Perché importiamo troppo di Franco Mimmi
Perché importiamo troppo D timore dell'inflazione ha fatto aumentare le scorte Perché importiamo troppo D ministro Manca annuncia un piano per combattere il deficit commerciale ROMA — «Il dramma della politica italiana degli Anni 60 e 70 sta nella famosa storia dei programmi in «due tempi-, di cui il secondo non veniva mai affrontato. Se il nodo essenziale è quello di una ristrutturazione industriale, di sviluppo dei settori economici più avanzati, va incominciata immediatamente-. Cosi il ministro del Commercio Estero, Manca ha risposto a un giornalista, che aveva chiesto chiarimenti sui tempi delle misure a favore dell'economia. L'occasione è stata un incontro organizzato dal «Centro di documentazione economica per giornalisti», nel corso del quale Manca ha presentato in anteprima la «Conferenza nazionale del commercio con l'estero», che si terrà il 30 e 31 gennaio a Roma. Sull'importanza che attribuisce a quella conferenza. Manca ha molto insistito. Si tratta, ha detto, di un bilancio, di un'analisi dell'impostazione data in questi mesi alla politica del ministero, che consiste nel passaggio dal puro e semplice interscambio a relazioni economiche internazionali che tengano conto sia dell'importanza del rapporto coi Paesi industrializzati, sia del ritardo del nostro Paese nel collegamento coi Paesi in via di sviluppo, il cui tasso di crescita si muoverà certo, nei prossimi anni, in modo più dinamico. Insomma: la conferenza deve rappresentare il punto di partenza per una svolta. Per i prossimi tre anni, il ministero retto da Manca ha approntato un piano nel quale sono anche previste le «linee di terapia- per il deficit commerciale, che ha passato l'anno scorso i 18 mila miliardi (contro i 4.700 del 1979). Un risultato preoccupante ma non catastrofico, ha detto il ministro, sia perchè la tendenza al deficit costante è ormai generalizzata e vale anche per paesi come Usa. Giappone e Germania: sia perchè in esso sono compresi i costi di trasporto e assicurazioni, che nella voce export non sono computati; sia perchè il nostro deficit commerciale viene tradizionalmente riequilibrato dalle cosiddette «partite invisibili», quali turismo e rimesse degli emigrati. . Tra le cause del deficit, oltre le maggiori importazioni — petrolio, alimentari — Manca ha posto il timore della svalutazione, serpeggiato per vari mesi in Italia, e l'incremento dei processi di ricostituzione delle scorte. Ma più interessante di tutti è stato il discorso sulle possibili «cure». Al contrario di chi predica una crescita zero per frenare l'inflazione. Manca ritiene che l'Italia debba si perseguire lo scopo di frenare il processo inflattivo. ma in modo equilibrato rispetto a un obiettivo di crescita e di sviluppo. Il calo dell'inflazione dovrebbe pertanto venire da una serie di interventi graduali che consentano un aumento del prodotto nazionale lordo di circa il 3 per cento all'anno. Di conseguenza, anche la riduzione del deficit commerciale avverrebbe a ritmo rallentato, e a fine '83 sarebbe di circa 15 mila miliardi (ma resi meno -pesanti» dall'inflazione e con il pareggio della bilancia corrente). Manca lo ha ribadito: -Siamo sostenitori convinti della necessità di avviare un processo rapido di ristrutturazione industriale, nel quale il nostro ritardo è evidente, e proponiamo uno sviluppo basato sul rifiuto dello sviluppo zero e delle politiche protezionistiche-. Per giungere a ciò. la cosa più importante è un'azione armonica del governo (Manca ha parlato, senza mezzi termini, di •scoordinamento complessivo-). Per il 1983. l'obiettivo è di un aumento delle esportazioni italiane di 65 mila miliardi (valori attuali) con un investimento di 10 mila miliardi. Franco Mimmi
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