Università: ore 11 lezione di comico
Università: ore 11 lezione di comico Sordi in cattedra a Roma alla Facoltà di Lettere fitta di giovani Università: ore 11 lezione di comico ROMA — «Allora, miei cari professori, miei cari studenti universitari, mi avete invitato in questo tempio della cultura, e io credevo che fosse uno scherzo. Adesso, teoricamente, non saprei cosa dire». Non è vero. All'Università di Roma, davanti a una fittissima folla di settecento ragazzi anche in piedi o seduti sul pavimento, tra grandi applausi e molte risate, senza ombra di contestazione né di polemica, Alberto Sordi partecipa al Seminario scenico compreso nella sperimentazione didattica su «L'attore: tradizione e ricerca», promosso dall'Istituto del Teatro e dello Spettacolo della facoltà di lettere. Previsto per tre giorni, il suo corso universitario rimarrà invece una lezione unica: parte per Parigi, dove un suo vecchio film viene presentato con il successo d'una nuova scoperta francese dell'attore. Tra gli studenti e il gran comico sessantunenne (faccia distesa, aspetto di prospero commendatore. Principe di Galles, cachemire, bellissime scarpe inglesi, sinfonia di marroni) l'incontro è stato senz'altro felice: soltanto un poco noioso. Non certo per colpa di Sordi: lui ha fatto di tutto, e così dopo la politica-spettacolo o la chiesa-spettacolo s'é vista pure l'università-spettacolo. Ha rifatto benissimo la voce di Oliver Hardy, con la quale debuttò come doppiatore. Ha riprodotto le antiche difficoltà di dizione («non ce la facevo a dire ferro, carrozza, guerra: alla romana, pronunciavo fero, garozza. guera»), per cui gli consigliavano di cambiare mestiere. Ha rifatto il geniale numero di imitazioni ironicamente pessime del muggito bovino, dello starnazzare di gallina e del rombo d'aereo, a suo tempo accolte in teatro a Roma da gelida incomprensione e sconcerto. Ha recitato la strofetta scema ideata per lui, boy del varietà, da un celebre autore d'epoca: «Pigliala allegramente l arrabbiarsi cosa vale / al fegato può far male / e poi devi chiamare il dottor». Ha illustrato la proiezione di brani del suo primo film. Mamma mia, che impressione. Ha raccontato barzellette. Ha ricordato aneddoti incantevoli della sua vita d'attore, di «questo mio genere di neorealismo satirico che poi è diventato la commedia all'italiana». Ha civettato col pubblico, interrompendo ogni tanto i discorsi con battute di finta insicurezza: «Adesso però non vi deludete». «Ho parlato bene?», «Ho detto giusto?». Ha pure sospirato con afflitta complicità, vedendo in platea un amico di sempre, il regista Luigi Filippo D'Amico: «Eh, Pippo mio...». Un poco noiose, invece, le domande degli studenti, dapprima poste collettivamente attraverso il professor Mariotti (barba e capelli neri ricciuti, zoccoli olandesi ai piedi). Niente più che gli eterni interrogativi per decenni ripetuti dai più sciatti intervistatori di rotocalco, o riesumati da Pippo Baudo in 'Domenica in»: come si è svolta la sua carriera, come costruisce i suoi personaggi, qual è il segreto della sua comicità... Le risposte hanno dato a Sordi l'occasione di esporre qualche piccola filosofia professionale: «Il pubblico mi ha sempre dato eccitazione: non emozione né panico, eccitazione»; «La vita per me è un teatro, una rappresentazione continua: tutto è comico, an che il rapporto sessuale, anzi soprattutto quello»; «Io vole vo essere Gary Cooper, ma il fisico non m'aiutava: come un sacerdote, sentivo la vocazione all'esibizionismo»; «E anche umiliante, essere attore: un mestiere da servo, sei al servizio di tutti». Più vivaci le domande poste direttamente dagli studenti soggiogati dalla presema del divo, a parte quelle inevitabili e lamentose degli aspiranti attori. Mai avuto crisi d'identità? «Beh, no. I miei personaggi non mi rispecchiano: io sono un poeta, un eroe, un generoso, un innamorato». E' arrivato al successo per via di raccomandazioni? «Ho ossessionato la gente, ho chiesto, cercato, insistito, colto tutte le occasioni, mi sono imposto con improntitudine: nessuno regala niente, cari studenti. Ci vuole costanza, dedizione, passione, fatica, resistenza». Ha senso la comicità, in tempi cosi orribili? «La gente vuol avere qualche momento di distrazione. Se riesci a farla rìdere in tempi orrìbili, è un contributo che dai alla società». Ti senti realizzato? «Beh, si. Non ho rinunciato a niente, tutto quello che volevo fare l'ho fatto». E' bello, il successo? «Arriva anche il momento che il pubblico te lo toglie, il successo. Allora è un colpo mortale e resta una strada sola: te ne devi andare». Alla fine: cosa ti ha dato questo seminario qui all'Università? «Il piacere d'incontrare gente giovane, culturalmente cosi preparata. E anche educata: credevo peggio. M'aspettavo più casino, pardon, più caciara». 1.1.
Persone citate: Alberto Sordi, Gary Cooper, Luigi Filippo D'amico, Mariotti, Oliver Hardy, Pippo Baudo, Sordi
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