Durerà la «luna di miele» a Washington? di Furio Colombo

Durerà la «luna di miele» a Washington? IL REPUBBLICANO PORTATO AL POTERE DA UNA ONDATA CONSERVATRICE Durerà la «luna di miele» a Washington? '" 1 ™ 1 " .... 1 ■■■■ -■■ —-■N. 1 sostenitori di Reagan hanno in comune l'avversione per Carter, le sue presunte debolezze, ^intellettualismo» dei democratici - Ma sono divisi da profondi contrasti, predicatori progressisti e moralisti all'antica, negri e ebrei, fautori della libera iniziativa e protezionisti - Riuscirà il nuovo «leader» a mantenere un accordo? NEW YORK — A un nuovo presidente nella tradizione americana spetta la 'luna di miele'. Significa tregua fino a quando il suo profilo si fa preciso, e la sua politica diventa un fatto visibile, da sostenere o da combattere. John Kennedy ha avuto una brevissima «luna di miele*. L'affare di Cuba gli è scoppiato subito in mano. Nixon l'ha avuta lunga, ma ha pagato il conto tutto insieme in quella valanga di punizioni, giustizia e vendetta che è stato il Watergate. Reagan comincia bene, quanto all'immagine. E' un uomo sereno, sa rispondere con calma, controlla i nervi e gli spettatori, e ha tutte le qualità per mantenere abbastanza a lungo il periodo di armonia che comunque gli spetta. Avrà, si prevede, due ostacoli. Il primo è la dura eredità di Carter, soprattutto l'economia. Il secondo, si prevede, meno evidente ma più insidioso, • una specie di bomba a orologeria-, come l'ha definito Joseph Kraft, columnist di Washington. Gli ingredienti esplosivi sono le molte anime di tanti conservatorismi profondamente diversi, storicamente slegati, culturalmente senza rapporto, che hanno fatto confluire su Reagan il fiume di voti che gli ha dato. la presidenza. I due crociati «C'è un punto in cui le acque di questi fiumi diversi dovranno incontrarsi e mischiarsi. Daranno luogo a un grande lago armonioso o ad un gorgo?» si domanda Marc Tannenbaum, dell'American Jewish Committee, cioè il rappresentante di un gruppo che è molto vicino a Reagan e molto lontano da altri sostenitori di Reagan. Tannenbaum e il suo gruppo hanno prestato molta attenzione a uno strano incidente accaduto all'inizio di ottobre durante un'assemblea di predicatori battisti del Sud americano. Si tratta del movimento guidato dal reverendo Jerry Falwell e dal reverendo Bailey Smith, due celebrità della cosiddetta «religione elettronica», cioè infaticabili e prestigiosi predicatori del video. Il convegno era stato benedetto da Ronald Reagan con queste parole: «Non siete voi che dovete dare il vostro sostegno a me. Sono io che lo do a voi. Voi siete sulla strada giusta e potete contare sulla mia partecipazione leale alla vostra crociata». Le crociate non sono la cosa più affascinante per i freddi gruppi intellettuali e i circoli economici del Nord-Est e dell'Ovest americano che pure si preparano a dare tutto il sostegno a Reagan, per chiare ragioni di politica economica e di politica estera. Nessuno però si aspettava che il reverendo Bailey, presente e approvante il reverendo Falwell (insieme si calcola che controllino venti milioni di americani), pronunciasse a un certo punto, ben chiara al microfono, la frase «Dio onnipotente ascolta le nostre preghiere. Dio onnipotente ascolta le pregniere dei cattolici e quelle dei nuovi cristiani e di coloro che sono nati di nuovo nel grembo di Dio. Ma noi sappiamo che il Dio dei cristiani non può ascoltare le preghiere degli ebrei. Perché essi non sono il suo popolo». La fortuna politica di Reagan vuole che in quel momento il candidato repubblicano non fosse in aula. Era in aereo, stava tornando in California e si trovò di fronte, all'aeroporto, una siepe di microfoni più folta del solito. Fecero appena in tempo ad avvisarlo della curiosa opinione teologica del reverendo