamenti e scenografie mu tevoli, ma sostanzialmente eguali, nella loro fondamenta le avversione anarcoide per la sfera delle istituzioni, di cui non faccia parte, e delle strut ture dello Stato, e per le classi portanti della società produttiva e per i loro grandi partiti, malato di individualismo al li' mite del narcisismo, è il terreno prescelto dall'attuale dirigenza del psi, e dai radicali in modo esemplare, come nuova base della loro consistenza politica. Queste forze sociali attraverso le loro formazioni politiche di elezione, assieme taluni chierici di successo dalle opinioni vaganti, hanno fornito una robusta boccata di ossigeno al partito del cedimento. Ma non furono le sole. Un elemento sociale e culturale che ha esercitato un peso forse ancora maggiore sul fronte del cedimento, in quanto ha offerto ai suoi eterogenei protagonisti un tacito e passivo, ma non per questo irrilevante, supporto di massa, è quel vasto settore diffuso della società italiana la cui ottica sociale è arcaicamente condizionata dalle prospettive di un familismo, in rapporto al quale ogni valore al di là della famiglia diventa insignificante e vuoto. Avevamo già rilevato la fondamentale importanza di questo elemento a proposito del conflitto apertosi nel caso Moro, nel quale il confronto diretto fra queste due logiche si materializzò nell'opposizione drammatica fra la famiglia dell'uomo politico catturato e lo Stato. Ebbene noi la ritroviamo oggi intatta, e forse accresciuta, attraverso lo spazio che venne offerto in questa occasione alla famiglia del magistrato da una parte delle stesse istituzioni dello Stato, per sostenere, in un modo discutibile pericoloso, una causa certo legittima in sé, ma sciaguratamente in antitesi con interessi alternativi di tipo collettivo. L'azione di questo mondo familistico ed arcaico si è espressa in particolare in quel settore partitico in cui prevale la cultura dei villaggi, la cura degli interessi tribali e in cui vige la pratica del compromesso pasticciato, compromesso che avendo questa parte politica un largo peso nella composizione complessiva del governo, essa è riuscita ad ottenere a conclusione della vicenda. Diversamente da quanto accadde invece nel caso Moro, un altro filone culturale importante nella società italiana, che si ispira alla filosofia del personalismo cristiano, sia attraverso la stampa cattolica, come pure attraverso i suoi intellettuali di maggiore prestigio, ha mostrato di non condi- ' videre la posizione del cedimento, dando così una lezione responsabile laicità a molti di coloro che del laicismo si dichiarano i campioni più qualificati. Le ragioni di questo diverso orientamento, in rapporto alle incerte posizioni assunte nel caso Moro da una buona parte del mondo cattolico, sono certamente molte e complesse, ma è probabile che in questo mutamento abbiano esercitato una parte importante sia il discorso nobilissimo del giovane Bachelet di fronte al feretro del padre, nel quale la legge cristiana del perdono si associò ad un profondo senso della responsabilità e del dovere nei confronti delle leggi e delle istituzioni dello Stato, sia il legame privilegiato che questo movimento intrattiene con gli ambienti più vivi e moderni della sinistra democristiana. Nel panorama oscuro in cui viviamo oggi in Italia questo è un segno importante e favorevole, da non ignorare, perché, se questo avvio dovesse prosperare e dare frutti, si creerebbe una nuova possibilità di convergenza fra le grandi forze storiche dell'Italia risorgimentale e moderna e quelle del mondo cattolico, che potrebbe dare al nostro Paese un volto nuovo, del quale ha molto bi- sogno Carlo Tullio Altan
Persone citate: Bachelet, D'urso, Zaccagnini
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