Napalm russo per il «popolo delle tende» di Mimmo Candito
Napalm russo per il «popolo delle tende» PAKISTAN, VISITA A UN CAMPO-PROFUGHI PRESSO IL CONFINE AFGHANO Napalm russo per il «popolo delle tende» I rifugiati sono ormai un milione e mezzo - Molti i guerriglieri, sempre pronti a ripartire - Coraggiosi e fanfaroni, non chiedono e non danno tregua - I loro racconti non sono che un tragico susseguirsi di vicende atroci DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE JAMROT CAMP (sulla strada per l'Afghanistan) — L'ultimo mujahid incontrato, ieri pomeriggio, ancora se la rideva, allegro e vanitoso. Era arrivato al campo profughi ieri mattina, infagottato dentro uno di quei coltroni di lana sudicia che la sua gente porta sulle spalle e stretti attorno alla testa, contro il gelo della notte. A giudicare dal poco pelo che gli cresce sotto il naso, non deve avere nemmeno vent'anni, e se ha detto la verità studiava filosofia all'Università di Kabul. Ora fa il mujahid (cioè il partigiano) e spara con un Kalashnikov preso a un soldato russo ucciso. Si chiama Ahmed. La storia che lo faceva tanto allegro l'ha raccontata in pochissime parole: -Ne abbiamo catturati sei in una imboscata, due giorni fa; allora 10 gli ho tagliato le orecchie e 11 naso, e poi li ho rispediti al loro campo». Ogni volta che diceva la parola tagliare faceva zac con la mano. A me veniva invece un po' di freddo dentro le ossa; ma quando si viene da queste parti ci sono cose alle quali bisogna abituarsi subito. Altrimenti è meglio cambiare aria. A incontrarli per strada o nei campi profughi, ipasctunì (è il nome della gente di qui, e vale come chiamarli patani) hanno le stesse facce che do¬ vevano avere i quaranta ladroni di AH Babà: sono facce secche e gialle, con grandi barbe nere e occhi senza fondo. La fama del nerbo che si sono conquistata nei secoli, tagliando l'erba sotto i piedi di ogni nemico passato su queste strade, da Alessandro Magno e da Gengis Khan agli inglesi di Lord Cuzon e alle guide eroiche del savoiardo Cavagnari, se la portano addosso come una seconda pelle. E non può passare inosservata. Ora è il turno dei russi di Breznev di accorgersene, e quei sei soldati sono adesso soldati senza naso e senza orecchie. Di storie come questa di Ahmed ce ne sono molte, basta venire in uno qualsiasi dei duecentoquaranta campi profughi attaccati al crinale della frontiera, e ognuno degli afghani che incontri ha la sua da raccontarti. Il numero delle battaglie e dei morti è incredibilmente alto. Ma onestamente va detto anche che è un conto esagerato. I pasctuni amano i fucili e i coltelli quanto le fanfaronate, e allora può capitare di imbattersi in Mohammed Jibullah, 50 anni, barba bianca, profugo nel campo di Zahel, e sentirsi dire che nell'ultima battaglia che lui ha affrontato, era luglio o agosto non ricorda bene, i partigiani mujahiddin si sono trovati a combattere contro quattromila carri armati sovietici. Naturalmente hanno vinto loro, i ladroni neri di queste montagne. E se tenti di dirgli che si, certo che gli credi, ma quattromila carri armati sembrano un po' troppi, peggio di Rommel e dell'intero Afrika Corps, allora lui ti guarda sorpreso e davvero non capisce la tua incredulità. Marco Polo Questo è un mondo tutto a parte, dove realtà e fantasia si intrecciano in fili inestricabili accompagnando storie e uomini che sembrano fermi lungo la strada del tempo. Qui valgono sempre costumi e regole di dieci secoli fa, e a tavola è ancora l'uomo a mangiare per primo, alla donna va il diritto di prendere solo quello che resta. Il paesaggio è una distesa di pietraie grigie e secche, senza troppa polvere, le case sono fatte di fango ingiallito al sole con lo sterco, e hanno attorno un muro alto cinque metri, cieco, senza finestre, come i fortini che Marco Polo incontrava nell'Asia Centrale. La gente delle Nazioni