Bailey. Reagan in quel momento era in testa, nei sondaggi di opinione, ma il margine era stretto ed incerto. Non poteva perdere il voto della -moral majority' e non poteva perdere né -il voto freddo' degli economisti e banchieri dell'Est, né l'alleanza amichevole ormai stabilita fra repubblicani e opinione ebrea d'America. Gli servi tutto il sorriso, lo charme e anche la prontezza che si impara nel mondo dello spettacolo. Riuscì a dire subito: «Sono sicuro che Dio ascolta le preghiere di tutti i veri credenti. Poiché veniamo tutti dalla stessa tradizione giudaico-cristiana, lo stesso Dio ascolta le nostre preghiere e quelle delle persone di fede ebraica». / fatti si sono poi susseguiti con il ritmo incalzante dei drammi politici, prima il reverendo Falwell, poi il reverendo Bailey sono venuti in gran fretta a New York, hanno cominciato a incontrare, con la maggior pubblicità possibile, rabbini influenti e leaders della comunità ebrea. Le rapide sequenze televisive e i resoconti di stampa non danno l'impressione di un problema superato per sempre. Uno dei due predicatori è stato più estroverso. Falwell ha detto in fretta ai microfoni: «Abbiamo chiarito che si è trattato di un malinteso». Ma non ha voluto raccogliere le domande dei giornalisti. Bailey è stato più austero. La sua frase, suona così: «Abbiamo confrontato le nostre basi teologiche e ne abbiamo constatato la diversa fondatezza nel rispetto reciproco». Una frase su cui gli ebrei americani hanno deciso di lasciar cadere il silenzio. L'evoluzionismo Ma il silenzio non durerà a lungo. La parte -neo cristiana' che ha dato con passione il suo voto a Reagan vuole la, preghiera obbligatoria nelle scuole pubbliche. Nel fervore della campagna Reagan ha promesso il suo sì. C'è un pro¬ blema. La preghiera, cosi come è desiderata dalla -moral majority', è rigorosamente cristiana. Crea qualche problema persino per i cattolici. Sicuramente non può essere accettata dagli ebrei. La stessa agguerrita formazione guidata da Bailey e da Falwell ha più ampi progetti. Per esempio la rigorosa censura dei libri nelle biblioteche scolastiche, comprese le scuole medie superiori e le università statali. Qui lo scontro con il tradizionale liberalismo culturale ebraico (e i suoi esponenti nelle punte più avanzate della cultura d'America) non può che essere duro e frontale. Sono secoli che le minoranze culturali ed etniche hanno imparato che brutti periodi cominciano quando si censurano i libri. Come se non bastasse, si affaccia la questione dell'-evoluzionismo'. Tutta la cultura americana, comprese le punte più avanzate del neo-con¬ servatorismo — che sostiene Reagan, invoca il liberismo in economia e una più rigorosa politica di difesa — non ha alcuna voglia di confrontare la teoria -creazionista- della Bibbia (versione Falwell e Bailey) con quella -evoluzionista' che ormai è parte ovvia e comune del sapere scientifico. Di nuovo il mondo della cultura -seria', per quanto possa essere diviso dalle polarizzazioni di -destra' e -sinistra' conosce il rischio, non solo morale ma anche politico, di toccare i fondamenti scientifici in qualunque punto. Sanno che può prodursi una reazione a catena di pregiudizio bigotto. Non era in questo clima che la maggioranza degli americani aveva invocato una diversa politica e un presidente diverso. Ma la crepa nel terreno argilloso di Ronald Reagan si estende in modo ancora più vasto. Il neo-cristianesimo della -mo- ral majority' coincide quasi del tutto con un'America bianca, individualista, di buone condizioni economiche, che non ha alcuna voglia di fare altre concessioni a Paesi che considera -pagani' e -inferiori'. Questo gruppo e chi li rappresenta vuole troncare ogni aiuto al Terzo Mondo e alle agenzie che lo rappresentano, Nazioni Unite, Banca mondiale, Fondo