Non è un lieto fine di Vittorio Gorresio

Non è un lieto fine Non è un lieto fine Il profondo sollievo per la mancata esecuzione del giudice D'Urso da parte delle Br non implica soddisfazione per il modo nel quale si è risolta la sua drammatica vicenda. Una vita salvata è un fatto inestimabile che umanamente induce a rallegrarsi, ma sarebbe un errore considerare chiusa la partita con un successo dello Stato, delle forze politiche e delle forze dell'ordine. Crepe si sono aperte nello Stato, la tenuta delle forze politiche è apparsa inadeguata, mentre le forze dell'ordine non sono riuscite a scoprire il luogo della detenzione dell'ostaggio né ad arrestare i carcerieri. Basterà dire che il prigioniero è stato rilasciato in un punto di Roma che dista un centinaio di metri dal ministero della Giustizia: forse è troppo pretendere che appunto quella zona fosse stata più attentamente controllata? Si sa il valore emblematico che le Br attribuiscono alle loro scelte topografiche: il cadavere di Moro fu ritrovato nel 1978 in prossimità delle sedi dei partiti comunista e democristiano, i due che avevano gestito in prima schiera la resistenza ai terroristi. Il precedente non ha nulla insegnato, e se ne trae la sensazione sconcertante che le famose operazioni di setacciamento della città di cui si è fatto tanto parlare in questi giorni abbiano forse troppo concesso allo scrupolo di non intralciare il traffico urbano. Ma un blocco della zona attorno al ministero della Giustizia nelle ore notturne e della prima mattina non avrebbe recato gran disturbo a nessuno, e forse avrebbe fatto cadere in trappola gli autisti brigatisti. Il blocco non c'è stato, le Br hanno potuto mettere un altro colpo simbolico a segno, ed è molto spiegabile che il ministro Rognoni abbia ieri parlato alla «Stampa» di una certa «amarezza» per avere fallilo l'obiettivo. Non meno legittima è la sua «inquietudine» per quella che appare la scarsa omogeneità di vedute tra le forze democratiche sul modo di condurre la lotta al terrorismo. I partiti della stessa maggioranza procedono ciascuno per la propria strada e dall'esterno ce n'è uno — il radicale — che sembra cavalcare la tigre dell'eversione. Sarti, il ministro guardasigilli, è arrivato a scusarsi per non avere impedito — come avrebbe potuto sulla base dell'art. 90 della legge carceraria — che parlamentari pr si facessero eco dei br reclusi nelle carceri di Trani: «Se lo avessi fallo sarei stato accusato — ha detto l'altro ieri — di prevaricare i diritti dei partiti». Prevaricare doveva, se questo gli dettava la sua coscienza di ministro dello Stato. Oggi a Forlani sarà votata la fiducia dalla maggioranza del Parlamento, come probabilmente non è giusto ma necessario. La caduta del governo sarebbe infatti il più bel regalo che la democrazia possa fare alle Br, un superpremio per la loro impresa. Ciò non toglie però che l'inquietudine di Rognoni sia pienamente giustificata e che l'equilibrismo di Forlani tra umanitarismo e fermezza non dia tranquillità. Il sollievo per il ritrovamento di un uomo vivo non significa soddisfazione politica per come si è conclusa una vicenda maledetta. Vittorio Gorresio

Persone citate: D'urso, Forlani, Rognoni, Sarti

Luoghi citati: Roma, Trani