In tutta la Lomellina grande allarme per l'industria calzaturiera che è in crisi

In tutta la Lomellina grande allarme per l'industria calzaturiera che è in crisi Si spera in una ripresa economica soltanto nel prossimo anno In tutta la Lomellina grande allarme per l'industria calzaturiera che è in crisi Circa metà delle aziende in cassa integrazione -1 prezzi non sono più competitivi con l'estero DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE VIGEVANO — Non c'è bisogno dei maghi per prevedere quale sarà l'andamento dell'annata nel settore calzaturiero a Vigevano e nella Lomellina. Dice Tino Canevari, amministratore del calzaturificio Adamello (uno dei maggiori, 150 dipendenti, più 60 esterni, una produzione di duemila paia al giorno): «Se mi garantissero che nell'81 perderò solo cinquanta milioni o anche cento, ci farei la firma*. Marco Pizzi, uno dei primi grossisti (rappresenta 100 ditte e ha 1200 clienti rivenditori in Italia e in Europa): «JVon ci rimane die sperare in una ripresa nel 1982: è pacifico che questànno dovremo rimetterci». Campane a morto, dunque. Vigevano e la Lomellina contano, in questo settore. 140 aziende a carattere industriale e 300 artigianali, con un complesso di 7 mila addetti, più un migliaio che lavorano a domicilio. IL 70% della produzione è destinato all'esportazione: 170 miliardi nel'79, con un incremento di 34 miliardi rispetto al '78. All'inizio dell'80 l'incremento della produzione è cessato, nei primi sei mesi si sono mantenute le posizioni, poi il calo decisivo, netto, allarmante. Adesso circa la metà delle imprese fanno, poco o tanto, cassa integrazione: le 450 mila ore del '79, neH'80 si sono quasi raddoppiate, 827 mila. Che cosa è successo? Spiegano alla Associazione vigevanese degli industriali che la causa è quella del troppo alto differenziale d'inflazione tra la nostra moneta e quelle dei paesi destinatari del nostro prodotto. «Contro il nostro 21% d'inflazione nel '79, la Germania, ad esempio, ha avuto solo il 15%. per cui i nostri prezzi non riescono ad essere competitivi — dice il dott. Leonardo Soana della stessa associazione — e abbiamo la concorrenza dei paesi emergenti, Corea del Sud, Filippine, Spagna, persino gli Stati Uniti fanno prezzi più bassi*. A questa causa di fondo se ne aggiungono altre, come le stagioni sfavorevoli: l'anno scorso è piovuto fino a luglio, quest'anno non viene ancora neve e quando verrà, tardiva, molti rinunceranno a rinnovare le scarpe invernali perché, «tanto, ormai l'inverno è finito». C'è anche l'altissimo costo del lavoro che contribuisce a fare si che i negozianti non si espongono in acquisti ampi. Infine la crisi generale, non solo italiana, induce i consumatori (un esempio chiaro lo dà la Germania) a contrarre i consumi. Aggiunge Amilcare Boccini anch'e gli della associazione: -In sede governativa abbiamo chiesto un aiuto alle esportazioni sotto forma di ulteriore fiscalizzazione degli oneri sociali e di crediti a tasso agevolato. Per la prima il ministero del Commercio estero ha fatto sapere che ha un suo progetto, per i secondi non c'è risposta. E intanto si vive quasi alla giornata, con le ditte che sfornano ^rinfreschi», di rincalzo ai modelli che non sono stati venduti, per invogliare il mercato*. Sentiamo i diretti interessati. Tino Canevari dell'Adamello: «Fino a un paio di anni fa vendevamo all'estero il 90% della produzione, ora solo il 60. Mentre cerchiamo altri mercati stranieri, puntiamo disperatamente su quello italiano, ma siamo come il cane che si morde la coda: dobbiamo produrre sempre nuovi modelli, che poi ci intasano fabbriche e magazzini e ci tolgono fiato*. Bruno Re, una quarantina di dipendenti, una produzione di 120 paia al giorno di calzature femminili di lusso: «Con il mio articolo sento un po' meno la crisi, dobbiamo però cercare nuove idee perché la moda si evolve sempre più rapidamente. E dobbiamo contenere al massùno i prezzi». Il grossista Marco Pizzi non ha peli sulla lingua. «Diciamo la verità, bisogna risalire a due anni fa quando ci fu un aumento spropositato dei costi delle materie prime, immo¬ tivato secondo me. Si vendeva in fiera a prezzo aperto, cioè una base che poi veniva definita al momento della consegna. I prezzi continuavano a salire e tutti comperavano, immagazzinavano. Poi l'anno scorso i prezzi delle pelli e del cuoio si sono dimezzati, ma nessuno ha ridotto i prezzi delle scarpe perché i commercianti sanno che quando un prezzo cala nessuno compera in attesa che cali di più. •La conclusione è questa — dice Pizzi — che ci sono tutti i magazzini pieni, i negozi stracolmi e nessuno può fare ordinazioni in febbrario, attendono di smerciare quello che hanno ingozzato. La soluzione sarebbe questa: non produrre più per un anno, ma siccome è impossibile farlo, bisogna contenere gli utili. Purtroppo ci sono negozi die, a causa dei costi di gestione, ricaricano la merce del 100 per cento, i più onesti sono i supermercati che si limitano al 50 per cento. Il nostro ricarico, come grossisti si limita all'8-13%. Supererà bene la crisi chi si fatto a poco a poco con i propri capitali sema bisogno di appoggiarsi alle banche». E i sindacati come vedono il problema della crisi? Risponde Davide Figeccone, segreta-, rio aggiunto della Camera del lavoro: 'Sarebbero necessari due interventi fondamentali, a monte e a valle della produzione di calzature. In questa miriade di piccole e grandi aziende occorrerebbero iniziative consortili per gli acquisti su vasta scala delle materie prime e per la ricerca tecnologica sulla loro qualità. E dopo, a produzione avvenuta, ci vorrebbe una commercializzazione globale sul mercato estero. Non è concepibile che ogni piccola azienda debba avere i suoi rappresentanti in giro per il mondo con i campionari per andarli a proporre ai possibili clienti. L'idea di creare un marchio «made in Vigevano» era già venuta alla associazione industriali, ma deve essere concretizzata». Altri indirizzi che andrebbero seguiti, secondo Figeccone: Puntare anche su produzioni alternative e, per quanto riguarda il credito, non servirsi di una sola banca, come invece qui avviene e di tanto in tanto si finisce per essere strozzati». KBmolMgtì

Persone citate: Amilcare Boccini, Bruno Re, Davide Figeccone, Leonardo Soana, Marco Pizzi, Pizzi, Tino Canevari