INCONTRO CON FELONI, REGISTA INQUIETANTE di Guido Ceronetti

INCONTRO CON FELONI, REGISTA INQUIETANTE INCONTRO CON FELONI, REGISTA INQUIETANTE Federico mago e cardinale Uno charme unico, una simpatia contagiosa - Della demenza collettiva che sta sbranando il mondo, dice: «Sto a godermi questo spettacolo fantastico, questo grande circo della confusione» - «A New York sei come in un futuro lontanissimo e insieme in un passato dei meno esplorabili: il vero Ufo» Qualche tratto del cardinale Federigo di Mamoni mi sembra si addica bene a quest'altro Federico: Fellini. ■Ben raro però era il risentimento in lui. ammirato per la soavità dei suoi modi, per una pacatezza imperturbabile, che si sarebbe attribuita a una felicità straordinaria di temperamento; ed era l'effetto d'una disciplina costante sopra un'indole viva e risentita». Pennello sublime... All'incirca, gli stessi anni... No, più giovane Fellini, oggi sulla sessantina ma -non incurvato né impigrito punto dagli anni» e «con la canizie, nel pallore... una specie di floridezza virginale...». Perseguitato dall'insonnia, non ne porta sul viso i segni devastanti. Ci deve essere, in quest'anima, un luogo, un divano segreto dove, ogni tanto, le energie si restaurano, è consentito il riposo. Più di cento libri lasciò il cardinale Federigo, tutti illeggibili (Mamoni non osa dirlo, fa dei trucchi per farlo capire): Fellini pochi, solo dialoghi, immagini e ricordi — i suoi film — e una raccolta di conversazioni e historiettes che col titolo mentitamente tecnico e grigiastro Fare un Film (Einaudi, 1980) fornisce una delle occasioni di lettura più deliziose che si possano desiderare. Un librino di verità, frantumata in un caleidoscopio errante i cui rosoni colorati suscitano un ininterrotto piacere. Niente del vergognoso -stile cinema- degli eruditi del ramo! Solo il piacere di comunicare, confortato dal dono (straordinario) di non annoiare. Si è di continuo presi all'amo, da un'esca umbratile, che però hominem sapit. Buon Federico, conosci Kaleidoscope, la poesia di Verlaine dedicata a Germain Nouveau? Cercala: chiunque ami Fellini non dovrebbe mancare di leggerla. Tutto il fellinismo è lì, e perfino la musica di Nino Rota, visione sonora ammutolita. Fra i tanti personaggi introvabili di questo caleidoscopio, ce n'è uno che ho conosciuto anch'io. Gustavo Rol, il torinese dai poteri misteriosi, uno dei grandi sperimentatori dell'occulto viventi oggi, un piede in questo mondo, uno altrove. Il loro incontro era scritto... Rol considera Fellini un illuminato e un leggente. Certamente, anche Fellini possiede qualche potere indecifrabile: la sua simpatia contagiosa, il suo charme coniiersatwo unico, più che tratto di carattere, è un segno. Se ci fosse in lui del satanico, ci sarebbe da diffidarne: ma non mi sembra di averlo fiutato. E' vero che Satana sa nascondersi molto bene... E l'insonnia, non è un poco figlia delle tenebre ? E aver fornito soven te. più in questi che nei passati anni, il supporto della sua genialità evocatrice a spettacoli corrodenti, con le unghiate qua e là del caos e della con¬ fusione, protestando sempre innocenza, speciosa innocenza d'individualismo artistico? Forse, è più nell'ordine mentale, meno inquietante, più giusto il grande sopravvissuto della rivoluzione surrealista, Luis Bunel, ma lascio lì la questione. Per Rol, Fellini è tutto angelico: ma nessuno lo è mai del tutto. Al tempo del muto era più facile esserlo: col pantagruelismo delle immagini sonore, colorate, gigantesche, soverchianti, il contagio delle tenebre è normale. Aspetto a giudicare: intanto il caleidoscopio gira gira gira... Ho qui uno scheggiane di un'intervista incompiuta. Non conoscendo che da pochissimo Fellini. cercavo d'invischiarlo in astrazioni concettuali, in giudizi morali... Questo