Nel pozzo siderurgico di Mario Pirani

Nel pozzo siderurgico Nel pozzo siderurgico (Segue dalla l'pagina) 5000 miliardi in Francia, ecc. E veniamo all'Italia dove non si è fatto nulla ne in un senso ne nell'altro. All'attivo vi è che la siderurgia Iri. rinnovata nel dopoguerra e ampliata negli Anni 70. si trova tecnologicamente all'avanguardia e potrebbe reggere alla concorrenza internazionale. Ma cosi non è. Essa è nata, purtroppo, all'insegna del denaro facile che ha avuto nei governi, nei parlamenti, nei bojardi di Slato gli artefici di una costruzione industriale concepita in un raptus di prolungata dissennatezza. Basti dire che delle migliaia di miliardi investiti negli impianti siderurgici solo 6 lire su 100 rappresentavano capitale proprio mentre il restante era preso in prestito a breve dalle banche. La conseguenza è che tutto ha funzionato fino, a quando, con la crisi petrolifera e l'inflazione, il costo del denaro è balzato dal 6 al 25%. I debiti allora sono diventati incolmabili, la Finsider si è trasformata in un pozzo senza fondo, gli interessi dovuti alle banche sono ammontati nell'80 a mille mi¬ liardi, i debiti sfiorano i 10.000 miliardi e ogni mese si fa fatica a pagare gli stipendi ai 120.000 dipendenti. Di contro, in concomitanza con la caduta della domanda di acciaio, vi è stata un'ulteriore diminuzione della produttività che ha reso il costo per unità di prodotto sempre meno competitivo, mentre la sequela di scioperi e di microscioperi, quasi ininterrotti dal '69 in poi, sono costati all'azienda 2500 miliardi. Di fronte a queste cose arcinote vi è stata l'assenza di una politica industriale decisa a salvare quello che andava salvato e a tagliare quel che andava sacrificato. Si è discusso, invece, demagogicamente per anni su Gioia Tauro, il risanamento di Bagnoli, deciso nel gennaio del '78. attende ancora i finanziamenti, i piani siderurgici hanno seguitato ad ammucchiarsi nei cassetti dell"Iri e dei ministeri. Il 16 dicembre ministri finanziari e Banca d'Italia ascoltavano la proposta del ministro del Tesoro, Andreatta, per una legge speciale ad hoc con lo stanziamento di 2500 miliardi per un prestito agevolato quinquennale, mentre lo stato di allarme veniva illustralo dai dirigenti della Finsider alle commissioni parlamentari. D'altro canto il ministro del Bilancio. La Malfa, teme con qualche ragione che una volta mollato il malloppo del finanziamento pubblico, tutto prosegua come prima e in pochi mesi il deficit si ripresenti. Da parte sua De Michelis — che affronta il tema nel suo recente libro bianco — protesta e vorrebbe procedere. I dirigenti dell'Iri assicurano, infatti, che se invece di avere l'insostenibile rapporto del 18% tra interessi passivi e fatturato, fossero messi nelle condizioni dei concorrenti francesi, a cui è stato ridotto al 5%, sarebbero già tornati in attivo. Non manca, poi. la voce delle banche che temono di perdere gli interessi su denari prestati alla cieca. E cosi il tempo passa, tutti mediano e nessuno decide. Chissà che la rivolta di Puri non spinga finalmente governo, parlamento e sindacati a prendere atto che se non si agisce con rapidità, discernimento e collaborazione sociale (non si può certo rifinanziare la microconflittualità!), uno dei settori portanti dell'economia italiana è destinato a naufragare. Mario Pirani

Persone citate: Andreatta, De Michelis, La Malfa, Puri

Luoghi citati: Francia, Gioia Tauro, Italia