Il sindacato risponde no di Marzio Fabbri

Il sindacato risponde no Il sindacato risponde no «Si vuole cominciare a licenziare in uno stabilimento efficiente come Castellanza per aprire la strada alla trattativa per tutti gli altri» - Oggi il coordinamento del gruppo MILANO — Montedison, stabilimento di Castellanza e sede centrale. Il piano di ristrutturazione annunciato nei giorni scorsi dall'azienda prevede nel primo 409 licenziamenti e nella seconda 1313. In entrambi i casi cifre piuttosto vicine al 25% degli occupati. Per di più in queste due realtà la riduzione di personale dovrebbe scattare subito, senza contrattazione. Solo una volta che questi primi 1722 lavoratori se ne saranno andati, nelle intenzioni di Foro Bonaparte, sarà possibile aprire una trattativa per gli altri. Lo strano è che queste due realtà sono proprio opposte: da un lato uno stabilimento-pilota, attivo e all'avanguardia in molte produzioni in Italia e in Europa; dall'altro uffici di un ceto impiegatizio tradizionalmente non portato alle lotte Perché proprio su questi due punti pare maggiormente concentrata l'intenzione ridimenslonatrice della direzione? Andiamo a chiederlo ai diretti interessati. Luigi Mara, del consiglio di fabbrica di Castellanza, non ha dubbi: 'Questa è il punto di maggiore resistenza'e se lo vogliono togliere dai piedi subito». Aggiunge: «Ma Montedison si sbaglia di grosso se crede di poter vendere già la pelle dell'orso. Qui si lotta e non basta che la direzione passi sopra le nostre teste come se avesse già abrogato il consiglio di fabbrica». «Non abbiamo nessuna intenzione di discutere dei numeri — spiega Mara —; noi siamo qui per affrontare i problemi della organizzazione produttiva e piuttosto chiediamo la testa di un gruppo dirigente dimostratosi incapace. Quelli si che bisognerebbe licenziarli». Ieri sera sono partiti tutti per Roma per partecipare al coordinamento nazionale, poi ci sarà una lunga serie di assemblee in preparazione dello sciopero del 14: «La Montedison-— prosegue il delegato — vuole espellere i lavoratori di Castellanza prima di discutere degli altri, e allora noi ci prepariamo ad una lotta di grande respiro nella quale sia chiaro che utilizzeremo tutte le forme. La direzione vuol passare qui per dare una lezione di intimidazione a tutti gli altri, ma non ce la farà, questo lo diciamo chiaro». Spiega Mara che, oltretut¬ to, la realtà di Castellanza è ben diversa da quella obsoleta di tanta parte della chimica italiana. Nel 1980 lo stabilimento ha segnato utili per otto miliardi nel settore della chimica secondaria e fine. I toni di Giorgio Greco, del consiglio di sede, sono meno aggressivi: «Non so se si possa dire che questo è l'anello più debole; certo le tradizioni di lotta impiegatizie non sono molto forti... Ma ci pare chiara la volontà della Montedison di esasperare da subito il clima, fare in modo che la sede non riesca a collegarsi con gli stabilimenti dove la resistenza operaia è sicuramente maggiore. E' vero, gli impiegati non sono in grado di mettere in campo grosse forze, ma nel passato più recente, ad esempio per lo stabilimento di Massa, qualche risveglio di combattività c'è stato, anche per quelli non direttamente coinvolti... E' quello che si deve fare anche adesso». Walter Galbusera, segretario generale della Fulc, In procinto di partire per Roma dove oggi è in programma il coordinamento nazionale del gruppo, non ha dubbi che quello della Montedison nei confronti dei lavoratori della sede e di Castellanza sia un •atteggiamento discriminatorio, ricattatorio e provocatorio in cui c'è da verificare anche una ipotesi di attività antisindacale. Montedison in questi due casi non dà margine di trattativa, ma anche se ci fosse urgenza — rileva — ci sarebbe pur sempre la cassa integrazione speciale. Noi dobbiamo pretendere in primo luogo un comportamento sociale da chi sollecita finanziamenti pubblici e quindi andiamo ad un confronto anche con il governo. Marzio Fabbri

Persone citate: Bonaparte, Giorgio Greco, Luigi Mara, Walter Galbusera

Luoghi citati: Castellanza, Europa, Italia, Roma