famoso illusionista mi ha cambiato tutto il tarocco: si è messo subito a caleidoscopìare, mi sono trovato, con stupore, au coeur de la ville magique. Qui però non ci sono che i miei appunti, e molto Fellini è nella voce. Senza la sua voce, che sostiene tutto, I clowns non avrebbero vertebre, cascherebbero come cascatori dìsossatissimi; la voce di Fellini (qui angelico) ne fa un diamante bene inanellato, un arco di coerenti struaaimenti. Nella demenza collettiva che sta sbranando lugubrmente il povero pianeta che la ospita, Fellini vede, con notevole divertimento, un'ininterrotta serie di numeri da circo: — A me. privo come sono di radici morali, dà un grande piacere. Sto a godermi questo fantastico spettacolo, questo grande circo della confusione... Probabilmente, l'origine è nell'informazione culturale e nella privazione di solitudine dell'uomo contemporaneo. Sono saltate le difese dell'isolamento. Si lavora, si mangia con la musica, le notizie, si mastica guardando il video, cioè dietro le sbarre... E' il manicomio quotidiano, dopo lo sfondamento basagliana Passa a raccontarmi del suo sbarco a New York, nel 1950: — A New York sei come in un futuro lontanissimo, e insieme in un passato dei meno esplorabili. E' Ninive. Babilonia. Ugarit e Marte nello stesso tempo, il vero Ufo... Li'America mi appariva meno malata dell'Europa, allora almeno; mi conquistava l'enormità della sua forza vitale e la sua umiltà, la sua tenerezza verso tutto quello che per l'americano sradicato rappresenta la patria europea. Noi siamo paralizzati dalle troppe radici... La grande, vera libertà di dare un pugno — senza rimorso — un pugno risolutore, dopo il quale si volta pagina, il nodo è sciolto, la ignoriamo completamente. L'americano, per sua fortuna, no! O. se sta perdendo questa libertà, vuol proprio dire che sta calan¬ do... Ho visto una volta un tale posare il bicchiere e. calmo, per chiudere una discussione, vlam!! sferrare alla faccia che aveva davanti un pugno tremendo, mandare l'altro a ruzzolare tra le sedie. Poi tutto tornava normale, quello si teneva il pugno e usciva dal locale. Che cosa avrebbe risolto una delle nostre Tavole Rotonde? Avrebbe fomentato pugni peggiori, in un disordine, in una nevrosi permanente. — Mi sbalordiva la quantità di alcool che l'America ingurgita con regolarità impressionante tra le cinque pomeridiane e mezzanotte. A partire da una certa ora. tutta l'America si fa uno smisurato enteroclisma alcolico buccale. Ai ricevimenti, io. astemio, non facevo che vuotare bicchieri, continuamente riempiti, in altri bicchieri. in WC... Assistevo al loro colombeggiare sui mari dell'ubriachezza... L'alcool gli trasforma le facce a tutti... Te le vedi di colpo scardinate, contorte, minacciose o eccessivamente affettuose. Le donne trincano come gli uomini, con impegno femminista, con impeto e autorità. L'indomani mattina, gli ospiti dei parties dormono sotto casa, nelle macchine, il braccio che gli spenzola sui cani randagi, cadaveri provvisori. All'ora di riprendere il lavoro, tutti rasati, a posto, le dentiere splendenti — veri Lazzari risuscitati da un misterioso, viscerale fischietto... —. Ora il caleidoscopio sorvola il regno dei Moscoviani. come li chiamava Lord Vansittart: — In Russia ho scoperto che sono stati loro gli inventori dei cappelletti! E anche, probabilmente, gli inventori del senso religioso. Tutto, in Russia, anche un naso, un sofà, è imbevuto di religiosità. A Mosca ti senti ancora nel cuore di un mondo implacabilmente contadino, naturalmente religioso, sul quale pende in gigantografia l'icona di Tolstoi. Dopo un po' si è veramente stufi... Se non sei dotato di pazienza russa, non ne sopporti i riti. I pranzi, nel Sessantatré. gravitati intorno al festival del cinema. duravano fino a otto ore. Dopo ogni