Parla l'ex leader del moderatismo milanese di Marzio Fabbri

Parla l'ex leader del moderatismo milanese Parla l'ex leader del moderatismo milanese De Carolis: la de rischia la rottura con i cattolici «Il partito è distratto, non si accorge nemmeno della nascita di alcune grandi fortune imprenditoriali, con cui dovrà fare i conti» - «Piccoli è un emotivo» - La «questione morale» MILANO — Massimo De Carolis, già leader della democrazia cristiana «moderata» milanese, è alla soglia dei quarantun anni e qualche ruga comincia a coronare gli occhi, in un viso che si ostina a restare giovane. Il gusto del giudizio tagliente, lo stesso che un paio di mesi fa lo ha messo nei guai con il suo partito per alcune dichiarazioni rilasciate da una radio privata su Sereno Freato, gli rimane. E' al telefono mentre il cronista, seduto di fronte a lui, aspetta di parlargli e gli potrebbe «rapinare» qualche frase: il giudizio su un autorevole compagno di partito è durissimo e De Carolis prega di non riportarlo. Sulla minaccia di Piccoli di deferirlo agli organi competenti del partito ha già rifiutato interviste e anche ora cerca di non affrontare l'argomento. «Piccoli ha il suo carattere — spiega —, è un emotivo, non à un freddo come me... Abbiamo avuto una conversazione di chiarimento durante la quale gli ho spiegato che la mia intensione non era di attacco al partito, ma era mossa dalla necessità di dare risposte partendo da posizioni difendibili. Ora è un discorso congelato... Sono cose che possono capitare, del resto anche con Zaccagnini avevo avuto uno scontro del genere. Il fatto di cui, diremo così, sono accusato è di opportunità politica e quindi non disciplinare. Ho detto a Piccoli che sono d'accordo sulla necessità di difendere Moro, ma difendere anche Freato sarebbe pura follia. E indifendibile e poi non è neppure democristiano*. «Piuttosto la difficoltà — cambia argomento — è come affrontare la questione morale, un problema spinoso. Non c'è dubbio che ci sia un tentativo di addossare alla de tutte le colpe, ma dobbiamo tenere presenti tre elementi: la questione morale non va né respinta né condotta in modo da avvalorare le crìtiche che tendono a dipingere il partito come una "associazione per delinquere" come disse il deputato radicale Melega; non coinvolge solo la de, ma tutti i partiti e infine quando si fa pulizia bisogna consentire a chi è accusato ingiustamente di difendersi». De Carolis ammette che in questi ultimi tempi la sua figura si è un po' appannata: «Di spinte al rinnovamento — spiega — ce ne sono state molte ma senza risultati, nella de. Questo è alla base del logoramento e il ritardo sottolinea che il cosiddetto gruppo dei "cento" in realtà non esiste. E' solo uno slogan usato da persone che magari si coagulano di volta in volta e serve ad alcuni, come "Il Giornale" di Montanelli, per fare finta di avere un referente politico». «Nella de — ammette — al di fuori della vecchia struttura non c'è nulla. Se esisterebbero non 100 ma 50 deputati decisi a fare battaglie intransigenti molte cose potrebbero cambiare, ina non può esistere una nuova generazione se dipende dall'apparato non solo per essere eletta, ma addirittura per avere un posto nelle liste. Solo una volta ci fu una vittoria dei cosiddetti "cento", con l'elezione di Bianco a capogruppo, ma quello fu un colpo da franchi tiratori». Spiega che ad essere appannato non è solo lui. ma tutta un'area e prosegue: «Una battaglia può essere condotta solo dentro il partito, non facendo conto su un consenso di una opinione pubblica che è volubile e non sottile politicamente dato che si muove attraverso linee troppo emotive. Se invece io ho nominato un presidente di banca sono legato con lui da un patto d'acciaio. Oltretutto — aggiunge — tra il '77 e 180 oltre 100.000 a Milano non hanno più votato de: è un'area che non può attendere in eterno che la de cambi e vuole puntare sul vincente, non sul partito declinante». Ma per prendere contatto con questa opinione pubblica non ci sarebbe l'iniziativa politica personale? «Certo, ma è impossibile con un governo così fragile. Avrei voluto parlare contro i patti agrari e la legge sull'editoria, ma avrei troppo aumentato le tensioni e in linea di principio la linea Forlani mi piace». Onorevole, ma lei è demo¬ cristiano o è solo un moderato? «Sono democristiano. Certo, se arrivassi ora alla politica sarebbe diverso, ma quando ho cominciato io c'era una cinghia di trasmissione tra il mondo cattolico e la de. Allora era automatico. Oggi piuttosto penso che la de arriverà presto ad un conflitto con il mondo cattolico che non rappresenta più». Parlando di quella che Piccoli chiama «congiura massonica» De Carolis spiega: «E' una certa intellighentia laica che si ritrova ad esempio nella proposta Visentini di un governo di tecnici e ne è prova la trattativa di Carlo De Benedetti di impadronirsi del Corriere della Sera. Invece la de è distratta, non si è accorta neppure della nascita di alcune nuove grandi fortune imprenditoriali, come i Terruzzi, i Lucchini, i Bagnasco. i Cabassi. La de dovrà fare i conti con loro, disponibili a identificarsi con un establishment tecnicistico». Marzio Fabbri

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