In cambio 50 tonnellate d'oro di Ennio Caretto

In cambio 50 tonnellate d'oro In cambio 50 tonnellate d'oro (Segue dalla l'pagina) Casa Bianca ammettevano di non aver previsto simili dimostrazioni di odio e derisione. Resistendo all'ennesimo rammarico, i congiunti degli ostaggi si accingevano a un'altra notte di attesa. Nel crepuscolo agitato della presidenza Carter, il suo successore Reagan ha già reso noto che chiederà ad alcuni degli uomini che hanno negoziato il rilascio degli ostaggi di restare al loro posto per qualche giorno o qualche settimana «a seconda delle circostanze*, «sino a che i prigionieri non toccheranno il suolo tedesco*. Ha asserito il nuovo Capo di Stato americano: «Le mie apprensioni non si placheranno... ma non sono contrario all'attuazione dell'accordo, a meno che contenga clausole segrete, cosa di cui dubito*. Il suo portavoce, Brady, non ha escluso che egli chieda a Carter di recarsi a Wiesbaden, forse oggi stesso, in una chiara risposta al regime di Khomeini. «Afa dall'istante dell'insediamento* ha concluso ieri «il comando delle operazioni viene assunto dal segretario di Stato, il generale Haig*. La crisi si è risolta nelle terribili 48 ore trascorse tra l'alba di sabato e quella di ieri. Il primo segno del suo felice esito Io ha dato il negoziatore iraniano. «Abbiamo un accordo di principio — ha detto all'agenzia di stampa Paars —. Gli Stati Uniti hanno avanzato cinque suggerimenti di secondaria importanza a cui abbiamo subito risposto*. Ma due intere giornate sono passate senza che la firma dell'intesa fosse possibile. Il direttore della Casa Bianca, Watson, ha indicato die in realtà restavano due punti controversi: «Uno è l'esatto ammontare dei fondi da restituire all'Iran — ha spiegato —. Esso oscilla tra gli 8 e i 9 miliardi di dollari. L'altro è il meccanismo arbitrale che risolverà i contenziosi tra il regime di Khomeini e le imprese americane sul risarcimento danni*. Soltanto il lavoro febbrile del negoziatore Usa ad Algeri, Christopher, ha sbloccato la situazione nella notte tra sabato e lunedi. Sul finale romanzesco del dramma, che ha visto la superpotenza succuba della rivoluzione islamica per oltre 14 mesi, non sono stati forniti finora particolari esaurienti. Ma i termini dell'accordo finanziario sembrano i seguenti. La Riserva Federale consegna all'Iran, tramite la Banca d'Inghilterra, 50 tonnellate di oro, del valore di più di un miliardo di dollari (1000 miliardi di lire) nonché un miliardo e mezzo di dollari in valuta pregiata. Le grandi banche, tramite le filiali in Europa, restituiscono altri 4 miliardi di dollari. Un miliardo e mezzo di dollari rimane infine a Londra, oggetto del contenzioso sul risarcimento danni. Ha precisato il portavoce del Dipartimento di Stato, Trattner, che il resto delle somme rivendicato dall'Iran resta agli istituti di credito a rimborso dei crediti a esso concessi in precedenza. L'oro non viene trasferito materialmente dai sotterranei blindati di Fort Knox: sono i computers a fargli cambiare mano con un'operazione contabile. I protagonisti delle trattati¬ ve, convalidando le asserzioni del portavoce Trattner, sembrano pensare che l'intoppo della Banca Centrale iraniana sia autentico. Essa deve fornire alla Banca d'Inghilterra l'autorizzazione ad aprire un conto corrente vincolato sino alla decisione arbitrale. La crisi, tuttavia, si riaprirebbe se, dietro tale esitazione, vi fosse la volontà del regime di Khomeini di riaprire il capitolo delle controversie. Come in un «giallo», si accumulano i sospetti, e prende vigore l'ipotesi che i progressi siano stati possibili solo in seguito ai duri interventi di Reagan. Teheran ha tratto l'impressione, sostanzialmente fondata, che il nuovo presidente non accetterrebbe il trattamento da essa inflitto a Carter. E' un particolare che peserà anche sulla politica estera del nuovo governo repubblicano. L'amarezza dell'offesa, pur nella soddisfazione del risultato raggiunto, ha gettato un'ombra sulle prospettive del riavvicinamento che sembrava maturare tra gli Stati uniti e l'Iran. Già domenica il consigliere della Casa Bianca Brzezinski aveva affermato che la soluzione della crisi non comportava «la normalizzazione automatica dei rapporti*. Ieri sera, vi era un'ira palese nei confronti del regime di Khomeini sotto l'apparente autocontrollo. Il ministro della Difesa designato. Weinberger, ha dichiarato alla televisione: «I governi stranieri e i terroristi siano informati che se fatti del genere dovessero ripetersi gli Stati Uniti reagirebbero con severe rappresaglie. Essi non pagherebbero nessun riscatto e non accetterebbero nessuna condizione». Non si sa se gli ostaggi, che probabilmente raggiungeranno Wiesbaden oggi, toccheranno prima Akra e Algeri. Una tappa è necessaria perché, in base all'accordo, gli Stati Uniti, prima del trasferimento definitivo dei fondi a Teheran, hanno il diritto di controllare il numero e l'identità dei prigionieri. Qualsiasi sosta facciano, passeranno a bordo di due speciali apparecchi medici, con psicologi e agenti segreti a bordo. Il sottosegretario di Stato, Christopher, giudicato «l'eroe delle trattative*, li accompagnerà sicuramente nella parte finale del viaggio. Egli ha siglato il testo dell'intesa con Teheran e lascerà ai sui collaboratori i particolari secondari. Il suo ex superiore, Vance, si dovrebbe unire a lui nella base militare in Germania. Ennio Caretto

Persone citate: Brzezinski, Haig, Khomeini, Knox, Reagan, Watson, Weinberger