Aziende municipalizzate sì, in rosso no
Aziende municipalizzate sì, in rosso no Dal Piemonte la proposta di certificare i bilanci di tutte le società Aziende municipalizzate sì, in rosso no TORINO — Anche le aziende «municipalizzate», come le grandi imprese italiane quotate in Borsa, avranno i loro bilanci «certificati»? Una risposta positiva, o meglio una spinta a farlo al più presto, è partita ieri da Torino, da un incontro organizzato dal Criplel, il Comitato regionale Piemontese che raggruppa 18 delle 400 imprese a gestione locale, con oltre 19 mila addetti (quasi un decimo degli occupati nelle «municipalizzate» di tutta Italia). Ma per capire l'importanza della proposta, partiamo da un rapido identikit delle società «municipalizzate». Di esse si parla pochissimo, anche se rappresentano una fetta non trascurabile dell'economia italiana. Basti pensare che queste imprese (389 nel '79, ultimi dati ufficiali) occupano 137.800 addetti, investono alcune centinaia di miliardi l'anno (394 nel '79), in alcuni settori (acqua, trasporti, igiene urbana) hanno il monopolio assoluto e un disavanzo annuo che si aggira sui 1300 miliardi A capo di questo impero, che fattura olire 1500 miliardi l'anno, c'è un comunista bolognese, Armando Sarti, che da tempo ha dichiarato guerra al bilanci passivi. Una guerra che passa attraverso la riduzione del costo del lavoro (che incide mediamente sul 52% dei bilanci, con punte del 75% nei trasporti e del 75% nei servizi di igiene urbana), la scarsa capitalizzazione delle imprese, un profondo squilibrio nella struttura costi-ricavi, una giungla incredibile dal punto di vista gestionale. Di tutto questo s'è parlato ieri a lungo nell'incontro piemontese, presenti big del settore di tutta Italia, arrivando anche ad alcune conclusioni. La prima, di Aldo Pedussia condirettore dell'Acquedotto municipale di Torino, è questa: anzitutto va condotta una guerra a fondo agli sprechi, avendo come obiettivo l'economicità gestionale, per non scaricare costi inutili sul cittadino-utente. In pratica Pedussia, muovendosi sull'onda di un leit-motiv che da tempo circola ai vertici Cispcl, ha proposto l'Introduzione di un «bilancio tipo» per tutte le «municipalizzate». Questo anche per ovviare a realtà gestionali profondamente diverse. Tanto per fare un caso, non si capisce come l'azienda del gas di Trieste (un miliardo 339 milioni di passivo a fine '78) non debba avere risultati uguali a quelli della «consorella» genovese, che riesce a chiudere invece in pareggio. Secondo Pedussia, una via d'uscita dovrebbe essere appunto la certificazione dei bilanci, che «servirà anche alla maggiore e migliore considerazione e conoscenza dei servizi pubblici degli enti locali da parte del cittadino-utente che ne è — sostanzialmente — l'effettivo proprietario». Un lancia a favore dei «bilanci puliti» l'ha spezzata anche Marko Bush, partner della Price Waterhouse, una delle maggiori società internazionali di auditing, che ha proposto un «approccio graduale» alla revisione-certificazione attraverso quattro esercizi. Secondo Rush questa filosofia, in pochi anni, potrebbe portare non solo a una maggiore «efficienza aziendale delle municipalizzate», ma dovrebbe dare anche un «valido contributo a una maggiore economicità di gestione delle imprese, a beneficio di tutta la collettività», che non vedrà rincarare continuamente le tariffe dei servizi pubblici locali per ripianare deficit spesso immotivati. „ c. roc.
Persone citate: Aldo Pedussia, Armando Sarti, Marko Bush, Pedussia, Price, Rush
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