Unite che viene in questi campi a tentare di dare una mano di aiuto è come sommersa da queste ondate di gente dura e tutta uguale, abilissima a truffarti. -Molti sono nomadi da sempre — dice il dottor Henry Pauls, canadese — e sono abituati a una vita aspra ma libera. Anche solo contarli diventa una fatica. C'è chi si registra due volte e chi nessuna. A ognuno vanno comunque cinquanta rupie al mese (sono cinque dollari) e ad ogni famiglia un massimo di cinquecento rupie». Hanno quasi tutti forme di anemia dovute a parassiti intestinali, più di metà sono tubercolotici. Sono abituati a non lavarsi per mesi, il moccio si tappa sotto il naso dei bimbi come un tatuaggio. Sono diventati un milione e mezzo; continuano ad arrivare alla media di 70-90 mila al mese: sono più di duemila al giorno. E' il popolo delle tende, e dentro c'è di tutto, partigiani e assassini, predoni e pastori, vecchi sciancati e fanatici islamici. Le donne non si vedono, debbono stare chiuse dentro le tende; e se mettono il naso fuori, la testa deve essere coperta interamente da un velo La guerra viene raccontata come storia di uomini soltanto, ma resta inteso che uomini si diventa presto, già a sei o sette anni. Mi fanno vedere un bambino, con la brava coperta sulle spalle e lo zucchetto a padella in testa. Ha già fatto fuori un soldato russo. -Era andato a casa sua a perquisire e a fare il padrone; lui, Syed, aveva il sale in mano e allora glielo ha gettato negli occhi, poi si è preso il Kalashnikov con quello accecato a terra che si lamentava ed è scappato via». Il bambino Syed si sente osservato da me, ma neanche sorride di orgoglio o di imbarazzo. Roba da uomini. Ma le storie che mi raccontano non sono tutte come quelle di Syed. Anzi sono storie tragiche di grandi fughe sotto il napalm, con i villaggi che bruciano e le bombe che ammazzano senza distinzione mujahiddin freschi di anni ma anche vecchi e donne. Sono immagini e racconti che rammentano Marzabotto. storie di vendette feroci e di stragi senza pietà. I russi che arrivano, il gesto di ribellione di qualcuno, e allora immediatamente la punizione dell'intero villaggio. La vendetta Zerani, per esempio, paese di duecento case e un pozzo nella provincia di Lagham. -Ora non c'è più, lo hanno distrutto alcuni mesi fa. Erano venuti sette o otto russi accompagnati da un paio di uomini di Karmal, che gli facevano da interpreti, con gli altoparlanti sulle macchine. Ci hanno chiesto di mostrare rispetto verso il nuovo governo, e di consegnare le armi. Tra noi ci sono stati molti ingenui che gli hanno dato i fucili, poi loro hanno cominciato a perquisire. Qualcuno ha voluto reagire, e allora subito sono arrivati gli elicotteri corazzati e hanno distrutto tutto. Ab biamo avuto 35 morti, ma di mille che eravamo a Zerani ora non c'è più nessuno: tutti sono qui, nei campi, o sulla montagna a combattere». L'uomo che racconta si chiama Mohammad Sarawan, ha 55 anni e una grande barba bianca che pare un vecchio patriarca. Quando dice che «qualcuno ha reagito» vuol dire che quei russi e gli agenti di Karmal sono stati ammazzati direttamente sul posto; la vendetta è arrivata spietata. Questa guerra si combatte senza leggi, chi può uccide implacabile. Ma gli uni hanno i fucili, gli altri i carri armati, il napalm, i gas. E le bombe-giocattolo, che somigliano a farfalle, orologi, pen ne, piccoli uccelli verdi: le rac cogli e la mina esplode. Dice il primario dell'ospedale di Peshawar, dove arrivano i feriti, quando arrivano: «Abbiamo amputato più mani e piedi in questi ultimi due mesi che nell'intera storia di questo ospedale». Sono quasi sempre mani e piedi di bambini, che credevano di aver trovato un nuovo gioco. Invece hanno trovato anche loro la guerra. Mimmo Candito
Luoghi citati: Afghanistan, Asia Centrale, Marzabotto, Pakistan
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