La profezia dell'ambasciatore Frassati di Lloyd GeorgeAlfredo Frassati

La profezia dell'ambasciatore Frassati IL CARTEGGIO CON GIOLITTI NEL SECONDO VOLUME DI «UN UOMO UN GIORNALE» Da Berlino, invano si oppose a elezioni che prevedeva avrebbero portato alla Camera Mussolini - Contrario al trattato di Versailles, credeva nella fratellanza dei popoli europei - Denunciò gli errori delle potenze vincitrici Quando, nel novembre del 1920. venne nominato ambasciatore a Berlino. Alfredo Frassati aveva cinquantun anni e un'esperienza impareggiabile dietro di sé. Direttore di La Stampa dal 1900. nel 1913 era stato nominato senatore del Regno. Giolittiano da sempre, si era battuto invano affinché l'Italia rimanesse neutrale nel 1915. Ritornato al potere dopo la guerra, Giolitti volle utilizzare le grandi qualità di questo suo fedele collaboratore e amico. In un primo tempo Sfprza aveva pensato all'ambasciata di Londra, anche perché Lloyd George disse che lo avrebbe accolto con simpatia. Ma Frassati preferi la Germania, dove aveva soggiornato a lungo durante gli studi universitari e aveva compiuto appassionate ricerche storiche e sociologiche. Si dimise da direttore di La Stampa, della quale divenne magna pars Luigi Salvatorelli, un maestro d'intere generazioni. Frassati aveva scelto giusto, anche dal punto di vista politico. A Londra e a Parigi si liquidava il passato; a Berlino si costruiva l'avvenire. Il primo a intuirlo era stato Nitti. che aveva fatto della riconciliazione con la Germania il fondamento della «rigenerazione» europea. Egli vi aveva Inviato un diplomatico di grandissima esperienza, l'ex segretario generale del ministero degli Esteri Giacomo De Martino, con il compito di realizzare una collaborazione italo-tedesca per la ricostruzione della Russia. Lo scopo di Nitti era molto e forse troppo ambizioso: quello di riportare Germania e Russia sovietica in seno al consesso delle nazioni europee, sanando cosi le lacerazioni della guerra. Giolitti non intendeva né poteva spingersi cosi lontano. Su di lui. come del resto su Frassati. pesava l'accusa di -boche-; ma mentre il neo-ambasciatore mostrava di non preoccuparsene. Giolitti non poteva fare altrettanto. Doveva guadagnarsi la fiducia di chi lo aveva ancora in sospetto, e tener conto della difficile alchimia parlamentare. Ed a Frassati che gli imputava una liberalità eccessiva nei confronti dei cosiddetti «guerrafondai». Giolitti replicò che -quando si va in cucina, bisogna pur cucinare con gli ingredienti che colà si trovano-. Frase che non era piaciuta, come non erano piaciute altre iniziative dell'ottantenne presidente del Consiglio. E da Berlino, dove continuava a seguire le vicende italiane, Frassati non esitò a esprimergli la sua opinione contraria a nuove elezioni. Fece presente che il sistema proporzionale, introdotto da Nitti. non avrebbe permesso radicali spostamenti, e - poiché la psicologia dei popoli dopo la guerra è uguale in tutti i Paesi, vedrai che dalle nuove elezioni due gruppi avranno notevole giovamento: il gruppo comunista e quello fascista...-. Tremenda previsione! Le elezioni portarono alla Camera, per la prima volta, un manipolo di fascisti con alla testa Mussolini che. poco più di un anno dopo, doveva impadronirsi del potere. Il secondo volume, parte seconda, dell'importante opera che la figlia Luciana ha dedicato ad Alfredo Frassati (Un uomo un giornale, Roma. 2 voli.. Edizioni di Storia e Letteratura) è dedicato prevalentemente a illustrare l'opera di Frassati all'ambasciata di Berlino. A rileggere questo carteggio, si ha la sensazione netta che il neo-ambasciatore si sia avvicinato al programma nittiano, nel senso di vedere, nella soluzione della questione tedesca, un modo, forse l'unico, per assicurare la pace in Europa. Contrario, come Nitti. al trattato di Versailles, da lui considerato un tragico errore, si rifiutò di citarlo nella presentazione delle credenziali al presidente Ebert. Non solo, ma nel suo discorso elevò un inno alla necessità della fratellanza dei popoli europei. Presto assuefattosi agli usi e al linguaggio diplomatici. Frassati non rinunciò mai a una sua indipendenza di giudizio. La denuncia degli errori delle potenze vincitrici, soprattutto della Francia, nei confronti della Germania, fu continua e. talvolta, espressa in termini severi. Come lo furono i moniti sulle conseguenze che ne sarebbero derivate: la rinascita dello spirito militarista, nazionalista, e. poi, razzista e revanscista. L'esortazione all'Italia di attuare una politica liberale nei confronti delle riparazioni, arrivando sino al punto di ignorare il trattato di Versailles, voleva anche dire aiutare il governo tedesco a resistere alle insidie degli estremismi e a salvare un'economia corrosa dall'inflazione. L'assassinio di Erzberger fu un avvertimento, di cui Frassati seppe cogliere gli infausti presagi. L'opera svolta dall'ambasciatore, anche nei confronti di uno Sforza restio, affinché si giungesse ad una soluzione equa nella questione dell'Alta Slesia, contesa da tedeschi e polacchi, é ben documentata in questo libro. Frassati rimase a Berlino, con il consenso di Giolitti. anche dopo le dimissioni di quest'ultimo, sotto i governi Bonomi e Facta. E continuò ad informare con prudenza ma anche con franchezza. Le sue doti di scrittore attento ed efficace si rivelano anche nei ritratti degli uomini politici che ebbe modo di avvicinare: Èbert, BUlow. Lloyd George, Rathenau, Ludendorff, Wirth, Hindenburg, Seekt, Cicerin, Krassin. ecc. Si tratta di testimonianze dirette di cui gli storici dovranno far conto. Si dimise da ambasciatore all'avvento al potere del fascismo. Enrico Serra La profezia dell'ambasciatore Frassati Alfredo Frassati