Chi può dire d'aver vinto?

Chi può dire d'aver vinto? Chi può dire d'aver vinto? ROMA — «Ma quale umiliazione dello Stato, quale otto settembre, quale Caporetto. Queste sono fregnacce», dice il capo dei deputati democristiani, Gerardo Bianco. L'incubo D'Urso è appena finito alle otto del mattino, e a Montecitorio cominciano i bilanci, i propositi per il futuro. «Questa vicenda riapre la questione della magistratura : un potere sterminato che non risponde a nessuno, in cui ciascun giudice agisce individualmente e autonomamente, su cui non esiste alcun sistema di controllo. Impossibile. Ci vuole un collegamento con gli altri poteri dello Stato che riconduca la magistratura a un'unit* di indirizzi. In molti Paesi occidentali la pubblica accusa è collegata al potere esecutivo: non dico che dobbiamo seguire questa strada, ma un rimedio bisogna trovarlo». Allora è questo il bersaglio vero? Da due giorni le chiacchiere del Parlamento continuavano a ripetere che era stata in realtà la corporazione dei magistrati a trattare la liberazione d'uno dei loro: con l'indulgensa consentendo ai radicali l'intervento nei carceri di Trani e Palmi, con la minaccia spiccando mandati di cattura contro decine di detenuti, con la tempestiva scarcerazione del malatissimo professor Faina imprigionato per terrorismo, con la forza della propria posizione rispetto a chiunque possa temere la legge. Troppo potente, troppo indipendente dal governo quando non è consonante, troppo incontrollabile: magari anche alla ricerca di qualcuno su cui scaricare colpe, sembra rafforzarsi nei democristiani e in alcuni repubblicani l'idea di limitare -lo strapotere» della magistratura. Ma c'è un'aria strana, oggi in Parlamento. Senso di liberazione, di sollievo per la coscienza di tutti: D'Urso è vivo. La fiacca del giorno dopo, della distensione. Il sentimento delle enormi difficoltà che rischiano di schiacciare il go¬ verno Forlani, anche se non in questo momento. Una specie di confusa, battuta tristezza. Si fanno i conti politici d'un mese terribile, si tentano i primi giudizi storicizzanti, si tirano le somme partitiche: chi sono i vincitori, chi i vinti? Se il giudice rapito è tornato a casa a chi va il merito? Quanto ha pesato e peserà ancora questa storia? E lo Stato cosa ha fatto, ha perduto? Sono discorsi che non piacciono al segretario liberale Valerio Zanone: «Se qualsiasi formazione politica si attribuisse il merito della liberazione di D'Urso. dovrebbe almeno implicitamente ammettere di aver fatto o detto cose gradite alle Brigate rosse. Le decisioni dei -terroristi dobbiamo valutarle nella loro logica, non nella nostra. Nella loro logica, la liberazione è un altro attentato, dopo il sequeLietta Tornabuoni (Continua a pagina 2 in quinta colonna)

Persone citate: D'urso, Faina, Forlani, Gerardo Bianco, Tornabuoni, Valerio Zanone

Luoghi citati: Caporetto, Roma