Indiziati tre detenuti che avrebbero ucciso un compagno di cella davanti a 80 testimoni

Indiziati tre detenuti che avrebbero ucciso un compagno di cella davanti a 80 testimoni Sembrava un giallo senza soluzione, ma la pazienza di un giudice è stata premiata Indiziati tre detenuti che avrebbero ucciso un compagno di cella davanti a 80 testimoni Giuseppe Lo Casto, 34 anni, fu assassinato per vendetta due giorni dopo il suo ingresso alle Nuove - Nessuno aveva «visto» o «sentito» nulla - Un'indagine da certosino ha consentito di risalire ai probabili autori del delitto Risolto il giallo del delitto avvenuto alle Nuove, il 17 ottobre scorso, quando Giuseppe Lo Casto, 34 anni, fu accoltellato durante l'ora d'aria. In quel momento, nel cortile del quinto braccio, c'erano altri 83 detenuti e nessun agente di custodia. Come ha in seguito accertato il giudice istruttore Maddalena, che ha condotto l'inchiesta, c'è una mezz'ora in cui i detenuti restano praticamente senza sorveglianza. 'Non ci sono agenti a sufficienza» ammette la direzione del carcere. Soccorso da taluni compagni, portato in infermeria e poi al Maria Vittoria, Lo Casto mori poco dopo per le due coltellate, una alla schiena e una nel ventre. Bloccato l'ingresso del braccio, gli agenti identificarono tutti gli 83 detenuti e il magistrato li interrogò. La frase che si senti ripetere più spesso è stata: «Non ho visto niente, ero voltato'. Lo Casto era entrato alle Nuove appena due giorni prima, il 1— ottobre, con l'accusa di aver partecipato a estorsioni e attentati a panificatori, un settore particolarmente preso di mira dal racket. Il 17 ottobre, per la prima volta, usci per l'ora d'aria e si trovò di fronte i suoi assassini: qualcuno che lo conosceva be- ne e che aspettava la prima occasione per vendicarsi. Le fotografie degli 83 detenuti testimoni del delitto che giuravano di non avere mai conosciuto la vittima sono passate nelle mani dei carabinieri del reparto operativo del colonnello Romano e mostrate a gente del giro di Lo Casto, amici, conoscenti. Parecchi hanno indicato" tre persone notate — quando erano in libertà — più volte con la vittima. Giovanni Sorbo. 22 anni, originario di Cerignola, in provincia di Foggia: Raffaele Panebianco, 23 anni di San Donato di Ninea (Cosenza) e il compaesano Francesco D'Elia, 22 anni. Le indagini, condotte dal brigadiere Ria, a questo punto hanno preso un indirizzo preciso. Sono venuti fuori fuori particolari interessanti: tutti e tre hanno precedenti per rapine, furti, detenzioni d'armi, estorsioni e attentati. La conoscenza con la vittima, ostinatamente negata, era tutt'altro che superficiale. Lavoravano per conto di Lo Casto, che indicava loro gli obiettivi prescelti dai boss della «mala». Negli ultimi tempi, però, i rapporti tra Lo Casto e il terzetto di giovani manovali del crimine si erano incrinati. Sembra che i tre avessero sbagliato porta e messo la bomba ad un altro indirizzo. Avevano però preteso di essere pagati lo stesso da Lo Casto. Panebianco, D'Elia e Sorbio erano finiti in carcere dopo una soffiata fatta, con ogni probabilità, proprio da Lo Casto. Cosi, quando lo hanno visto arrivare alle Nuove, non hanno atteso un giorno di più per restituire lo hanno visto arrivare alle Nuove, non hanno atteso un giorno di più per restituire lo «sgarbo». Mentre due lo fronteggiavano, il terzo lo ha colpito alla schiena. A questo punto il giudice Maddalena ha di nuovo interrogato gli altri ottanta testimoni del delitto e più di uno ha cominciato a «ricordare» meglio la scena che si era svolta sotto i suoi occhi. L'inchiesta sta per concludersi. Sorbo, Panebianco e D'Elia (difesi dagli avvocati Albanese, Pastore e Tartaglino) continuano a negare: ma contro di loro gli indizi si accumulano.

Luoghi citati: Cerignola, Cosenza, Foggia, San Donato Di Ninea