L'America di Reagan annuncia il riarmo Forse ritorsioni contro l'Iran «barbaro» di Ennio Caretto

L'America di Reagan annuncia il riarmo Forse ritorsioni contro l'Iran «barbaro» Dichiarazioni del ministro della Difesa e del capo di S. M. L'America di Reagan annuncia il riarmo Forse ritorsioni contro l'Iran «barbaro» Gli alleati europei esortati ad unirsi agli Stati Uniti per contenere l'Urss - Forniture militari al Marocco - Aiuti economici alla Giamaica, uscita dalla sfera cubana - Attesa conferenza stampa del segretario di Stato Haig DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — In contrasto con le iniziative di distensione di Giscard d'Estaing nel Golfo Persico, e con un implicito monito all'Urss a non intervenire in Polonia, il ministro della Difesa, Weinberger, ha annunciato ieri «il riarmo dell'America». Testimoniando al Congresso, nel corso del dibattito sul bilancio della Difesa dell'ex presidente Carter, da lui definito .inadeguato», Weinberger ha affermato che gli Usa .devono colmare il divario negli armamenti» che li separa dai sovietici. «Quello attuale — ha detto — è un decennio pericoloso: non possiamo escludere che dovremo ricorrere alla forza per salvaguardare i nostri interessi e quelli degli alleati». Il contrasto con le preoccupazioni europee è stato accentuato da un rapporto parallelo del rapo di Stato Maggiore, generale Jones. «I sovietici — ha scritto Jones — devono trovarsi sempre di fronte alla prospettiva certa di un conflitto geograficamente più vasto e qualitativamente più violento di quello che sono preparati a sostenere». «In particolare — ha aggiunto — devono essere persuasi che una violazione degli interessi nostri o degli alleati nel Golfo Persico scatenerebbe un confronto con gli Stati Uniti non limitabile a quella regione». Il generale Jones ha indicato in un nuovo bombardiere atomico, il B-I, che sarebbe -invisibile', cioè capace di sottrarsi ai radar, la prima arma da adottare. Sia Weinberger che il capo di Stato Maggiore hanno insistito sul fatto che il «riarmo dell'America» non può procedere separatamente da quello dell'Europa. Il generale ha sostenuto che la superpotenza «non può e non deve sopportare da sola l'onere di una strategia globale» di contenimento dell'Vrss. «Dovunque la sicurezza fosse minacciata — ha precisato — gli alleati dovrebbero unirsi a noi». Il generale ha lamentato che né la Cee, né il Giappone condividono il parere del nuovo governo americano, secondo il quale il principale pericolo per la pace nel mondo è costituito oggi dall'espansionismo sovietico. Weinberger ha esortato gli alleati a fare sacrifici se necessario, annunciando riduzioni nei servizi pubblici e nelle spese sociali in Usa per dare spazio agli investimenti militari. Contemporaneamente agli annunci di Weinberger e al rapporto di Jones, il Dipartimento di Stato ha reso noto che «dure ritorsioni» potrebbero venire adottate contro l'Iran per i maltrattamenti inflitti agli ostaggi di Teheran. Un portavoce ha dichiarato che il presidente Reagan intende rispettare in linea di principio gli accordi conclusi da Carter, ma non esclude di penalizzare a breve scadenza il regime di Khomeini «per la "sua barbarie». Tra le misure allo studio vi sono l'imposizione di un nuovo blocco dei commerci, il congelamento dei fondi residui iraniani, e la denuncia dell'Iran come «Stato santuario del terrorismo». In base a una legge di tre anni fa, uno Stato del genere non può ricevere aiuti economici, né militari. Significativamente, il Dipartimento di Stato ha chiesto agli americani di «non recarsi in Iran per alcun motivo». L'irrigidimento dell'America nei confronti sia dell'Urss sia dell'Iran, e la sua volontà di riarmo si inquadrano in una concezione e in una strategia radicalmente diverse da quelle di Carter. Reagan vuole riaffermare il prestigio e la forza Usa in tutto il mondo. Pur senza fare «il pompiere, né il gendarme», come ha sottolineato il ministro della Difesa, gli Stati Uniti si propongono di garantire l'equilibrio internazionale con una politica estera e di difesa attive, non passive, di attacco e non di ritirata. Il Presidente stesso ne ha dato i primi segni, decidendo ieri forniture militari al Marocco, l'avversario del Paese che ha mediato nella crisi degli ostaggi, l'Algeria, come la settimana scorsa aveva deciso gli aiuti al Salvador. Questa presa di posizione è in sintonia con l'umore del Paìse, uscito dalla presidenza Carter con l'ansia della rivinca. Il ritorno degli ostaggi ha generato un'ondata di patriottismo che Reagan cavalca con estrema abilità. Come ha dato il via al rinnovamento economico, così il presidente sta per darlo a quello degli affari internazionali. Reagan ha autorizzato ieri la prima conferenza stampa del segretario di Stato Haig, e ne terrà una personalmente stasera. Si prevede che ribadirà, il suo tema preferito: negoziati con l'Urss solo in condizioni di parità o superiorità, non inferiorità; opposizione a Mosca dovunque estenda la sua influenza. Reagan ha già indicato che la sua concezione non conosce limiti geografici. Al Marocco, minacciato dai guerriglieri nel Sahara, darà soprattutto carri armati. Alla Giamaica, il cui premier Seaga si è recato ieri da lui, darà principalmente aiuti economici. Con il presidente sudcoreano Chun Doo Hwan, che lo incontrerà lunedì, discuterà la stabilità nell'Estremo Oriente. Non teme di non avere mezzi sufficienti per l'impegno globale. Ha accolto in pieno il suggerimento di Haig, che una presenza va istituzionalizzata nelle -aree calde», e che una forza di pronto intervento deve essere messa a punto per le altre zone. Con molto interesse è studiata la linea che il presidente viene elaborando verso i Caraibi e il Centro America. Seaga è il primo leader straniero a visitare la Casa Bianca dall'insediamento. Sino alla sua elezione, lo scorso novembre, la Giamaica era nell'orbita cubana. Adesso se ne è staccata: è possibile che Reagan chieda che l'isola divenga un bastione americano. Qualcosa del genere potrebbe maturare nel Salvador, dove però la guerra civile rischia di costringere la superpotenza a esercitare forti pressioni. Su questo sfondo inquietante si chiude il capitolo degli ostaggi. Ieri, dopo la -celebrazione della libertà^ alla Casa Bianca, i più hanno fatto ritorno alle loro case. Ennio Caretto