Assolto il giovane accusato d'aver ucciso un neofascista
Assolto il giovane accusato d'aver ucciso un neofascista L'inchiesta sulla morte di Francesco Cecchin Assolto il giovane accusato d'aver ucciso un neofascista DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — Stefano Marozza, giovane simpatizzante comunista, è stato assolto con la formula più ampia dall'accusa di aver partecipato all'aggressione che costò la vita a un coetaneo missino, Francesco Cecchin. La sentenza della Corte d'Assise di Roma chiude il caso del giovane imputato (che torna libero dopo oltre un anno e mezzo di carcere), ma non chiarisce il mistero della tragica fine di Cecchin. Il proscioglimento di Marozza, che può considerarsi definitivo, non rivaluta infatti la tesi della disgrazia da più parti avanzata, ma, al contrario, rilancia l'ipotesi dell'omicidio volontario. I giudici, infatti, convinti che quella sera del 28 maggio 1979 Cecchin fu inseguito, aggredito e gettato oltre un muro presumibilmente da avversari politici, hanno deciso la riapertura delle indagini per fare piena luce sulla vicenda. Non solo: hanno anche invitato il pubblico ministero a procedere per omissione di atti d'ufficio contro i pubblici ufficiali che si occuparono del caso. L'istruttoria dibattimentale infatti, ha messo in evidenza le gravi lacune che caratterizzarono l'inchiesta, impedendo un accertamento più preciso che avrebbe potuto portare all'identificazione degli autori del delitto. Francesco Cecchin. 17 anni, abitava con i genitori e la sorella in via Montebuono, al quartiere Vescovio. Attivista del msi era stato più volte minacciato di morte da avversari politici e, solo poche sere prima del fatto, era stato protagonista di una violenta lite con un gruppo di iscritti alla sezione del pei della zona. Quella sera di maggio era uscito di casa con la sorella per prendere un gelato. Percorsi pochi metri, il giovane, alla vista di una «Fiat 850» che si accostava al marciapiede se la diede a gambe, subito inseguito dai tre occupanti dell'auto. Quello che accadde nei minuti successivi non è mai stato chiarito. Cecchin fu trovato, supino e ormai in fin di vita, ai piedi di un muretto di recinzione di un cortile interno, con contusioni ed ecchimosi in ogni parte del corpo. I suoi inseguitori furono visti risalire sulla vettura e allontanarsi rapidamente. Dopo sedici giorni di agonia e senza aver mai ripreso conoscenza, il ragazzo mori in ospedale. Il 30 giugno, dopo una prima tornata di indagini, la magistratura ordinò l'arresto di Stefano Marozza, che all'epoca stava facendo il servizio di leva. Le prove raccolte contro il simpatizzante comunista si sono però sempre rivelate assai labili. A parte il possesso di un'auto del tutto simile a quella usata per l'aggressione, alcuni compagni della vittima hanno sostenuto che egli faceva parte del gruppo di inseguitori di Cecchin. In dibattimento, però, nessun testimone è stato in grado di fornire prove decisive circa la presenza di Marozza sul luogo del delitto. Lo òtesso pubblico ministero, Nicolò Amato, ha dovuto riconoscere la scarsità degli elementi d'accusa e sollecitare il pieno proscioglimento dell'imputato.
Persone citate: Cecchin, Francesco Cecchin, Nicolò Amato
Luoghi citati: Roma
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