Marco Donat-Cattin dal giudice contestati 21 mandati di cattura di Paolo Patruno

Marco Donat-Cattin dal giudice contestati 21 mandati di cattura A Parigi la seconda udienza per l'estradizione Marco Donat-Cattin dal giudice contestati 21 mandati di cattura Il presunto capo di Prima linea ha protestato per le condizioni detentive a Fresnais: «Non faccio lo sciopero della fame perché voglio essere forte per difendermi» -1 difensori riferiscono che il giovane s'è detto favorevole alla liberazione di D'Urso DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Marco DonatCattin si è detto ieri favorevole alla liberazione del giudice D'Urso detenuto dalle «Br». La dichiarazione del presunto dirigente di Prima linea catturato a Parigi il 18 dicembre, è venuta durante la seconda udienza della causa per la sua estradizione in corso davanti ai magistrati della «Chambre d'accusation». Marco Donat-Cattin non ha parlato di quest'angoscioso episodio del terrorismo italiano davanti ai giudici e al poco pubblico stipato nella piccola aula del tribunale dove si discute della sua consegna alla magistratura italiana, ma ha lasciato filtrare il suo parere tramite uno dei suoi legali, l'avv. Mignard, rispondendo a una domanda dei giornalisti presenti. Di pili non è stato possibile sapere dall'imputato, impossibilitato a comunicare se non con i suoi legali e naturalmente con i giudici che lo hanno interrogato. Pure strettamente sorvegliato dai gendarmi e sottoposto a un severo regime d'isolamento nel carcere di massima sicurezza di Presnes, Marco DonatCattin è apparso più sollevato rispetto alla sua prima comparsa in tribunale, il 29 dicembre. Il profilo affilato, radi baffetti, il corpo magro chiuso in un completo grigio, l'estremista torinese ha parlato poco davanti ai magistrati che gli hanno letto meticolosamente i reati contemplati nei 21 mandati di cattura sui quali la giustizia italiana basa la sua richiesta d'estradizione alle autorità francesi. Nessuna novità sostanziale è scaturita sul conto di DonatCattin dalla lettura di questi documenti inviati dai magistrati di Torino (sedici mandati di cattura), di Bergamo (tre) e di Firenze (due). Le accuse che pesano sul ventottenne esponente di Prima linea vanno dagli assassini del giudice milanese Emilio Alessandrini, del vigile di Druento Bartolomeo Mana, dell'agente fiorentino Fausto Dionisi (ucciso durante una tentata evasione di terroristi dalle carceri delle Murate) e infine di Carmine Civitate, ammazzato a Torino perché proprietario d'un bar nel quale erano stati uccisi due terroristi sorpresi dalla polizia. A queste accuse pii'i gravi s'accompagna una lunga serie di altri reati: sequestri, tentati omicidi, violenze, uso e detenzione di armi e d'esplosivi, ricettazione, furti aggravati. Dal lungo elenco letto con voce monocorde dal presidente della «Chambre d'accusation» Bertholon, manca invece il ventiduesimo mandato d'arresto, spiccato il 4 gennaio dai magistrati di Napoli che accusano Marco Donat-Cattin di aver partecipato anche all'omicidio del professor Alfredo Paolella, avvenuto nell'ottobre del '78. Il presunto terrorista ha ascoltato la lunga, pesantissima serie di accuse ma non ha fatto commenti. Ha soltanto risposto al giudice che le accettava come indirizzate a lui aggiungendo che intende opporsi all'estradizione richiesta dall'Italia e affida la propria difesa davanti ai giudici parigini all'avv. Chiusane il quale affiancherà" il legale francese che l'ha assistito in questa prima fase, l'avv. Ledere, imo dei difensori qui a Parigi di Piperno. Marco Donat-Cattin ha poi fatto una breve dichiarazione di protesta per le condizioni di detenzione alle quali è sottoposto nella prigione di Fresnes: regime di isolamento 24 ore su 24, ripetute perquisizioni corporali, impossibilita di ricevere giornali italiani, difficoltà di comunicazione. "Contro questo regime carcerario — ha sostenuto l'estremista —altri nove detenuti di Fresnes attuano per protesta uno sciopero della fame. Io condivido la loro protesta e sono solidale con questi compagni, anche se non faccio lo sciopero della fame perché vo¬ glio essere forte per potermi difendere». I suoi difensori hanno naturalmente appoggiato la rivendicazione di Donat-Cattin di essere assoggettato a un regime meno rigido, asserendo che è la prima volta che un italiano sottoposto a un pro- cedimento di estradizione subisce un trattamento così rigoroso e chiedendo l'intervento della corte presso l'amministrazione carceraria. Dopo quasi un'ora di sospensione (che Donat-Cattin ha tra-scorso chiacchierando con i suoi guardiani), i giudici sono rientrati respingendo la richiesta della difesa e adducendo che le misure di sicurezza spettano al responsabile della prigione e che il detenuto aveva, potuto ricevere in questo mese di detenzione numerose visite della madre, del fratello e di altri parenti. Marco Donat-Cattin non ha battuto ciglio ed è uscito ammanettato in attesa d'una terza udienza fissata al 28 gennaio. Tn quell'occasione parlerà certo di più perché, a meno di intoppi procedurali, la causa d'estradizione entrerà nel vivo. E il presunto leader di Prima linea dovr* spiegare, per difendersi dalle accuse della giustizia e dei «brigatisti pentiti» come Sandalo e Peci, quale è stato in questi anni di latitanza il suo ruolo effettivo nella «nebulosa» del terrorismo italiano. Paolo Patruno