La Libia (in attesa di nuovi accordi) blocca le forniture di gas all'Italia di Franco Mimmi
La Libia (in attesa di nuovi accordi) blocca le forniture di gas all'Italia La sospensione dal 1° gennaio, domani il ministro Manca a Tripoli La Libia (in attesa di nuovi accordi) blocca le forniture di gas all'Italia ROMA — Da Capodanno la Libia ha sospeso le forniture di gas naturale all'Italia. Il motivo addotto, si è appreso in ambienti petroliferi qualificati, è che si attende la conclusione delle trattative in corso per un accordo su nuovi prezzi. La fornitura sospesa, di circa 2,5 miliardi di metri cubi (il contratto prevede un massimo di 3 miliardi) è pari a circa il 10 per cento dei nostri consumi (27,5 miliardi di metri cubi nel 1979). Visto che dalla fine del 1981 dovrebbe scattare il contratto con l'Algeria, per la fornitura di 12 miliardi di metri cubi all'anno, la quantità di gas importata dalla Libia non è, ai fini della nostra economia, vitale. Ma non bisogna dimenticare che il gas rappresenta solo il 15,5% del nostro fabbisogno energetico, e il resto dipende quasi esclusivamente dal petrolio, di cui nel 1980 abbiamo importato oltre 13 milioni di tonnellate, circa il 15 per cento dei nostri consumi, proprio dalla Libia. Inoltre, il nostro export verso Tripoli è assai alto (copre circa due terzi dei costi delle importazioni energetiche), e in Libia lavorano molti italiani. E' dunque bene prestare grande attenzione e analizzare quella che potrebbe anche essere una semplice sospensione tecnica, nell'attesa e nella speranza che il ministro del Commercio estero, il socialista Manca, chiarisca nella sua visita a Tripoli — proprio domani, domenica 18, con una delegazione che i libici hanno voluto molto ristretta — i temi in discussione con le autorità libiche: le questioni energetiche e l'inserimento dell'Italia nei programmi economici che la Libia si appresta a varare. E l'analisi della notizia giunta dall'Eni impone di ipotizzare un collegamento tra la sospensione della fornitura di gas e la molto discussa visita di Gheddafi in Italia. Essa fu annunciata dal ministro libico per le Relazioni estere, Shahati, in visita a Roma il 17 dicembre scorso, e dovrebbe avvenire nella prossima primavera. Ma sull'opportunità di questa visita è sorta una discussione assai vivace, che — stando ai «si dice», ma dei beni informati — vede tra chi non la gradisce addirittura il capo dello Stato, Sandro Pertini. Naturalmente, ciò che ha causato la discussione è la controversa figura del leader delia rivoluzione libica, il colonnello Gheddafi. Da anni, si parla di lui come di un sovvenzionatore di terroristi di ogni parte del mondo; gli esuli libici contrari al suo regime uccisi a Roma l'anno scorso sono un altro capitolo misterioso quanto negativo; la sua recente impresa nel Ciad (una fusione che sembra un'annessione, e della quale, il 17 dicembre scorso, Shahati diceva: «Non ho notizia di nostri soldati a N'Djiamena»): tutti elementi che vengono citati da chi si oppone a questa visita. Gli schieramenti non sono omogenei, neppure all'interno dei singoli partiti (tranne i socialdemocratici e i liberali, decisamente per il no, mentre i comunisti fanno notare che Italia e Libia hanno normali relazioni, e non si vede come evitare il viaggio del leader libico). Non è dunque azzardato porre tra le ipotesi quella che il colonnello di Tripoli abbia voluto dare un segnale che sposti a suo favore l'ago della bussola, e il modo migliore era proprio quello di dare forza a chi lo appoggia ricordando a chi lo avversa che la Libia rappresenta per l'Italia un interlocutore economico di grande importanza. Franco Mimmi
Persone citate: Gheddafi, Sandro Pertini
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