Iran diviso come prima dopo il grande business di Igor Man

Iran diviso come prima dopo il grande business A faccia a faccia moderati e oltranzisti Iran diviso come prima dopo il grande business La propaganda iraniana presenta all'opinione pubblica frastornata dai giuochi di potere, dagli scandali, provata dall'economia di guerra, il rilascio degli ostaggi come «l'ultima vittoria contro il grande Satana*. In verità la liberazione dei 52 americani si è compiuta nell'unico modo possibile: nel segno del business, congeniale sia alla filosofia del basar che al pragmatismo yankee. La soluzione incruenta d'uno dei capitoli più pericolosi (e vergognosi) della storia contemporanea dimostra che, se le guerre dei poveri sono ancora possibili, quelle delle superpotenze appaiono impraticabili. Sia Carter che Khomeini lo avevano capito ' fin dal primo momento: la debolezza degli Usa stava nella loro immensa forza, mentre la forza dell'Iran risiedeva nella sua stessa debolezza interna: sarebbe bastato un passo falso del grande impero occidentale per gettare Teheran in pasto all'Urss. Adesso che la vicenda ostaggi si è conclusa, è possibile pensare a un riavvicinamento dell'Iran al mondo occidentale, è lecito considerare superato il perìcolo di uno scivolamento di quel Paese nell'orbita sovietica? La risposta è no. Il destino dell'Iran khomeinista non si è mai, in effetto, giuocato sulla pelle degli ostaggi, bensì sul confronto-scontro fra moderati e oltranzisti. Bani Sadr, che a lungo indicò nella liberazione degli americani l'unica via possibile per uscire dall'isolamento internazionale, dalla spaventosa crisi economica gravida di conseguenze sul piano bellico, è stato scavalcato dagli integralisti, i quali, pur facendo proprie le istanze del presidente laico, han voluto gestire loro la questione per affermare il «diritto» dell'Iran a ignorare gli altrui diritti. Compreso quello di Bani Sadr a condurre la guerra secondo moduli scientifici. Ora è presumibile che l'Iran — caduto l'embargo economico — possa disporre fra non molto di armi e pezzi di ricambio, di fondi per acquistare il necessario materiale bellico si da equilibrare, se non ribaltare, le sorti della guerra che l'oppone all'Iraq. Ma la volontà politica degli integralisti è contraria a una riscossa militare che porti prestigio alle Forze armate riabilitate da Bani Sadr. E' dunque presumibile che, prima di vincere la guerra contro Saddam Hussein, i religiosi si preoccupino di sconfiggere il presidente. Ma poiché, e malgrado di sforzi degli integralisti, la popolarità di Bani Sadr è in continua ascesa, non è improbabile che, alla lunga, lo scontro tra religiosi e moderati degeneri in una guerra civile. Per scongiurare questo pericolo, più che per paura del «duro» Reagan, Khomeini ha scelto la via del compromesso con gli Usa che, illustrato al popolo come una •grande vittoria*, dovrebbe riprendere le smagliature di una rivoluzione tradita. Ma il popolo è stanco e deluso, la popolarità dello stesso imam declina. Di più: l'alleanza strumentale fra le sinistre (dal «Tudeh» filosovietico ai mujeìiiddìn) e gli integralisti accresce il peso politico dell'Urss sulla bilancia della faida interna. Certo, un'accorta politica di recupero da parte dell'Occidente, specie da parte dei Nove, può rallentare l'escalation delle rivalità interne. Una saggia condotta da parte dei Paesi come l'Arabia Saudita e l'Algeria e le decisioni della prossima conferenza islamica di Tali possono raffreddare la tensione nel Golfo. Ma tutto è legato all'esile soffio di vita che sostiene Khomeini. Quando il grande vecchio, ridotto ormai al ruolo di moderatore, non ci sarà più, quella polveriera che è l'Iran potrebbe esplodere al benché minimo «incidente». Igor Man

Persone citate: Bani Sadr, Khomeini, Reagan, Saddam Hussein