Parte alla Chrysler il salvataggio-bis

Parte alla Chrysler il salvataggio-bis Il governo vara un nuovo prestito Parte alla Chrysler il salvataggio-bis NEW YORK — La Chrysler ha ottenuto ciò che voleva e si è forse salvata per la seconda volta in un anno: i sindacati hanno accettato il congelamento dei salari fino alla scadenza del contratto nazionale, nell'ottobre dell'82, e il governo ha stanziato un prestito di 400 milioni di dollari, 360 miliardi di lire, in aggiunta a quello di 800 milioni stanziato nell'80. L'accordo non è definitivo perché condizionato a trattative ancora in corso con banche e fornitori dell'azienda e alla ratifica degli iscritti ai sindacati; ma la drammatica celerità con cui è stato raggiunto fa pensare che anche gli ultimi ostacoli verranno superati. Il salvataggio della Chrysler avviene in un panorama desolante per l'industria automobilistica americana. I bilanci dell '80 si sono tutti chiusi in passivo: più di un miliardo e mezzo di dollari alla Ford, quasi altrettanto alla Chrysler, circa 700- milioni di dollari alla potente General Motors. Nei primi dieci giorni dell'81, inoltre, le vendite sono calate del 20% rispetto a quelle già deboli di un anno fa. La clausola più importante dell'accordo per il futuro della Chrysler è quella che la impegna «a compiere tutti i passi necessari», o alla fusione con un'altra azienda o comunque all'aumento di capitale. Voluta dal governo, essa conferma quanto a Detroit si dice ormai da mesi, che la Chrysler non è più in grado di sostenere da sola la competitività né sul mercato americano né su quelli internazionali. Quali passi compirà il suo presidente Iacocca non è chiaro: cauti sondaggi con la Mitsubishi giapponese sono naufragati la settimana scorsa. Un parziale consolidamento di capitale è invece in atto: metà dei precedenti prestiti privati saranno infatti ripagati nei prossimi mesi dalla Chrysler con azioni privilegiate. Enorme rilevanza agli effetti dei rapporti di lavoro riveste l'accordo sottoscritto da Iacocca e dai sindacati. La Chrysler ha circa 120 mila dipendenti, di cui un terzo in cassa integrazione (più di ventimila sono stati licenziati). Col congelamento dei salari, i sindacati hanno rinunciato a oltre 700 milioni di dollari, 630 miliardi di lire, e si sono obbligati a ulteriori sacrifici se nell'ottobre dell'82 la Chrysler non sarà ancora attiva. Nell'opinione di Detroit, il completo risanamento della Chrysler non sarà però possibile sema quello della intera industria. Grossi interrogativi anzi incominciano a pesare sulla Ford che negli ultimi mesi ha dato segni di impensabile debolezza. Neppure la General Motors, l'azienda più grande del mondo, è protetta dai pericoli. Commentando l'accordo con la Chrysler, il suo nuovo presidente, Smith, ha esortato i sindacati «a non aspettare per fare i sacrifici il momento della bancarotta, ma a controbuire al rafforzamento delle imprese da cui dipende il loro lavoro.. Un rapporto appena ultimato dal ministro dei trasporti uscente, Goldschmidt, ha confermato le inquietanti prospettive di Detroit. Nel rapporto, Goldschmidt ha indicato che attualmente i costi di produzione di una vettura nipponica sono inferiori tra i mille e i millecinquecento dollari rispetto a quelli di una vettura americana, e che, per riportare l'industria in equilibrio, occorreranno investimenti di settanta miliardi di dollari nel prossimo quinquennio. Goldschmidt ha suggerito le seguenti misure: li la limitazione delle importazioni di auto dal Giappone, o attraverso negoziato, o con un decreto unilaterale: 2) lo stanziamento di massicci investimenti da parte del governo, soprattutto nel campo della ricerca, per aiutare l'industria; 3) esenzioni fiscali, abolizione di regolamenti restrittivi, e via di seguito; 4) progrmma di partecipazione agli utili e alle decisioni manageriali delle compagnie da parte degli operai, in cambio di una più oculata politica salariale. e. c.

Persone citate: Goldschmidt, Iacocca

Luoghi citati: Detroit, Giappone, New York