«Una fuga impudente col sapore di beffa» di Liliana Madeo

«Una fuga impudente col sapore di beffa» Comunicato deir«Unione donne italiane» «Una fuga impudente col sapore di beffa» Gianni Guido è il secondo dei 3 assassini del Circeo in libertà - 11 carcere di S. Gimignano era considerato inespugnabile ROMA — «Una fuga impudente che Ita il sapore di una beffa per tutte quante noi»: è una delle valutazioni espresse dall'Unione donne italiane, in un comunicato, alla notizia dell'evasione dal carcere di Gianni Guido, «detenuto modello». E' il secondo dei tre assassini del Circeo che torna libero. Andrea Ghira per la verità non è stalo mai neppure arrestato, e al processo d'appello per l'omicidio di Rosaria Lopez e le violenze inflitte a Donatella Colasanti. gli avvocati di parte civile sollevarono molti interrogativi sulla sua «scandalosa latitanza, protetta dalla forza del denaro e da amicizie potenti» come adesso ricordano le donne dell'Udì. La beffa e lo scandalo non sono circoscritti. Il carcere di San Gimignano è considerato quasi inespugnabile, sottoposto a un regime quantomai severo: ci fu un momento in cui. al ministero di Grazia e Giustizia, avevano pensato di farne uno dei carceri di massima sicurezza. Gianni Guido è riuscito a venirne fuori senza fatica, approfittando di un trattamento che gli era stato concesso sulla base di non si sa quali meriti. L'intenzione di non scontare la pena l'aveva già dimostrata: il 31 gennaio '77. aveva tentato una fuga, bene organizzata, insieme con Angelo Izzo. Erano a Latina, dove si era celebrato il processo di primo grado conclusosi con la condanna all'ergastolo per tutti e tre. Armati di coltello e pistola avevano aggredito un agente, sequestrato un sottufficiale, inferto ferite, impedito a un medico di soccorrere il maresciallo che perdeva copiosamente sangue. Per quattro ore avevano dettato le loro leggi. Alla line si erano arresi. Appena era scattato l'allarme, dalla prossimità del carcere si erano rapidamente allontanate due auto, una Mercedes e una Ford. Trasferiti in carceri diverse, i due assassini non avevano allentato i rapporti che li univano. Avevano continuato a scriversi, ad esempio. Lette- re che i giudici di sorveglianza avevano intercettato e inviato al tribunale. Lettere infarcite di volgarità, arroganza, scurrili espressioni sulle donne, le donne che vorrebbero incontrare, le donne che avrebbero voluto di nuovo umiliare. Ma anche lettere «di affari». In una. Guido «tratta» con Izzo: gli chiede di assumersi la maggior parte della responsabilità, per lo meno morale, su quanto avvenne al Circeo in quel settembre '75, gli fa presente che è il suo papà a volerlo e che il suo papà saprà come disobbligarsi per rendergli meno penosa la prigionia. La dichiarazione di Izzo puntualmente arriverà ai giudici. Sarà una delle pedine difensive di Guido, da inserirsi in una rete di strategie diverse. Ci sarà la lettera di pentimento scritta da Guido ai genitori di Rosaria Lopez e ai giudici. Ci saranno i 100 milioni venuti dalla famiglia Guido ai Lopez perché si ritirino dal ruolo di accusatori. Ci saranno le perizie firmate da autorevoli medici per dire che i due ragazzi non sono tanto sani di mente e che all'immaturità e agli scollamenti della personalità si dovevano fare risalire i comportamenti tenuti al Circeo. La strategia differenziata aveva dato i suoi frutti. In appello per Izzo e Ghira era stato confermato l'ergastolo. Per Guido la pena era scesa a trent'anni. Una differenza di trattamento che già allora era apparsa un'incomprensibile parzialità. Anche perché in nulla, in meglio. Guido si era distinto rispetto agli altri suoi complici. Profonde erano le analogie fra di loro, di estrazione sociale, di cultura, fascistoide e violenta, prepotente e razzista, sprezzante per i deboli e le donne. Al processo di Latina, alla pari di Izzo. aveva riso e sbadigliato. Al processo d'appello non si era neppure presentato in aula. Al Circeo alla pari degli altri era stato sadico e tenace nelle sevizie alle due ragazze. La sera del 29 era ritornato a casa a cena, «perché cresciuto in una famiglia severa». Ma subito dopo era ritornato nella villa per non perdersi nulla dell'orgia di percosse, violenzt sessuali, intimidazioni, insulti, che era in atto e che sarebbe durata fino alla notte successiva. Quando nella vasca da bagno del piano superiore Rosaria veniva fatta lentamente morire, e Donatella dal basso sentiva alternarsi i suoi lamenti, le urla, i pianti, e le sghignazzate dei suoi aguzzini. Donatella sentiva che Rosaria si lamentava di più quando Guido era con lei. «Il peggiore dei tre. Quello che ha dato il maggiore contributo causale alla realizzazione dei reati e più. degli altri si è mostrato refrattario a qualsiasi resipiscenza», scrissero di lui nella sentenza i giudici di Latina. Era l'estate '76. Nella veste di agnello genitori, avvocati, periti lo fecero apparire in occasione dell'appello, nell'ottobre scorso. Una veste costruitagli addosso con i milioni e una calcolata indulgenza, e che ora gli è servita per uscirsene senza fatica dal portone principale di un carcere severissimo. Liliana Madeo Giovanni Guido

Luoghi citati: Latina, Roma, San Gimignano