Reagan agli ostaggi: «In futuro attueremo immediate ritorsioni» di Ennio Caretto

Reagan agli ostaggi: «In futuro attueremo immediate ritorsioni» Reagan agli ostaggi: «In futuro attueremo immediate ritorsioni» I reduci dalla prigionia in Iran ricevuti alla Casa Bianca I diplomatici Usa all'estero saranno difesi con «ogni mezzo di cui l'America dispone» Elogio per le famiglie - Un prigioniero tentò il suicidio, esasperato dalle sevizie Guardie algerine hanno strappato alcuni ostaggi agli studenti al momento dell'imbarco NEW YORK — Tra sventolìi di bandiere e suoni di fanfare, il presidente Reagan ha ieri accolto alla Casa Bianca i 52 ostaggi di Teheran, denunciando la loro 'Crudele prigionia*, e ammonendo che d'ora innanzi -gli Stati Uniti attueranno una politica d'immediata ed efficace ritorsione* contro il terrorismo. In quello che è l'ultimo capitolo di un'odissea incominciata il 4 novembre del '79, con la cattura dell'ambasciata americana in Iran, il capo di Stato e di governo ha individuato l'inizio di una strategia della forza diretta a imporre dovunque il rispetto del prestigio e degli interessi della superpotenza. « Voi — ha detto dei diplomatici all'estero — godrete di ogni strumento di difesa di cui l'America dispone... Si afferma che esistono limiti alle nostre capacità: io affermo che esistono limiti alla nostra pazienza». Reagan ha parlato alla presenza del corpo di spedizione che invano aveva cercato di liberare i prigionieri la scorsa primavera, e dei rappresentanti dei Paesi che hanno mediato nella crisi come l'Algeria. Il suo è stato innanzitutto un discorso di 'Celebrazione della libertà — che. ha dichiarato — non può essere oggetto di baratto». Ma la sua insistenza sul patriottismo, il suo ricordo delle due guerre mondiali, e persino del Vietnam e della Corea, hanno sottolineato che più che alla storia egli guarda al futuro. «So che non potrete mai dimenticare quanto è accaduto — ha detto il presidente agli ostaggi — ma vi chiedo di voltare pagina, come lo chiedo alla nazione». Reagan ha esaltato un sergente dei marines. James Lopez, che durante la detenzione aveva scritto in spagnolo sul muro della cella •bianco, rosso e azzurro», i colori della bandiera americana, perché i carcerieri non capissero. Ha elogiato le famiglie dei 52 per il loro comportamento. E ha concluso sostenendo che la vicenda ha fornito al Paese occasione d'unità e rinnovamento. A nome dei reduci, gli ha risposto Bruce Laingen. Seimila persone hanno partecipato alla solenne cerimonia nel giardino della Casa Bianca, riservata normalmente ai capi di Stato o di governo stranieri. In prima fila, accanto agli ostaggi e ai congiunti, erano sull'attenti le famiglie degli otto marines morti lo scorso aprile nello sfortunato blitz nel deserto di Kavir. Più oltre si scorgevano ministri, parlamentari, alti ufficiali delle forze armate, membri del corpo diplomatico. Alle 15,15, dopo l'inno nazionale, i reduci, i familiari e un gruppo più ristretto di invitati si sono recati nella storica «stanza azzurra» per un ricevimento. Reagan si è accomiatato dagli ospiti alle 16,15. Ha accompagnato la tumultuosa giornata l'eco inquietante dei maltrattamenti subiti dai 52 nella prigionia. L'addetto commerciale, Kennedy, ha rivelato che nel febbraio dell'80 uno degli ostaggi tentò il suicidio per sfuggire alle sevizie fisiche e mentali inflittegli. Ha rifiutato di farne il nome. 'Non so se lo curarono — ha detto —ma ci portarono via le cinture dei calzoni, addirittura ci tagliarono le maniche delle camicie per impedire che qualcun altro tra di noi cercasse di impiccarsi». Il Dipartimento di Stato ha confermato che martedì della scorsa settimana, al momento d'imbarcarsi sull'aereo della libertà a Teheran, gli ultimi quattro o cinque americani della fila furono trascinati via dagli studenti iraniani. Li salvarono le guardie algerine dell'apparecchio, piombando tra la folla roteando i fucili e spingendoli a bordo. In un rapporto al presidente, il segretario di Stato, Haig, ha precisato che dei 52 «ima dozzina» soffre di disturbi mentali. Sono probabilmente gli 11 che ieri mattina, prima della partenza dall'Accademia Militare di West Point, vicino a New York, hanno rifiutato di presentarsi alla conferenza stampa. L'incaricato d'affari Bruce Laingen, che ha diretto l'incontro coi giornalisti, ha affermato che nessuno è però «in gravi condizioni». Le uniche due donne tra gli ostaggi, il consigliere politico Swift e la direttrice dell'Istituto irano-americano Koob, hanno smentito di essere state violentate. Hanno detto di aver ricevuto un trai¬ tamento più «umano» dei colleghi. Singolare è stata la protesta di Clair Barnes: 'Avevano messo una telecamera persino nei gabinetti — ha dichiarato — perché non ci scambiassimo note». La grande giornata dei reduci è incominciata ieri mattina con la partenza da West Point alla volta di Washington. Quattro aerei li hanno portati insieme con i familiari nella capitale. Erano ad attenderli all'aeroporto il vicepresidente Bush, il generale Haig, il ministro della Difesa, Weiberger, e altre personalità. Ennio Caretto West Point. Brace Laingen e l'ex ostaggio John Graves durante la conferenza stampa (Tel.)