portata c'era un brindisi, un discorso. Per brindare, toccano il bicchiere dell'amico, che ha l'obbligo di restituire il tocco, per umiltà, leggermente al di sotto del punto dove il suo vetro è stato toccato. L'altro, a sua volta, toccherà più giù: è una gara spasmodica tra orli di bicchiere che anelano ad abbassarsi sempre più. si finisce sul pavimento. Ma un vero russo vuole sempre andare più giù. nel sottosuolo, come l'uomo di Dostoevskij. — Oh l'artista straniero è adorato! Purtroppo, c'è l'uso di baciarlo in bocca. Ti sembra di essere a una cerimonia mafiosa. Funzionari di Stato, pittori, violinisti, cosmonauti, non si placano finché non ti hanno inoculato un po' della loro saliva. C'è del magico, si capisce, però da tutti... Chi è del Politburò invecchia tra i baci, forse per questo hanno facce cosi depresse. — Per non premiare Otto e mezzo, che non piaceva alle sfere ufficiali, cercarono di persuadermi il ritiro con questo delicato sistema. Un regista allineato, certo Gerassimov. mi portò in giro per tutta Mosca, di notte, sotto la neve. Ogni tanto fermava la macchina, mi faceva scendere, mi mostrava qualche spettrale meraviglia: l'Università, lo stadio, un grattacielo, un istituto per le autopsie... L'interprete, affannato, spiegava che là. prima del regime, non c'era che fame e miseria, analfabetismo, sifilide. Il popolo russo, abituato a cose positive, sicure, comprensibili, non sapeva che farsene di un film come il mio, bellissimo, ma sconcertante... slegato... nocivo... Nevicava sempre, la scena si ripeteva. Gerassimov mi abbracciava singhiozzando, come se piangesse tanta miseria perduta... Gli amici mi esortarono a tener duro. Finirono al Cremlino, davanti a Kruscev. pregando che mi fosse dato il premio. Kruscev chiamò il ministro della cultura, la Furtseva. e ordinò bestemmiando che il mio film fosse premiato e della cosa non se ne parlasse piiu* Il mio lettore che voglia intrattenersi più a lungo con Fellini si porti in treno, o sulla spiaggia di Cartagine, Fare un film, e trascorrerà due o tre incantevoli ore in sua compagnia, senza imparare a fare un film, mestiere che sono già in troppi a non saper fare. Io accennerò soltanto ai due progetti felliniani di cui qualcuno ha cominciato a parlare: un film sui miti greci (falsariga il celebre lavoro divulgativo di Robert Graves), uno su Serajevo e le origini della prima guerra mondiale. Il mio voto andrebbe senza esitazioni al secondo progetto. Ma il mio voto cade in un'urna bucata e volante: ci vorrebbe Rol, dopo un consulto con gli Arciduchi assassinati. Temo un eccesso di turgore felliniano intorno al sottile, all'asciutto mito greco, e poi sento che è una porta sprangata, per il cinema, un animale imprendibile... Napoleone era Napoleone, eppure la terra russa l'ha ingoiato, disfatto... Intoccabile dall'immagine in movimento, il mito greco: ma un film non realistico sull'anno in cui l'Europa ha cominciato a suicidarsi, potrebbe essere il culmine di una carriera di regista. Non c'è momento più arcano, più fatale, più caotico e indeciso, di quello che va dal colpo di pistola di Danilo Prinkip alla catena delle mobilitazioni generali. Rendere quell'indicibile attimo, il gesto fatale, nell'ombra. dell'Angelo Sterminatore — che magnifico impegno creativo, psicologico, religioso! Un impegno, però, che certo non guarirebbe un'insonnia cronica, lo non dormirei più. C'è bisogno, anche, di un terreno sicuro. Vorrei suggerire a Fellini un consulente prodigioso: John Keegan, docente di storia militare alla Reale Accademia Militare britannica di Sandhurst. Spiriti buoni, fate che Federico Fellini ritrovi il sonno, per poterci dare altri caleidoscopici sogni! Guido Ceronetti Fellini visto da Levine (Copyright N.Y. Review of Books. Opera Mundi e per l'Italia -La Stampa-)