Scali ambasciatore in Italia? di Ennio Caretto
Scali ambasciatore in Italia? Scali ambasciatore in Italia? (Segue dalla l'pagina) nato alla «sfida- che l'incarico a Roma rappresenta. «Negli ultimi tre anni ho visitato l'Italia tre volte — ha detto — la conosco, e ci vado, dal '56, quando insegnai alla Fullbright per oltre un anno. Non nascondo la mia preoccupazione per le ultime vicende-. Ha ribadito «il rispetto e l'amicizia- del governo Reagan per un Paese «che è tra i cardini della Cee e della Nato», e la certezza che «gli italiani sapranno superare tutte le difficoltà-. Del mondo comunista, l'Urss e l'Est europeo in particolare, ha dichiarato: «Credo nella forza delle idee, ma sono un pragmatista, e respingo quelle che naufragano nella realtà pratica». Secondo John Scali, la linea americana nei confronti dell'Italia risponderà alle esigenze della nuova amministrazione di rafforzare l'unità del mondo occidentale, ma nell'assoluto rispetto delle autonomie nazionali. Definendo Haig «un segretario di Stato di enormi qualità-, ha affermato che migliorerà i rapporti con l'Europa come con l'Alleanza Atlantica. Ha evitato di analizzare la questione comunista in Italia, sottolineando di non poter parlare a nome dei repubblicani. Ma ha indicato che il governo Usa sarebbe contrario all'inserimento del pei nell'area del potere. John Scali ha rievocato i legami familiari col nostro Paese. - Mio padre è di Reggio Calabria, mia madre di Paternopoli. In casa da ragazzi parlavamo italiano, lingua che non ho affatto dimenticato. Mia moglie, che è di discendenza francese e ha lavorato a lungo al Dipartimento di Stato, è stata all'ambasciata Usa di Roma per due anni, nel '59 e nel '60. La seconda delle mie tre figlie ha studiato a Firenze-. Se la proposta di Haig venisse suggellata, «con piacere- la famiglia si trasferirebbe. «Sarei io quello cui mancherebbe di più Washing¬ ton: è un momento molto importante per gli Stati Uniti, lavorarvi come giornalista è affascinante-. Brevemente, ha accennato alla crisi missilistica di Cuba, i cui retroscena erano stati divulgati dallo storico Arthur Schlesinger nella biografia di Kennedy. «Fui avvicinato — ha riferito — dal capo del Kgb negli Stati Uniti. Era il colonnello Alexander Fomin, che avevo incontrato nel corso del mio lavoro di corrispondente dalla Casa Bianca. Aveva più influenza dell'ambasciatore Dobrynin, perché vecchio amico di Kruscev. Mi suggerì una delle idee che io sottoposi al segretario di Stato Rusk e allo stesso presidente Kennedy. Furono approvate, i missili non apparvero mai più a Cuba». Il ruolo di Scali nella presidenza Nixon fu meno drammatico. Da osservatore della Casa Bianca, dove aveva stretto una solida amicizia sia con Kissinger che con Haig, il suo aiutante, egli divenne suo portavoce all'Onu. Dell'esperienza Scali ha un ricordo nostalgico, ma non la ripeterebbe. Ritiene che l'Onu vada riformata, o rischierà la paralisi dovuta ai contrasti d'interesse e alle pressioni sul Terzo Mondo. Vi sono altri candidati all'ambasciata di Roma, e i loro nomi circolano con insistenza nella capitale. Uno è quello del sottosegretario di Stato per gli Affari Europei, George Vest, dimessosi col cambio della guardia tra Carter e Reagan martedì, un diplomatico raffinato. L'altro è quello di Robert Barber, attualmente ministro all'ambasciata Usa da Madrid. Entrambi smentiscono di essere stati interpellati, a quanto indicato dal Dipartimento di Stato. Nessuno dei due ha però con Haig il rapporto che ha John Scali, né le sue amicizie in Italia. E si dice che il generale sia deciso a rivolgersi solo a vecchi alleati. Ennio Caretto
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