Ecco com'era fatto Sant'Antonio da Padova di Giuliano Marchesini

Ecco com'era fatto Sant'Antonio da Padova Una commissione ha aperto il sepolcro ed esaminato attentamente le spoglie Ecco com'era fatto Sant'Antonio da Padova Alto circa un metro e settanta aveva corporatura robusta - Contrariamente a quanto tramandato dall'iconografìa, aveva il viso allungato e gli occhi infossati - La salma indossa ancora un piviale dell'anno 1000 DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PADOVA — Com'era fatto Sant'Antonio di Padova? Risponde la commissione di studiosi, nominata dal Vaticano, che ha concluso la «ricognizione» sulle spoglie, a distanza di 630 anni dall'ultima apertura del sepolcro: era alto circa un metro e settanta, decisamente robusto, e contrariamente a quanto tramandato dall'iconografia, non aveva un volto tondeggiante, ma allungato; il naso era «stretto e alto», gli occhi erano infossati. Dall'osservazione della struttura si deduce anche che si trattava di un «gran camminatore». Questa l'immagine di uno dei santi più popolari del mondo, che in questa città chiuse la sua straordinaria esistenza. «Nella tarda primavera del 1231, gravemente ammalato — dice la biografia —, Sant'Antonio si ritira per un periodo di riposo nella tenuta dell'amico conte Tiso a Camposampiero. dove continua a predicare alle folle dall'alto del famoso noce. In questo periodo si situa anche una visita a Verona alla corte di Ezzelino da Romano, per cercare di ammansire il tiranno autore di tante efferatezze. Tredici giugno 1231: ri male di Antonio da Lisbona, che tutti ormai chiamano Antonio di Padova, si aggrava e il santo lascia Camposampiero su un carro tirato da buoi, che lo porta all'Arcella. alle porte di Padova, dove muore con lo sguardo fisso al cielo». Storia amorevolmente custodita dalla città veneta, nella basilica che accoglie una venerazione ininterrotta. Secondo le stime, sono quasi quattro milioni all'anno i pellegrini che vengono qui a rendere visita a Sant'Antonio, a portare affanni, confidenze e speranze. Fuori del tempio, lungo la fila di banchi colmi di candele, di ritratti e statuine, è un andirivieni incessante. Quest'anno, ricorrendo il settecentocinquantesimo anniversario della morte del Santo, s'è deciso di compiere questo accuratissimo esame dei resti conservati nell'arca, consunta dai milioni di mani che vi si sono posate. I dati storici riferiscono che la prima ricognizione fu eseguita nel 1263. «quando le ossa del Santo furono traslate dalla loro prima sepoltura, nell'antica chiesetta padovana di Sancta Maria Mater Domini, ad un sepolcro situato nella basilica della quale si era iniziata la costruzione». Il secondo esame delle spoglie di Sant'Antonio risale al 15 febbraio del 1350. con il trasferimento del corpo nell'arca, nella cappella sulla sinistra dell'aitar maggiore. Dopo oltre sei secoli s'è aperto di nuovo, con comprensibile emozione, il sepolcro di Antonio di Padova: un avvenimento che. naturalmente, ha richiamato l'attenzione di una quantità di studiosi. La commissione cui era affidata quest'opera estremamente delicata era presieduta dal prof. Virgilio Meneghelli. ordinario di anatomia all'Università patavina. Tutte le risorse della scienza moderna erano a disposizione per la «riscopertadelie spoglie di Sant'Antonio. Ne è uscita un'immagine del Santo molto più precisa, una figura che si ritiene alquanto aderente alla realtà. I risultati ai questa ricognizione sono stati illustrati ieri durante una conferenza-stampa in una sala accanto alla basilica, in un'atmosfera di particolare suggestione. Oltretutto, gli esperti hanno stabilito di collocare l'età della morte di Sant'Antonio intorno ai quarant'anni. mentre le biografie riferiscono che la vita del Santo durò trentasei anni. Meno facile, invece, accertare senza ombra di dubbio le cause del decesso, che secondo quanto si tramanda avvenne per una forma di idropisia. Lo scheletro, rifericono gli studiosi, è ben conservato, non reca segni di particolari alterazioni. La salma era ancora avvolta dai resti di un piviale di seta rossa, con bordure a ricamo che si fanno risalire all'Anno Mille: forse si tratta di tessuti di origine bizantina. Nel rimettere in luce la sepoltura del Santo, si sono trovati anche piccoli anelli, monetine del 1231 e iscrizioni su pergamena, che ora sono raccolti in una saletta sotto trepida sorveglianza. Questo è il grande patrimonio del culto popolare di Sant'Antonio. Il prof. Cleto Corrain, ordinario di antropologia all'Università di Padova, mostra la piena soddisfazione per l'esito di questa ricognizione: «Qualcuno pensava che nel sepolcro non potesse esserci più nulla, che forse la gente veniva qui a mettere la mano sull'arca per niente. Allora, si è voluto vedere. Ed è stata una verifica emozionante. In realtà, c'era tutto, tranne l'avambraccio e la mano sinistri del Santo. Credo che questa operazione abbia un valore notevolmente storico, per tutto quanto si è potuto accertare. Ora, vedo Sant'Antonio diversamente da come lo ha dipinto Giotto». Per la prima quindicina di febbraio, le spoglie di Antonio di Padova rimarranno esposte nella basilica. Arriveranno molte altre schiere di pellegrini a visitare il Santo che adesso si conosce ancora di Giuliano Marchesini

Persone citate: Antonio Di Padova, Cleto Corrain, Maria Mater Domini, Tiso

Luoghi citati: Camposampiero, Lisbona, Padova, Verona