monetario. Su questo punto si leva indignato l'intero establishment della nuova politica estera che fa capo ad Alexander Haig e che non ha certo in progetto un'America isolazionista, e tutto il mondo bancario e degli affari, che ha immensi progetti — in atto e in sviluppo — proprio attraverso Fondo monetario, Banca mondiale e agenzie dell'Onu. Un conto è usare questi strumenti in modo diverso (impegno politico di Reagan e del suo nuovo gabinetto) un conto è privarsene, in nome del ritorno alla responsabilità individuale dei -nuovi cristiani'. E' vero, i -nuovi cristiani' 'compensano le loro visioni originali della preghiera, della scienza e del mondo, con appassionate dichiarazioni di sostegno a Israele e con l'unirsi al coro di chi invoca più spesa per la Difesa. Ma di nuovo una fenditura passa sotto il terreno di un'apparente unità. I neo-conservatori sono quasi tutti esponenti di establishment ti nomi più celebri sono quelli di Irving Kristol, Seymour Lipset, Norman Podhoretz, Cari Gershaman, Midge Decter, Sidney Hook) e conoscono bene i percorsi intricati della politica economica (vogliono più libertà per gli operatori, non un liberismo selvaggio), della politica estera (si deve trattare con i russi da posizioni di forza, ma la parola è sempre trattare) e dei mille fili che legano il governo federale e quello locale. Se gli interventi federali si troncano di colpo — secondo l'aspirazione del nuovo «individualismo cristiano' — possono saltare, in termini economici e di pace sociale, intere città. Infine è tipico dei neo-con¬ servatori essere difensori appassionati delle libertà fondamentali. Per esempio, sulla questione dello spostare in autobus i bambini bianchi nei quartieri negri al fine di integrare le scuole, i neo-conservatori, come i nuovi cristiani, esprimono opposizione. Ma i -neo conservatives» credono nel processo politico e, nella tradizione intellettuale e in quella dell'-autentica America- che invocano e a cui sono irreversibilmente legati, non possono certo concepire che l'esaltazione di una libertà (mandare i bambini alla scuola di propria scelta) possa associarsi a un nuovo obbligo (pregare per legge) o alla censura sui libri. L'inventario delle fenditure nascoste è però ancora più esteso e profondo. Sia -moral majority' che i conservatori della vecchia guardia (cioè sia l'ala religiosa che quella laica e nostalgica del conservatorismo americano) vorrebbero abolire le prestazioni mediche garantite ai più poveri dallo Stato federale o locale o dai governi municipali. Ma la somma di quegli aiuti sono miliardi di dollari di fatturato per le industrie chimiche e farmaceutiche, che sono state fin dall'inizio vicino a Reagan per naturali ragioni di affinità politica, ma non possono certo condividere il -neo-proibizionismo » mutualistico. Il Sud Africa Su -una nuova politica di comprensione verso il Sud Africa- i neo-conservatori, che hanno un acuto senso della storia, non sono così entusiasti come gli altri gruppi conservatori che sostengono Reagan. Anche su questo terreno vedono problemi di cautela e prudenza, anche perché sanno bene che toccando bruscamente l'equilibrio internazionale in un punto, si può compromettere la credibilità o la forza in molti altri punti (relazioni fra Egitto e Israele, ad esempio). Quando la luna di miele di Ronald Reagan sarà finita e le molte venature di contrasto diventeranno evidenti all'interno della sua maggioranza, si sentiranno più chiare le voci (già adesso ne parlano Podhoretz, George Will, Joseph Kraft) che ammoniscono: «Una coalizione di spinte diverse va bene per vincere le elezioni. Adesso il problema è di dare un volto, che sia nuovo, coerente e moderno, allo slogan e alle ambizioni del neo-conservatorismo a cui Ronald Reagan vuol dare il suo nome». Furio Colombo