Brzezinski si difende di Arrigo Levi

Brzezinski si difende Brzezinski si difende (Segue dalla 1 * pagina) per di più rinunciare unilateralmente alle nostre nuove relazioni con la Cina. I russi non mostravano alcun autocontrollo: perché mai noi avremmo dovuto autolimitarci nelle nostre iniziative politiche?... Ma — chiedo — questo atteggiamento dell'America non finì per dare ai russi la sensazione che ognuno era libero di fare quello che voleva? Perché dunque l'America non cercò di impegnare i russi in una discussione generale sulle regole della distensione, che coimwlgesse sia le relazioni cino-americane, sia le azioni sovietiche? (E'quello che allora consigliava Kissinger). Risponde Brzezinski: «Il problema vero era quello dello stile e del metodo di negoziato. Il metodo e lo stile negoziali di coloro che. al Dipartimento di Stato, effettivamente trattavano con i russi, era diverso dal mio. Essi tendevano a concentrarsi su questioni specifiche e non avevano alcuna inclinazione a ragionare in termini strategici globali. Il loro approccio al negoziato era legalistico, un problema alla volta». «La sola eccezione — ricorda Brzezinski — si ebbe quando Carter in persona si impegnò in un vasto riesame delle relazioni sovietico-americane con Breznev, al vertice di Vienna dell'estate 1979». Ma quel l'ertice non ebbe alcun seguito, e sei mesi dopo i soiùetici invasero l'Afghanistan. Chiedo: una diversa impostazione americana, quale oggi la descrive Brzezinski, che comprendesse cioè sia delle reazioni più vigorose sia una proposta di negoziato globale, avrebbe potuto influenzare e modificare i comportamenti sovietici? «E1 difficile giudicare — risponde Brzezinski —. Forse sì. almeno fino ad un certo punto. Ma i sovietici erano di umore molto aggressivo, erano molto sicuri di sé. sia per la loro nuova potenza militare, sia per le reazioni dell'America al Vietnam. Forse era inevitabile che attraversassimo una tale fase di politica sovietica molto attiva (assertive). Negli ultimi due anni dell'Amministrazione Carter, la politica estera americana e Carter si indurirono, e allora i russi finirono forse per chiedersi se non fossero andati troppo in là». E' per questo — chiedo — che essi non sono intervenuti in Polonia? Brzezinski risponde: «Forse. Ma è presto per dirlo». Quali propri principali contributi alla politica estera americana negli anni di Carter, Brzezinski elenca: la normalizzazione delle relazioni con la Cina: l'aggiornamento della dottrina stretegica americana e l'idea della forza di intervento rapido: la definizione di una politica che mira a creare un quadro di sicurezza regionale nel Golfo Persico, rovesciando cosi la tendenza al ritiro dell'America da questa zona. Guardando al futuro, e declinando qualsiasi commento sull'Amministrazione Reagan, nel primo giorno della nuova presidenza, Brzezinski dice: «Il futuro delle relazioni Est-Ovest dipenderà principalmente da quello che farà l'Occidente. L'Occidente ha l'obbligo di cercare di convincere i sovietici che è necessaria una distensione più equilibrata, fondata sull'accettazione di autolimitazioni reciproche, e che in questo contesto è possibile un ulteriore progresso verso il controllo degli armamenti. L'Occidente deve anche diventare più forte, particolarmente nella zona del Golfo. Se diventiamo più forti, ma teniamo aperta una opzione negoziale verso TUrss, i sovietici potranno finire per vedere i vantaggi di una politica di reciproca moderazione». «Dobbiamo seguire insomma una politica duplice. In passato, c'era tra i democratici, anche nell'Amministrazione Carter, la tendenza a scegliere unilateralmente una politica di acquiescenza. Cosi, tra la gente di Reagan c'è la tendenza a scegliere soltanto una politica di confronto e di riarmo. Ma se lo scopo è evitare una nuova guerra fredda e una nuova, illimitata, corsa agli armamenti. l'Occidente deve trovare invece un giusto equilibrio tra queste due linee di politica estera». Arrigo Levi

Luoghi citati: Afghanistan, America, Cina, Polonia, Vienna, Vietnam