Si apre oggi il vertice di trentasette Paesi musulmani di Igor Man

Si apre oggi il vertice di trentasette Paesi musulmani Si apre oggi il vertice di trentasette Paesi musulmani Tutto l'Islam unito alla Mecca (senza Khomeini, né Gheddafi) DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE TAIP (Arabia Saudita) — Settecento milioni di persone guardano oggi alla Mecca, capitale dell'Islam, sollecitati idealmente da un accadimento definito con enfasi «storico» e che. invero, è di somma importanza politica: il terzo summit islamico. Quindici secoli dopo il messaggio di Maometto, la Ultimali (la Nazione) musulmana rinnova il suo fervore cultural-religioso. riafferma la sua potenza centuplicata dal petrolio e proclama una unità sostanziale a dispetto delle divisioni. Trentasette capi di Stato sono presenti nella moschea sacra. altrettante «stecche» d'un ampio ventaglio di ideologie e tendenze, anche se a far peso sono i moderati: sovrani assoluti e sovrani costituzionali, presidenti di repubbliche, capi di regimi militari d'Africa. d'Asia e del Medio Oriente. Da oggi affronteranno i problemi e i conflitti che squassano l'universo musulmano. I trentasette capi di Stato si sono assegnati un compito in fatto molto ambizioso: «Deli¬ neare una strategia per il prossimo decennio». Strategia al tempo stesso politica ed economica. Al primo punto dell'ordine del giorno figura ovviamente il conflitto arabo-israeliano: il terzo vertice islamico s'è voluto dare l'etichetta di «conferensa della Palestina e di Gerusalemme», secondo la definizione del principe Saud Faisal. giovane ministro degli Esteri dell'Arabia Saudita. Un «pacchetto» di azioni concrete, elaborato il mese scorso a Rabat dalla Commissione Al Kuds (Gerusalemme), sarà sottoposto all'approvazione dei capi di Stato. Torneremo su queste «azioni concrete» che. se messe in opera, potrebbero determinare uno stato di conflittualità affatto inquietante nell'area mediorientale e un irrigidimento del mondo islamico verso gli Stati Uniti. «LIslam, in quanto immensa nasione fatta di ricchi e di diseredaticifermerà il diritto sacrosanto dei palestinesi» — dice il principe Faisal —. «Questa conferensa segnerà una svolta nella storia delrOlp». Certo, il terzo summit islamico, per il semplice fatto di cadere in un momento marcato da accadimenti eccezionali (dalla guerra del Golfo alla nuova presidenza americana), è destinato a lasciare il segno. La sua importanza non è sfuggita al segretario dell'Onu. Waldheim. che parlerà all'assemblea dei capi di Stato il giorno 26. Quelle Nazioni Unite nel cui ambito Arafat intende «ri-, solvere>■ — come ci dice uno dei suoi consiglieri —, la questione palestinese «in termini puramente politici ed entro quest'anno. Confidiamo in un successo, e tutti in Occidente dovrebbero augurarselo e lavorare in conformità, pena la più grande delle tragedie». Arafat sarà l'uomo di spicco della conferenza che. tuttavia, lamenta due diserzioni gravi: quella di Khomeini e quella di Gheddafi. Superando l'avversione per il vecchio imam (qui gli sciiti non sono molto amati). l'Arabia Saudita aveva spedito messaggeri a Teheran per sollecitare la presenza di Bani Sadr al vertice. Ma la delegazione della conferenza è stata dirottata da Teheran a Bandar Abbas per ricevere il più netto dei rifiuti attraverso un discorso-sermone del primo ministro Rajai. Gheddafi. col quale l'Arabia Saudita ha rotto le relazioni il 19 ottobre scorso, non ha prestato orecchio all'invito di re Khaled. Oltre agli assenti, ci sono i «sospesi»: Sadat. per la sua «indegna condotta prima, durante e dopo Camp David», e l'afghano Karma), reo di essersi venduto ai sovietici. ' Re Khaled, custode dei luoghi santi, parlerà agli ospiti. Poi l'imam Subayeb. la cui famiglia tiene le chiavi della moschea sacra fin dai tempi di Maometto, avvierà la preghiera collettiva. Al tramonto i 37 capi di Stato si genufletteranno cinque volte davanti alla Kaaba che custodisce la pietra nera di Abramo, infine faranno sette volte il giro della costruzione cubica, punto di raccolta ideale dell'Islam. Un Islam che intende spezzare il elicile tradizionale per proporsi ambiziosamente come «quarta potenza mondiale». Igor Man