Già raccolte circa 300 firme per riaprire il «caso Gioia»

Già raccolte circa 300 firme per riaprire il «caso Gioia» La vicenda dei traghetti archiviata dall'Inquirente Già raccolte circa 300 firme per riaprire il «caso Gioia» ROMA — Sono già circa trecento le firme raccolte negli uffici di cancellerìa di Montecitorio e di Palazzo Madama per riaprire in Parlamento la vicenda Gioia, dopo l'archiviazione decisa dall'Inquirente. Il caso dei «traghetti d'oro» rischia cosi di approdare davanti alle Camere riunite a giudizio in seduta congiunta, se entro il termine di scadenza, fissato per mercoledì 21, le firme sui registri delle cancellerie raggiungeranno quota 477, una soglia che rappresenta la maggioranza assoluta dei parlamentari. La raccolta delle firme, prò- mossa dai radicali, si è aperta ieri mattina alle 9, e gli uffici sono rimasti a disposizione di deputati e senatori fino alle 20. In serata, avevano firmato quasi duecento deputati, e circa cento senatori. L'esito del tentativo di portare l'ex ministro democristiano della Marina Mercantile a giudizio in Parlamento, è ancora incerto, perché non tutti i gruppi hanno definito le loro posizioni. Oltre ai radicali, si sono già dichiarati favorevoli a mettere in stato d'accusa Giovanni Gioia i comunisti e i missini (che con i radicali hanno firmato le tre relazioni di minoranza), gli indipendenti di sinistra e i deputati del pdup. Uno schieramento che raggruppa in tutto 391 parlamentari. Sono invece contrari i 481 democristiani. I liberali valuteranno un parere dell'onorevole Biondi sulle quattro relazioni presentate, ma sembrano orientati a votare secondo coscienza, cosi come i socialdemocratici e i repubblicani. Rimane aperto, ancora, il problema del psi: la riunione congiunta dei direttivi dei gruppi parlamentari socialisti era prevista per la giornata di ieri, ma è stata rinviata in seguito al lungo dibattito che ha impegnato la Camera sul terrorismo, ed è fissata per oggi pomeriggio alle 15. Anche per i socialisti, sembra prevalere un'indicazione favorevole alla libertà di coscienza, tuttavia non si esclude, nella riunione dei direttivi, il tentativo di arrivare ad una posizione definita e unitaria, o almeno ad un «consiglio tecnico» che inviterebbe i parlamentari del psi a firmare. Ieri pomeriggio, intanto, è calato una sorta di black-out ufficiale sulle operazioni di raccolta delle firme, rotto soltanto dalle indiscrezioni riportate dai deputati che avevano raggiunto la cancelleria delle Camere per firmare. La presidenza della Camera, su consiglio del segretario generale, ha dato disposizioni di riserbo assoluto, in quanto l'operazione in corso «é un atto interno alla Camera», un atto che va coperto da segreto tenendo conto che i parlamentari hanno diritto di ritirare la firma fino allo scadere del termine stabilito per la raccolta. Per Giovanni Gioia, la giornata decisiva dovrebbe essere quella di oggi: la registrazione delle firme potrebbe difatti essere facilitata dal fatto che il voto di fiducia al governo impone a tutti i deputati di essere presenti. Mercoledì sera, in ogni caso, si conoscerà la decisione delle Camere, su una vicenda che l'Inquirente aveva archiviato dopo una votazione a maggioranza, risolta nello spazio di pochi voti (dieci a otto) con il consenso di democristiani, socialisti e socialdemocratici, e la decisione contraria dei rappresentanti comunisti, missini e indipendenti di sinistra. Una vicenda che parte dalle tre navi-traghetto dell'arma¬ tore Russotti, pagate 27 miliardi e date a nolo ad una società del gruppo Iri a 50 miliardi per cinque anni. Gioia, allora ministro democristiano della Marina mercantile, avrebbe favorito l'operazione. Di qui l'intervento dell'Inquirente per accertare eventuali responsabilità penali dell'ex ministro. E dopo l'archiviazione, all'Inquirente, oggi la raccolta di firme tenta di far sbarcare il caso dei traghetti d'oro in Parlamento. e. ma.

Persone citate: Gioia, Giovanni Gioia

Luoghi citati: Roma